O Trieste, o Trieste del mio cuore…

Tra dominazione straniera e aspirazioni, all'indipendenza (parte I)

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All’indomani dell’unità d’Italia, Trieste era sottoposta alla dominazione asburgica. Proprio nel 1861 il governo dell’impero austroungarico aveva promulgato una patente che mirava a ridurre l’autonomia delle singole Diete. L’intenzione era quella di centralizzare e germanizzare le amministrazioni locali. Le proteste al provvedimento non si fecero attendere a Trieste. Questa politica di controllo venne inasprita dopo la terza guerra di indipendenza del 1866, avvenimento che trasformò la diffidenza della classe dirigente austriaca in aperta ostilità verso le popolazioni di origine italiana. I sentimenti antitaliani espressi dall’imperatore Francesco Giuseppe si tradussero in una sequenza di concessione alle nazionalità slave, considerate più degne di fiducia e più propense ad accettare le disposizioni di Vienna. La perdita di gran parte dei territori friulani e del Veneto a favore dell’Italia aveva evidenziato ancor di più il ruolo strategico in ambito marittimo e commerciale della città. Al potenziamento delle infrastrutture del tradizionale settore marittimo si affiancò lo sviluppo della rete stradale e ferroviaria che collegava il porto cittadino con l’entroterra al fine di migliorarne la circolazione delle merci e delle persone. La nomina di luogotenenti imperiali tra personalità di spicco ci confermava ancor di più l’interesse del governo centrale verso la città. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX l’industria triestina segnalò un’espansione continua, soprattutto nella siderurgia e nella cantieristica. La restrizione delle franchigie doganali alla sola area portuale favorì il nuovo assetto economico. Trieste era anche un importante centro finanziario e amministrativo, crocevia di capitali provenienti da investitori stranieri. Dal 1850 era inoltre diventata la sede del Governo centrale marittimo, istituzione atta a disciplinare e a controllare le attività legate al commercio sul litorale austriaco. La compagnia di navigazione Lloyd riusciva ad collegare perciò due aspetti fondamentali del commercio, la navigazione con le assicurazioni.

A fine Ottocento Trieste fu protagonista quindi di un’enorme crescita economica favorita da un intenso scambio in traffici marittimi aumentati soprattutto dopo l’apertura del canale di Suez e da investimenti di capitali pubblici e privati nelle infrastrutture.

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A questo sviluppo fecero da contraltare tensioni politiche e sociali che si inasprirono in modo particolare tra l’inizio del XX secolo e la vigilia della prima guerra mondiale, quando prese sempre più piede il progetto politico del trialismo, che si fondava sull’idea di creare un terzo regno, la Slavia danubiana, da affiancare ai regni d’Austria e d’Ungheria, già costituenti l’impero. I contrasti si manifestarono principalmente su due grandi questioni, l’insegnamento nelle scuole e il movimento migratorio per ragioni di lavoro.

Il sistema educativo dell’impero era complesso e diversificato da zona a zona. Le scuole si suddividevano in primarie, nelle quali si insegnava con la lingua paterna o materna e si usava il tedesco come seconda lingua, e secondarie, dove le lingue di riferimento erano l’italiano, ovvero l’idioma della maggioranza della popolazione, e il tedesco, quella ufficiale dell’amministrazione imperiale. Le autorità austriache promossero il più possibile l’uso del tedesco e in seconda battuta dello sloveno. La storia di Trieste veniva considerata “troppo italiana” e questo spinse le istituzioni ad operare censure sui testi scolastici. Una richiesta che destò diverse manifestazioni e scontri fu la domanda promossa dagli studenti triestini di poter avere un’università in lingua italiana in città, in modo tale da non essere più costretti ad iscriversi all’università di Padova. La richiesta fu fatta già nel 1848 e fu riproposta dal 1866 con sempre più veemenza. Il governo centrale negò la concessione sia per non inimicarsi la parte slovena sia per timore di rafforzare l’irredentismo italiano.

Trieste attirava anche un intenso flusso di migranti per lavoro, soprattutto italiani e slavi del sud. La diffidenza delle autorità imperiali nei confronti degli italiani era dovuta al fatto che erano cittadini di un altro stato europeo e perciò osteggiavano il loro trasferimento in favore del gruppo slavo, ritenuto più fedele all’impero. Per tale motivo la luogotenenza ricorse frequentemente a misure d’espulsione. Si è contato che tra il 1903 al 1913 furono 35 mila gli italiani espulsi. L’inizio del XX secolo vide a Trieste un aumento della componente di etnia slava promosso sia dalle condizioni socioeconomiche in cui versava la città sia dalle politiche asburgiche che ne favorivano l’espansione.

Un episodio poco conosciuto ma significativo del clima poliziesco presente nella città fu la violenta repressione dell’insurrezione triestina del 1902. Il 1 febbraio di quell’anno a Trieste fu proclamato lo sciopero dei fuochisti delle navi del Lloyd a fronte dell’intervento del luogotenente austriaco Leopold von Goëss, che aveva imposto l’impiego di fuochisti provenienti dalla flotta da guerra. La protesta si estese poi anche ad altre categorie di lavoratori con la partecipazione attiva dei dirigenti della sezione locale del partito socialista. Le truppe del generale Conrad von Hötzendorf avevano ricevuto l’ordine di impedire che i manifestanti giungessero in piazza Grande dove sorgeva il palazzo del governo. Si registrarono scariche di fucileria ad altezza uomo ed assalti alla baionetta verso i dimostranti in fuga. Numerose furono le vittime anche se la cifra non fu mai realmente definita. Il 15 febbraio giunsero in città anche altri reparti militari tra cui la cavalleria e al largo della costa furono poste delle unità navali. Lo stato d’assedio durò fino a aprile dello stesso anno. Alle cariche dell’esercito susseguì una serie di arresti e ordini di esilio. La profonda preoccupazione delle autorità imperiali si fondava sull’italofobia che vedeva una stretta relazione tra lo sciopero e l’irredentismo. Lo stesso von Hötzendorf era fermamente convinto della necessità di una guerra offensiva e senza preavviso nei confronti del Regno d’Italia, nonostante che nel 1882 i due stati avessero stretto insieme con la Germania un accordo militare, la Triplice alleanza.

Lo sciopero di Trieste del 1902 rappresentò una delle cause che portarono alla Grande guerra in quanto esasperò la tendenze bellicistica e la volontà espansionistica dell’impero asburgico verso i confini italiani. Sarà a partire dall’anno 1914 che la trasformazione della città subì un’accelerazione vertiginosa, travolta dai venti di morte della prima guerra mondiale.

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