Il torrente Stura e le opere di difesa del nostro territorio

La sua natura torrentizia ha da sempre creato problemi durante le sue ricorrenti piene

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StorieNostreWeb_ColombattoIl torrente Stura, che attraversa il territorio ad ovest del nostro paese, se da un lato ha avuto un ruolo fondamentale per l’economia del paese, sia nell’agricoltura per l’irrigazione, sia nell’industria per i canali alimentati per muovere le numerose ruote idrauliche, per la sua natura torrentizia ha da sempre creato problemi durante le sue ricorrenti piene.

Il corso dell’acqua, che scorre in un largo alveo, ha cambiato spesso il suo percorso, nonostante tutti i paesi, da Torino a Lanzo, abbiano cercato nei secoli di regolarne il flusso, sia per salvaguardare il territorio dalle inondazioni, sia per mantenere efficienti gli imbocchi delle varie bealere che prendevano l’acqua dalla Stura per alimentare i mulini ed irrigare i campi.

Inoltre le caratteristiche morfologiche del territorio, che vede la sponda destra più alta dell’altra ed un territorio che a sua volta ha una sua pendenza naturale verso sud-est, ha da sempre favorito una progressiva corrosione della sponda sinistra, portando via terreni che negli anni precedenti erano stati messi a coltura.

Come già visto in un precedente articolo, fin dall’antichità si documentano danni causati dalla Stura, e ogni comunità ha sempre cercato di rimediare realizzando continuamente nuove opere di rinforzo delle sponde, o per deviare il corso dell’acqua; opere che regolarmente venivano danneggiate o distrutte dalle piene degli anni successivi.

Le opere di difesa fin dal Settecento prevedevano essenzialmente la realizzazione di pignoni (oggi detti pennelli), rinforzi delle sponde, oltre a dighe trasversali e scavi dell’alveo per deviare il corso dell’acqua delle piene verso il centro dell’alveo.

 

1. I pennelli

Progetto del pennello realizzato quest’anno

Nei mesi scorsi, in Borgata Francia, sono state realizzate alcune opere a difesa delle sponde; in particolare il progetto ha previsto il rifacimento di un “pennello” divelto durante la piena del 2016.

I “pennelli”, detti anche repellenti, sono strutture trasversali all’asse del corso d’acqua che, adeguatamente immorsate nella sponda, si protendono verso il centro dell’alveo interferendo con la corrente, e hanno la funzione di favorire la sedimentazione del materiale a ridosso della sponda e mantenere la corrente dell’acqua al centro del fiume.

L’origine del termine “pennello” sembra essere tipicamente padana secondo quanto riferisce Petrolini (1998): “La parola pennello, nella sua accezione più tipicamente padana, quella di «cordonatura di massi disposti lungo le sponde del fiume o ad esso trasversali, usati a riparo della sponda», ed è già documentata nel latino medievale veronese”.

I pennelli possono essere realizzati in pietrame da scogliera, in gabbioni, in opere miste di sasso e vegetali, e sono delle strutture prismatiche poste trasversalmente alla sponda con l’asse maggiore inclinato nella direzione della corrente, ortogonale alla sponda o inclinato controcorrente.

Queste opere vengono impiegate nei corsi d’acqua nei quali è necessario deviare il flusso della corrente o modificare la sezione dell’alveo al fine di allontanare la corrente dalle sponde per evitarne l’erosione, producendo una riduzione della velocità dell’acqua ed un rimescolamento della stessa, consentendo la deposizione di materiale solido.

Un esempio tipico di tale applicazione è quello di realizzarla in corrispondenza delle cosiddette “lunate”, le ricorrenti erosioni a forma di falce di luna, proprio come quella formatisi in Borgata Francia, come si vede dalla foto aerea.

Come detto i repellenti causano la formazione di turbolenze e di correnti trasversali che, se le opere non sono correttamente dimensionate e posizionate, possono provocare erosioni intense in testa e alla radice delle strutture, nonché sulla sponda opposta.

Per evitare i suddetti problemi e controllarne gli effetti sono necessari un corretto immorsamento dell’opera nella sponda ed una lunghezza in alveo in funzione delle caratteristiche della corrente e della sezione di deflusso.

Il nuovo pennello come si presenta oggi

La struttura del repellente ha una forma sostanzialmente prismatica, degradante dalla radice, posta al di sopra della quota del pelo libero dell’acqua, alla testa, che deve essere posta poco al di sopra del livello di magra per far sì che in occasione delle piene l’interferenza con la corrente non sia eccessiva e di conseguenza non si producano fenomeni erosivi pericolosi.

L’inconveniente più grave che può interessare un repellente è l’erosione localizzata alla testa dello stesso e a seconda delle tipologie del pennello si ricorrerà a soluzioni diverse per sottrarre l’opera allo scalzamento.

Fase di trivellazione per la realizzazione dei micropali di ancoraggio del pennello

In Borgata Francia il nuovo pennello costruito, al contrario di quello realizzato in precedenza, ha la caratteristica di essere saldamente ancorato al suolo mediante la realizzazione di numerosi micropali infissi in profondità sul fondo dell’alveo.

I pennelli dal punto di vista ambientale offrono vari vantaggi soprattutto se realizzati con sistemi combinati o permeabili alla vegetazione, in quanto consentono di creare zone caratterizzate da differenti valori di energia della corrente creando habitat con caratteristiche diverse e favorire lo sviluppo della biodiversità.

 

2. I pignoni

I pignoni realizzati nel 1908 con gabbie di ferro

Per la difesa dalle inondazioni, i Comuni Caselle e Borgaro, ed i proprietari lungo la Stura, costituirono nel 1884 un Consorzio per realizzare le opere di difesa necessarie.

Nel 1908, a seguito di altre due imponenti piene dell’anno precedente che corrosero profondamente le sponde, il Consorzio dovette deliberare nuove opere, questa volta progettate dal Geom. Capone, che prevedevano la costruzione di nove “pignoni” di protezione.

I “pignoni” sono strutture simili ai “pennelli”, che all’epoca, come si legge nella relazione di progetto, vennero costruiti assemblando tra di loro vari elementi costituiti da gabbioni cilindrici di filo di ferro zincati da 16 mm di diametro.

Ogni elemento aveva una lunghezza di 2 metri ed un diametro di 80 centimetri, riempiti di pietre del fiume e, come descritto nella relazione, “fra di loro diligentemente collegati ed intestati convenientemente alla sponda rivestita pure di gabbioni”.

Dal computo metrico allegato al progetto si conosce che i pignoni erano di dimensioni variabili e composti in media da 60 a 100 gabbioni che costavano ognuno 5,50 lire, che vennero forniti dalla ditta Panigali Pietro di Ercole con sede a Trecate.

Ripari degli argini settecenteschi in legno e pietre

I pignoni, che oggi sarebbero chiamati anche repellenti in gabbioni, erano strutture flessibili adatte ad applicazioni in corsi d’acqua privi di trasporto solido troppo grossolano.

Ancora oggi i gabbioni si prestano molto bene alla costruzione di questo tipo di opere, grazie ai vari tipi di moduli disponibili ed alla possibilità di sagomare gli elementi con facilità per ottenere strutture della geometria voluta.

Questo tipo di struttura, come le altre in gabbioni, offre il vantaggio di una facile colonizzazione da parte della vegetazione in seguito all’intasamento dei sedimenti nelle fessure tra le pietre, ed in particolare risulta molto vantaggiosa nella ricostruzione delle sponde erose, dove viene completamente inclusa nei sedimenti e colonizzata alla stessa stregua del terreno in cui è immersa.

 

Le dighe progettate per deviare il corso dell’acqua nel progetto del 1790 nella zona del porto dei Gai

3. Le dighe

Sempre nel progetto del 1908 del Geom. Capone, si prevedeva anche di realizzare una diga della lunghezza di 40 metri formata da tre file di gabbioni legati tra loro che aveva lo scopo di reindirizzare l’acqua nel vecchio alveo verso la sponda destra.

Soluzione analoga si riscontra anche in un progetto del 1790 a firma dell’Architetto idraulico e civile Giacomo Carretto che prevedeva la realizzazione di una diga così descritta: “Ficca o chiusa a due ordini di pilotti con verganti e pietre, ovvero a cavalletti con masera di pietre composta con doppia selciata alla superficie per divertire la corrente dal braccio ivi della sinistra apertasi e dilatato da poco tempo a questa parte, e richiamarla nel letto principale alla destra”.

 

4. L’abbassamento dell’alveo

Pignoni progettati dall’ing. Masoero all’inizio del ‘900

Il disegno di progetto del 1790 per tentare di riportare il corso della Stura verso l’antico percorso, posto verso la sponda destra, prevedeva anche l’escavazione del fondo del vecchio alveo che nel tempo si era innalzato tanto da creare delle isole di ghiaia.

Anche il progetto di oggi prevederebbe una soluzione analoga con lo scavo del vecchio alveo per una profondità media di 1,5 metri per una lunghezza di 400 metri, anche se per ora l’opera non è stata realizzata.

In conclusione, esaminati i vari progetti dal ‘700 in poi possiamo dire che sostanzialmente il problema della difesa delle sponde della Stura è rimasto immutato nei secoli, e anche le opere previste o realizzate nei tempi non sono cambiate, se non nella loro realizzazione tecnica.

 

Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 l’ing. Masoero, nelle varie relazioni dei suoi progetti, fece notare più volte che a causa delle ristrettezze economiche le opere progettate non erano risolutive, e solo un completo rifacimento delle sponde, come eseguito dalla Città di Torino sul lato destro, avrebbe potuto salvaguardare stabilmente il territorio.

 

Il vero problema della corrosione della sponda della Stura in Borgata Francia si deve quindi ricercare nel progressivo spostamento del corso delle acque verso la sponda sinistra causato anche dalle importanti opere di protezione realizzate nel secolo scorso sulla sponda destra.

Pignone realizzato all’inizio del ‘900 all’incirca dove è stato realizzato quello odierno.

L’ingegnere Masoero all’epoca scriveva che: “… il Municipio di Torino, in questi ultimi anni, sistemò stabilmente la sponda destra della Stura, a monte della ferrovia Torino-Lanzo, fin presso il Porto dei Gai, rivestendola con scogliere e gabbioni di ciottoli fin sopra il livello delle massime piene, e costruendo diversi pignoni spingentivi per vari metri nel letto vivo del torrente. Inoltre la modalità e disposizione adottate nell’esecuzione di detti pignoni, dimostrano che essi hanno anche lo scopo di favorire il deposito delle ghiaie, portate dall’acqua, contro la sponda destra, elevando così a poco a poco il fondo del torrente presso la medesima. Di modo che, oltre ad impedire qualsiasi corrosione di questa sponda, le opere eseguite dalla Città di Torino avranno per effetto di dirigere e mantenere sempre più la corrente contro la sponda sinistra, cosa che il Consorzio Stura già dovette constatare nei pochi anni dall’esistenza delle opere stesse. Ed è poi naturale che, impedita ogni espansione delle acque di piena da un lato del torrente, esse dovranno di necessità espandersi solo sul lato opposto, e cioè sul lato sinistro, aumentando sempre più il pericolo di corrosione ed allagamento dei territori di Caselle e Borgaro … “.

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