Dubito che qualcuno potrà mai rimpiangere questo annus horribilis. Di sicuro non lo faranno i musicisti, sui quali il Covid s’è abbattuto come una mannaia su una situazione già difficile. Se fino a un po’ di anni fa quella del musicista poteva essere una professione non solo affascinante, ma anche dignitosa, le cose erano cambiate già ben prima della pandemia. Ancora più deprimente, nel mondo del rock, la situazione nella cintura, dal Torinese, al Canavese, fino alle Valli di Lanzo. La maggior parte dei luoghi di riferimento musicali, infatti, non ha resistito al secondo decennio del nuovo millennio: basti pensare al Taurus di Ciriè, che dal 2006 al 2012 è stato un centro di offerta culturale di altissimo livello, oppure il Robin Hood di Robassomero, sul cui palco si sono succeduti centinaia di musicisti; o il White Lion di Leinì, che nella sua breve esistenza è stato il tempio dei metallari del Nord Italia. Ma anche in una situazione così difficile la creatività e vitalità della scena locale non si sono spente. Una dimostrazione è venuta dal Coronadays Jammin’, un’iniziativa di musica online nata quasi per caso durante una delle prime notti di lockdown, lo scorso marzo.
Avevo appena registrato una base, ma non sapevo come continuare l’arrangiamento e non avevo neppure ben chiaro cosa farmene del pezzo. Il mio pensiero andò subito ai tanti amici musicisti che in quello stesso momento dovevano essere lì, annoiati nelle loro case. E così caricai il brano su Facebook, chiedendo se qualcuno avesse qualche idea su come terminarlo. La risposta fu immediata e in breve nacque uno straordinario laboratorio musicale online in cui a distanza ognuno lavorava sulla stessa traccia, aggiungendo un assolo, un cantato, un arrangiamento. Qualcosa che soltanto pochi anni fa sarebbe stata fantascienza. In breve la prima traccia esaurì le sue possibilità e ne dovetti creare altre 5. Al progetto hanno preso parte Stefano Valvano, tastierista degli Aldo, Roberto Bagaini, de IFasti, Massimo Fantinati, Swarion e Andrea Tardivo, Angela Pastore, in arte Angie, giornalista e cantante nei Duratone, Matteo Marietta, gestore e direttore artistico alla Soce di Ciriè, Terrestre, nome d’arte della cantante Gabriella Catalano; fino ad alcuni dei nomi più importanti della scena piemontese, come Daniele Pellizzari, leader della Banda Elastica Pelizza e Guido Costa, che fu membro del Cantovivo, gruppo folk conosciuto in tutta Europa; e Paolo Rigotto, cantautore, polistrumentista e produttore, che con il suo Coron_Aria ha condensato una breve enciclopedia della voce nel rock, con richiami agli Area, a Elio, fino ad Atom Heart Mother dei Pink Floyd.
E in breve il progetto ha varcato i confini della musica, coinvolgendo anche diversi pittori che hanno realizzato le cover art dei brani, dando vita a un’autentica factory virtuale. Fra questi Angelo Barile, Elisa Giacometti, Francesca Fiorio, Juan Redruello, Laura Antonietti.
Un’esperienza entusiasmante, che si è conclusa a maggio con il caricamento dell’ultima base: Tomorrow. The last track. Live in the future. Ci ho inserito anche il pubblico, alludendo al desiderio di tornare a suonare dal vivo. Ma non ho avvisato nessuno: in quei giorni avevamo tutti voglia di uscire e di lasciarci alle spalle il balordo inverno pandemico; e non immaginavamo che a distanza di pochi mesi ci saremmo ritrovati di nuovo lì. Ora però è diverso: non c’è più nessuno che canta dai balconi, o che si inventa le cose più strampalate per trascorrere il lockdown. Ora siamo tutti più apatici e demotivati.
Comunque i 17 brani del Coronadays Jammin’ sono sempre lì, nel caso… E anche Tomorrow, l’ultima base, se mai qualcuno fosse interessato a lavorarci. Nell’attesa che questo agognato domani, senza più virus e divieti, arrivi per davvero.
https://luigibairo.bandcamp.com