“Sono un cittadino, non di Atene o della Grecia,
ma del mondo.” Socrate
Nel mese di gennaio 2011 ho pubblicato il mio primo articolo di viaggio e ho iniziato parlando del Mali, adesso riprendiamo il discorso e ci ritorniamo.
I DOGON
Per chi viaggia in Mali una tappa irrinunciabile, che vale di per sé il viaggio, è sicuramente la terra animista del Pays Dogon. Rappresenta la zona più affascinante, ricca di tradizioni, arte, paesaggi naturalistici, misteri e magia di tutta l’Africa dell’Ovest.
Fulcro di questa incredibile terra è la falesia di Bandiagara, un’imponente parete rocciosa lunga 250 km, sulla quale si trovano la gran parte dei villaggi, i più antichi dei quali vennero edificati sulle preesistenti costruzioni del popolo Tellem, un popolo vissuto qui dal XI fino al XIII secolo, quando i Dogon cominciarono a stanziarsi in questi luoghi remoti per sfuggire all’islamizzazione e alle guerre.
Bandiagara è il capoluogo e il centro abitato principale della regione. Il villaggio di Songho è celebre per le sue pitture rupestri nella grotta della circoncisione. In questo sito sacro viene praticato ogni 3 anni il rito della circoncisione dei ragazzi tra i 7 e i 14 anni di età. Prima di compiere il rituale d’iniziazione, vengono offerti sacrifici agli spiriti degli antenati e ogni famiglia sovrapporrà la propria immagine votiva sulla parete della falesia.
Passando per Banani e Kundu si arriverà a Youga, che conserva bellissimi esempi di architettura Tellem e a Arou, dove si trova il tempio dell’Hogon di tutti gli hogon, ovvero il capo spirituale di tutti i capi spirituali.
Lungo il tragitto si incontrano i vecchi saggi del toguna, una sorta di tribunale locale dove si prendono importanti decisioni riguardo ai problemi della popolazione, o le case a pianta circolare dove le donne soggiornano durante il periodo mestruale, evitando di attirarsi la maledizione dei feticci familiari che disprezzano il sangue.
Partendo da Bandiagara in direzione sud si incontrerà il villaggio di Djuiguibombo, dove è possibile ridiscendere la falesia a piedi, in mezzo a pareti rocciose, fresche cascate e verdi passaggi a strapiombo su una vista mozzafiato. Da qui si arriverà a Teli per ammirare più da vicino le originarie costruzioni Tellem, trasformate dai Dogon in cimiteri. Attraverso Nombori si arriva a Tireli, villaggio famoso per la sua danza delle maschere, il rito forse più significativo e antico nella cultura animista. Queste rappresentazioni sono in realtà una riproduzione fedele a consumo del visitatore, poiché in quelle originali sacre è vietata la presenza degli stranieri, dei bambini non circoncisi e delle donne. La varietà di maschere è impressionante e ciascuna rappresenta il simbolo di principi universali per la religione e le credenze animiste. Per esempio la maschera Kanaga rappresenta l’unione del cielo e della terra e il movimento della danza che l’accompagna simbolizza il movimento rotatorio della terra, dando la dimostrazione che, prima di Galileo, i Dogon possedevano nozioni avanzate di astronomia e informazioni dettagliate sul sistema solare. E ancora il villaggio di Amani, con la sua pozza sacra dove decine di caimani vivono indisturbati e nutriti dalla popolazione che li venera come antenati. Da Amani si passerà per Ireli, il villaggio dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, per la sua più significativa stratificazione di periodi differenti, evidente nelle bellissime architetture Tellem, scavate nella roccia, su cui si innestano quelle di epoca Dogon. Descrivere una popolazione e una terra tanto ricca di attrattive, cultura e tradizioni, è veramente impossibile. Basti pensare che tra lingue e dialetti, sulla falesia se ne parlano circa una sessantina.
DJENNE’
La città sorse dopo il declino di Djenné-Djenno, considerata dagli archeologi la città più antica dell’Africa subsahariana occidentale, databile al 250 a.C. La tradizione vuole che questa città, importante centro commerciale tra l’800 e il 1400 d.C. venne abbandonata improvvisamente a causa degli spiriti maligni, delle mosche tze-tze e delle inondazioni del fiume Bani che la trasformarono in isola.
La costruzione della nuova Djenné a pochi chilometri dalla vecchia, avvenne con una cerimonia sacrificale animista che prevedeva il seppellimento di una vergine Bozo viva, per ottenere i favori e i buoni auspici degli spiriti, la tomba di Pama Kayamtao si visita tutt’oggi vicino alla moschea. Tutto questo avveniva prima che l’influenza islamica arrivasse nella zona attraverso le rotte commerciali. Con la conquista da parte dei marocchini, Djenné diventò il più importante centro di cultura islamica assieme a Timbuktu, considerata la sua ‘città gemella’, e tutt’oggi l’influenza araba è ancora evidente, sia nell’architettura delle antiche case in stile marocchino, che si mischiano alle case in stile toukouleur, sia nella cultura e tradizioni dei cittadini.
La celebre moschea, Patrimonio mondiale Unesco, è la più grande realizzazione al mondo in banco, il mattone di fango di cui i djénnénké sono veri e propri maestri. Fatta costruire da Koї Komboro, sovrano di Djenné nel XIII secolo venne poi abbandonata nel XIX secolo sotto Sékou Amadou, fondamentalista Peulh, che la fece cadere in rovina perché riteneva fosse contaminata dalla dissoluzione con cui i djénnénké vivevano. Nel 1907 sulle sue fondamenta venne costruita la moschea odierna, una riproduzione fedele della preesistente. Classificata in generale come architettura in stile sudanese con influenze marocchine, è in realtà uno stile che si potrebbe definire djénnénké, unico e originale. Un’ottima occasione per capitare in città, informandosi bene sulla data, che varia di anno in anno, è la festa del crepissage che si celebra per il consolidamento della facciata, in genere durante il mese di Aprile, prima che la stagione delle piogge ne rovini l’integrità. Tutta la popolazione partecipa, arrampicandosi sui bastoni che sporgono dalla struttura e stendendo un nuovo strato di intonaco fatto di banco e burro di karité.
Ogni lunedì, dal Medioevo fino ad oggi, la piazza della moschea si anima con il vivace mercato, uno dei più movimentati e caratteristici del Mali. Durante questo giorno, la popolazione della città raddoppia e i mercanti arrivano a vendere i propri prodotti da tutte le parti del paese. La varietà di colori, odori e rumori vale un passaggio in città in questo giorno della settimana.