Un viaggio allucinante

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Cronache MarzianeL’anno nuovo è iniziato, e non è cambiato niente. Anzi, si nota già un peggioramento generale. Le prime notizie dei telegiornali riguardano quegli imbecilli che sono stati ricoverati in ospedale perché hanno usato i botti illegali, nonostante i divieti e le ordinanze. Bene, facciamo una nuova legge: chi si fa male a causa di questa stupida usanza, deve pagarsi tutto. Dall’ambulanza, alle cure in ospedale, alla convalescenza.

L’unico modo per colpire questi “italiani” è quello di fargli mettere mano al portafoglio.

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Un’altra notizia molto attuale è quella dei blocchi del traffico a causa delle polveri sottili, ovvero dell’aria irrespirabile a causa dell’inquinamento e dell’assenza di pioggia, specialmente nelle città come Torino.

C’è solo un miracolo che si manifesta tutti gli anni: nelle giornate che precedono lo shopping di Natale l’inquinamento sparisce ovunque, anche se ci sono più polveri che in una miniera di carbone.

Dunque, che le auto inquinino è un dato di fatto: vedo ogni giorno certi furgoni che fumano peggio di Bob Marley, alimentati ancora a legna. Ma secondo me le auto non sono le uniche responsabili di questo disastro. Ad esempio, nessuno parla mai dei pellets. I pellets e le relative (carissime) stufe di design sono molto di moda, e dovrebbero sostituire o aiutare il normale riscaldamento a metano della caldaia.
Peccato che producano quintali di micropolveri che infestano l’aria. Inoltre ci sono i sacchi di plastica che li contengono che inquinano per migliaia di anni, per non parlare dei bancali con i sacchi avvolti in rotoli di pellicola trasparente. Infine le stufe funzionano a corrente e fanno un casino infernale.

Oppure, vogliamo parlare di certi negozi in centro che hanno una temperatura costante di 80° e le porte sempre spalancate? Ho visto madamine entrare in negozio e svenire per lo sbalzo termico.

Poi ci sono quelle brave persone che tengono molto alla pulizia dei boschi, ovvero i piromani: fermo restando che gli farei fare la stessa fine che riservano ad alberi e animali, è ovvio che un incendio inquini moltissimo l’aria. Un altro esempio è quello dei campi nomadi, dove almeno una volta alla settimana bruciano i cavi di rame regolarmente rubati, liberando diossina e sostanze tossiche e rendendo pericolosa la circolazione delle auto di quei poveri illusi che vanno ancora a lavorare onestamente.

Poi abbiamo le terre dei fuochi, i roghi di immondizia, i rifiuti nei fossi, eccetera. Comunque.

Per cercare di dare un piccolissimo contributo all’ambiente, tempo fa ho deciso di lasciare ferma l’auto e di muovermi con i mezzi pubblici, dopo essermi documentato su orari, percorsi, strade, mulattiere e carrozze.

Ero molto diffidente, ma se non altro ho provato. E ho capito cosa prova un turista a Torino.

Per prima cosa occorre la tessera dell’abbonamento. La famosa BIP CARD sulla quale caricare gli abbonamenti digitali. Dimenticate la tessera di cartoncino con la foto da ebete pinzata. Ora è una tesserina di plastica, che acquisterete dopo numerose ricerche in una stazione della linea ferroviaria, da un inserviente educato e simpatico come Trump. Consiglio molta pazienza, se volete avventurarvi in un’esperienza del genere.

Lunedi. Sveglia ore 6. Di solito mi sveglio alle 7 quando vado in auto, ed è già un sacrificio enorme. Svegliarmi alle sei significa chiamare l’anagrafe per sapere chi sono e usare l’elettroshock per svegliarmi.

Devo comunque prendere l’auto per raggiungere la stazioncina, anche se si tratta di soli 4 km. Il treno arriva alle 7: mi giro per l’ultimo saluto alla mia auto, sapendo che non la troverò più al ritorno. Infatti intravedo alcuni ladri nascosti nelle siepi, già pronti con gli attrezzi. Alcuni hanno già messo l’annuncio su eBay.

Speravo in un viaggio tranquillo data la terrificante levataccia. Ma gli studenti che assalgono le carrozze come gli indiani nel vecchio west mi fanno ricredere. Tutti incollati al telefono, tutti con sguardo assente e perso nel vuoto, tutti insieme ma tutti tristemente soli.

Ad un certo punto arriva una signora con bici pieghevole al seguito, che impiega quasi un’ora per chiudere occupando lo spazio di un circo. Qualcuno parla (già) al telefono.

Chissà cosa si dice la gente alle sette del mattino. Potrei uccidere a morsi se mi chiamassero a quest’ora.

Tutto sommato, il viaggio in treno è stato indolore e abbastanza veloce rispetto all’auto. Ma qui iniziano i problemi. Arrivando a Torino Stazione Dora alle 7.40, conto di prendere subito il bus per arrivare dalle parti di Corso Belgio ed entrare in ufficio, credo, intorno alle 8. Ce la farò di sicuro, 20 minuti sono tanti.

Passano tutti. Dalla Linea 1 alla 245. Passano persino l’espresso per Gardaland ed il trenino turistico che fa il “Giro dei pusher” in Corso Vercelli. Meno quello che mi serve e che sto aspettando da 15 minuti: il famigerato 77. A Torino funziona così: meno un mezzo serve, più ne arrivano. Più un mezzo serve, meno ne arrivano. Sono state fatte delle ricerche, anche su “Chi l’ha visto”.

Il primo 77 che vedo è un autobus messicano: la gente dentro è tutta pressata sottovuoto, ha riempito il tetto e alcuni sono appesi alle portiere, lottando ferocemente con alcuni ragionieri che non vogliono cedere il posto. Impossibile anche solo avvicinarsi. Dato che il prossimo arriva tra 20 minuti, decido quindi di cambiare linea guardando la cartina GTT deturpata, e di avvicinarmi almeno alla meta.

Provo con un mezzo che è semivuoto perché ne arrivano due insieme. Peccato che mi mandi fuori percorso: devo così scendere e fare un bel tratto a piedi. C’è una zona di Torino dove non mi avventurerei mai, nemmeno armato: Porta Palazzo. Ovviamente il bus mi scarica proprio nel centro, vicino al mercato.

Per qualcuno è un paradiso. Per me è una insopportabile babilonia.

Tenendo il portafoglio in bocca e coprendomi il sedere con una mano (non si sa mai, le nuove tendenze vedono diverse tipologie di orientamenti sessuali) raggiungo così una fermata aspettando il tram che mi dovrebbe riportare nella giusta direzione. Sono già le 8.40. 

Il tram arriva dopo 10 minuti, neanche tanto. Peccato che la metà delle persone che giravano tra le bancarelle salgano tutte con me. Sono felicemente schiacciato in una colorata multietnia, tra borse della spesa, verdure, ortaggi, kebab, incensi e chissà cosa. Non oso pensare ai microbi che girano felicemente tra una persona e l’altra, come minimo uscirò da questa trappola con la febbre gialla. Sempre che qualche lupo solitario dell’isis non pensi di sacrificarsi proprio su questo mezzo. Sai che bella macedonia.

Tra l’altro: su ogni mezzo, quando si sale bisogna “bippare”, ovvero convalidare la tessera con la apposita macchinetta. Lo faccio solo io. Probabilmente sono tutti abbonati a vita e non ne hanno bisogno.

Ciliegina sulla torta, con il mezzo pieno una signora pretende di salire con il passeggino (no comment), e nonostante sia impossibile, non se ne va neanche morta piazzandosi in mezzo alle porte. Quindi il tram non può partire, e alla fine riescono a sistemarla perché le mammine ed i loro pargoli hanno sempre ragione, anche se avessero un passeggino da 8 gemelli.

Alla fine arrivo a destinazione: sono le 9, 2 ore di viaggio per circa 30 km. non sono nemmeno tante per una città che vuole essere moderna ed al passo con i tempi.

Stessa avventura per il ritorno: esco alle 17; raggiungo la fermata in 10 minuti a piedi; il 77 arriva dopo 10 minuti ed è veloce, forse ce la faccio a prendere il treno delle 17.43 dai, non è poi così male. 

Arrivati sulla famigerata Piazza Baldissera stiamo fermi mezz’ora a causa di un mostruoso ingorgo di automezzi, bus, moto e bici. Alla fine il bus riesce a farsi strada passando sopra una decina di utilitarie.

Arrivo in stazione alle 19. Devo ancora fare l’autostop in quanto la mia auto ormai è in viaggio verso l’Est Europa, dove verrà rivenduta a metà prezzo dalla concessionaria Selupescu Auto Usazija.

Appena arrivato a casa, penso: ora dove lo metto il nuovo abbonamento dei mezzi pubblici?

Nel bidone della plastica, no?

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