Due parole, due, sulla riqualificazione della storica Stazione della ancor più storica ferrovia Ciriè-Lanzo.
Felice, ovviamente, per la conclusione dell’annosa questione sulla gestione del vetusto edificio che, drammaticamente, rischiava di rovinare su se stesso e, ancor più tragicamente, sulle teste di qualche ignaro e sfortunatissimo passante, mi permetto però alcune considerazioni sulla onorevolissima gara di idee per la riqualificazione dello stesso edificio proposta dall’amministrazione comunale.
Sono sicuro che i casellesi dimostreranno fervida e competente fantasia nel proporre interessanti soluzioni per ridare nuova e produttiva vita a sale d’aspetto, biglietterie e uffici di un edificio che per un secolo ha visto intere generazioni di Ciapamosche, e non solo, accedere ai suoi locali per ‘imbarcarsi’ sui vagoni, più o meno traballanti, del trenino locale.
Per decenni operai e impiegati mattinieri si sono avviati verso la Torino industriale, studenti assonnati hanno atteso l’incrocio di treni per Cirié o il capoluogo, giovani e meno giovani hanno timbrato biglietti di cartoncino alla ricerca di uno svago domenicale fuori porta, famiglie intere si sono passate dai predellini dei vagoni ceste e valigie alla ricerca di aria buona in Valle… un crocevia di umanità in viaggio, da mattina a sera, dal lunedì alla domenica.
La Stazione (uso la maiuscola perché per tutti non era un luogo come tanti, era “il” luogo!) è stata da sempre il cuore pulsante di Caselle, l’edificio che ci legava con il mondo esterno, anche negli anni in cui (prima dello sviluppo edilizio verso Stura) rappresentava quasi il limitare fisico tra la città e le aree industriali del Caldano e di Bona.
Per questi motivi, per la sua storia intrinseca, credo che ancor prima di pensare al suo riutilizzo si debba ragionare su come ridargli una centralità in un più ampio percorso di riqualificazione della città.
Mi riferisco in particolare alla riqualificazione dell’asse ferroviario interrato e del tragico abbandono delle aree di copertura dello stesso. Penso alla piazza Matteotti con il tratto di via Martiri che sbocca in Piazza Boschiassi e all’area stradale all’incrocio con via Martiri e la Circonvallazione. Un inno all’abbandono e spesso al degrado.
La storica Stazione rappresenta il nodo vitale di quest’area cittadina e la sua riqualificazione è imprescindibile da un progetto urbanistico omogeneo e funzionale; diversamente non potrà che risultare il classico tacon (toppa), pur bello che si voglia, su una maglia logora, sporca e tarlata.
Guardando il format proposto dall’Amministrazione per raccogliere le idee dei cittadini mi sembra troppo evidente che si voglia focalizzare l’attenzione sulla struttura in sé, estrapolandola dal contesto in cui è inserita, ed è un errore. La città è un organismo vivente e non solo per la presenza dei cittadini; strade, piazze, edifici, portici, chiese e viali alberati sono parti integranti e vive del tutto e fisiologicamente unite da profondi legami storici, ambientali e sociali.
Pensare di ‘curarli’ ad hoc, prescindendo da una visone olistica del contesto, potrebbe pregiudicare la loro guarigione.