I più benevoli avranno perdonato il mio ritardo nell’affrontare l’argomento ma è d’obbligo riscrivere del Muro di Berlino all’indomani della trentennale ricorrenza della sua caduta. Ne avevo già scritto, nel novembre 2015, con un articolo dal taglio prettamente storico e statistico nel quale si elencavano perlopiù dati e date. Ora, invece, gradirei riflettere su ciò che ha rappresentato per milioni di tedeschi, sulle reazioni politiche e sulle aspettative disattese a distanza di tre decenni.
Numerosi sono stati i tentativi di oltrepassare il muro per raggiungere la Repubblica Federale tedesca. C’era chi si lasciava cadere dai balconi di abitazioni adiacenti al muro, chi, invece, si nascondeva nei bauli delle automobili, chi, ancora, attraverso mezzi volanti come una mongolfiera e chi, infine, tentava di scappare scavando veri e propri tunnel sotterranei. Solo ai pensionati era concessa l’autorizzazione di andare di qua e di là dal muro in quanto ritenuti innocui e poco inclini ad abbandonare il paese. Così sono stati proprio costoro a diventare spesso corrieri di prodotti provenienti dall’Occidente. Tutti questi tentativi di fuga ci confermano la peculiarità del Muro di Berlino rispetto ad altre barriere, come per esempio quella eretta tra Messico e Stati Uniti d’America. Come, infatti, ci ha ricordato il giornalista scrittore Marcello Veneziani, il Muro era sorto con un carattere inclusivo e non esclusivo, ovvero con il compito di non far uscire e non di non far entrare. A vigilare sui cittadini di Berlino Est era la Stasi, organizzazione per la sicurezza e contro lo spionaggio della Repubblica Democratica tedesca. Per certi aspetti, come nell’applicazione della tecnologia nel sorvegliare i sospettati, la Stasi era più preparata ed efficace anche dei servizi segreti sovietici, il KGB. Un bellissimo film del 2006 che affronta questa vicenda è “La vita degli altri” del registra e sceneggiatore von Donnersmarck. Anche coloro che per motivi di studi si recavano nella parte orientale del Muro, venivano affiancati da un funzionario di Stato durante le loro ricerche.
Il crollo del Muro di Berlino rappresentò il fallimento del comunismo reale, gettò le basi per la riunificazione della Germania e fu il prologo del conseguente disfacimento dell’Unione Sovietica e della sua sfera di egemonia in Europa orientale avvenuta solo due anni dopo. Nel famoso saggio “Il secolo breve” lo storico Eric J. Hobsbawm teorizzò il Novecento come secolo corto, il cui inizio venne sancito dallo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 e la cui fine avvenne proprio nel 1991 a sottolineare la portata epocale dell’evento che trasformò il mondo fino ad allora suddiviso in due fronti antitetici di visione globale.
La reazione dei principali partiti comunisti occidentali, quello italiano e quello francese, alla caduta del Muro e verso le rivoluzioni avvenute nei paesi socialisti fu di accusa. I membri dei vari partiti dei paesi dell’Est, come Polonia e Ungheria, venivano incolpati di aver tradito gli ideali del comunismo e di non essere stati in grado di contenere le rivendicazioni delle popolazioni. Polonia e Ungheria ora vengono guidati da governi della destra nazionalpopulista e non può essere questa considerata una semplice coincidenza.
Il crollo del blocco sovietico pose i partiti comunisti dei paesi occidentali di fronte ad una scelta di rinnovamento e di superamento storico del comunismo, ma anziché recuperare la matrice socialista dell’esperienza comunista, si avvicinarono a posizioni liberaldemocratiche. Ciò fu evidente in Italia con la fondazione del Partito Democratico della Sinistra (PDS).
I tedeschi dell’Est, riconquistata la libertà, furono protagonisti di un elevato aumento dei consumi, come se la libertà coincidesse con il desiderio di muoversi nell’economia consumistica alla base del sistema capitalistico.
A distanza di decenni i cittadini della Germania Est continuano a “sentirsi cittadini di serie B”, le loro aspettative per una “svolta” dopo il crollo del muro di Berlino e la riunificazione sono andate deluse ed i populisti ed i nazionalisti sfruttano queste loro frustrazioni. Sono ritornate manifestazioni di intolleranza nei confronti degli stranieri. Ad una settimana dalle celebrazioni per il trentesimo anniversario, il sindaco di Dresda, Dirk Hilbert, spiega le ragioni del risentimento nella sua città, capoluogo della Sassonia e simbolo del malcontento della popolazione dell’ex Germania dell’est, dove l’estrema destra è diventata così forte da aver costretto il Comune a proclamare “l’emergenza neonazismo”: – La qualità della vita, la forza economica e i salari dei cittadini orientali rimangono più bassi rispetto a quelli dei land occidentali dove la proprietà privata e i beni immobili sono anche più diffusi. – Punto.
Nel 1963 il presidente americano John F. Kennedy in occasione della sua visita a Berlino Ovest dichiarò di sentirsi abitante della città: “Ich bin ein Berliner!”. Oggi, nel 2019, c’è bisogno di ampliare questo sentimento e sentirsi più consapevoli. Ciò può avvenire solo tramite la conoscenza.