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giovedì, Aprile 18, 2024

    Non solo “acqua fresca”, l’effetto placebo

    FortissimaMenteWEBSiamo circondati da proposte di farmaci per curare ogni male. Ci sono i farmaci “classici”, molecole chimiche che arrivano dai laboratori, alcuni recenti, altri che esistevano già ai tempi dei nostri nonni. Accanto a questi, ci sono proposte di cure differenti, alternative, naturali, fitoterapiche, omeopatiche… Sull’utilizzo di quest’ultima tipologia di “farmaci”, o rimedi, come sarebbe più corretto chiamarli, ci sono opinioni controverse. C’è chi sostiene che non servano a nulla, chi pensa che sia meglio provarli, chi addirittura crede che debbano sostituire i farmaci chimici perché questi ultimi danno troppi effetti collaterali.

    Al di là dell’effettiva composizione di una cura, gli psicologi si sono posti il problema di capire quanto l’effetto di una sostanza, qualunque essa sia, possa essere influenzato dall’aspettativa del paziente. Nell’articolo che segue, vorrei provare a spiegarvi quanto è complessa la questione e spero di suscitare in voi lettori anche un certo stupore.

    Un chirurgo americano si trovò, alla fine della seconda guerra mondiale, sprovvisto di anestetico. Doveva operare un soldato gravemente ferito in battaglia, ma non sapeva come fare. Temeva che il dolore provocato dall’operazione inducesse uno shock circolatorio al soldato. L’infermiera che assisteva il chirurgo preparò, presa dalla disperazione, un’iniezione fatta solo di acqua e sale, in mancanza d’altro. Quello che accadde in seguito stupì il chirurgo: il soldato, convinto di essere sotto anestesia si calmò, e il medico poté operarlo senza che il paziente riferisse dolore. Appena finita la guerra, il medico in questione fece della ricerca sull’effetto placebo il suo principale interesse e divenne pioniere in questo ambito.

    Ormai ogni specialista della salute sa che la sola fiducia in un rimedio ha già di per sé un effetto curativo sul paziente, tanto che l’effetto placebo, ovvero il sentirsi meglio dopo aver ricevuto un finto farmaco, può a volte far migliorare un malato dal 50 al 60% dalla sua sofferenza. Questa considerazione non è però universale: dipende dal tipo di malattia e dal tipo di trattamento.

    Inizialmente si pensava che ci fossero persone più suggestionabili di altre. Secondo le ricerche attuali le persone con un’indole più tranquilla rispondono meglio al placebo delle persone più impulsive, ma questo non è l’unico fattore. Come funziona questo effetto? Bisogna prestare attenzione a dei piccoli dettagli durante la prescrizione o la somministrazione del trattamento che sono rilevanti per il percorso di guarigione. Per prima cosa, un trattamento funziona meglio se somministrato in uno studio medico invece che a casa del paziente: la presenza di un camice bianco ne potenzia l’effetto. È poi importante considerare il tipo di farmaco somministrato: le pillole grandi funzionano meglio di quelle piccole, le capsule sono più efficaci delle compresse, i farmaci cari sono più curativi di quelli economici, le iniezioni sono meglio delle compresse. Le compresse azzurre sono considerate calmanti, mentre quelle rosse si ritengono stimolanti, quattro pastiglie hanno maggiore effetto di due. È importante il ricordo di esperienze passate: se una sostanza in una certa occasione mi aveva fatto bene, mi aspetto che mi faccia bene anche questa volta. I risultati di tutti questi esperimenti ci aiutano perciò a capire il buon esito di cure non considerate efficaci dal punto di vista scientifico, come l’omeopatia. Addirittura, i pazienti sperimentano più effetti collaterali più ritengono che un farmaco sia utile: più mi fa star bene, più potrebbe farmi male… Cosa non di secondaria importanza, è il comportamento del medico: se il dottore ispira fiducia e si esprime molto sicuro nei confronti di un medicamento, anche il paziente lo riterrà tale. Nella mia esperienza di psicologa mi è capitato di incontrare dei pazienti che, nonostante delle corrette indicazioni per le loro patologie, rifiutavano di assumere i farmaci a loro prescritti perché avevano l’impressione che il loro medico non li avesse ascoltati abbastanza, che la visita fosse stata troppo superficiale, che la spiegazione fosse stata data freddamente. Non di rado allo psicologo tocca il compito di affiancare il medico nello spingere un paziente ad assumere farmaci di cui avrebbe bisogno ma di cui non si fida perché “potrebbero far male” in una sorta di effetto placebo al contrario (ciò che viene chiamato effetto nocebo).

    In conclusione, a mano a mano che le ricerche sulla salute e la cura della persone si affinano, più si comprende quanto quest’ambito sia complicato e influenzato da tante variabili. Per curare una persona non basta trovare la giusta terapia, ma bisogna stare attenti a tanti piccoli dettagli a cui un tempo non si dava importanza, ma che sono fondamentali. In certe situazioni, dell’acqua e zucchero funzionano meglio del farmaco più efficace in commercio!

    Per maggiori informazioni visita il sito www.psicoborgaro.it

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