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giovedì, Aprile 18, 2024

    I paesi si salvano con gli occhi

    La scoperta dei presepi di Marchetto e Vrù

     

    Potrebbe sembrare fuori luogo parlare di presepi a gennaio inoltrato, in realtà questa felice scoperta natalizia vuol essere un auspicio ed un augurio per tutti noi che c’incamminiamo nelle strade dell’anno novello. Nella loro semplicità le storie di questi due presepi, trascendono il tempo natalizio, regalandoci un messaggio in cui passato e presente s’intrecciano e ci aiutano a riflettere sul nostro modello di futuro. Partiamo dall’etimologia latina della parola  “presepe”: cingere, circondare, delimitare e quindi proteggere qualcosa di cui dobbiamo avere cura. La stalla, l’ovile, la propria terra e approdiamo nel primo luogo della nostra storia: il comune di Mosso, in Val di Lana, tra i pendii dell’Oasi Zegna, ad una ventina di chilometri da Biella. Grazie al lavoro meticoloso di un fitto gruppo di volontari ogni anno, da fine novembre a metà gennaio, viene allestito, nelle vie del paese il “Presepe Gigante di Marchetto”.
    Nel centro storico del luogo, utilizzando come scenari piazzette, antiche vie, cortili e ambienti esistenti, cantine, stalle e porticati, vengono inseriti più di 150 personaggi a grandezza naturale che rappresentano antichi mestieri e momenti di vita del passato. Un presepe di fatto immobile ma in realtà “vivo”, che  si anima per la presenza dei visitatori che si mescolano al corteo delle figure, colte nelle loro diverse espressioni, che quasi sembrano voler parlare e raccontarci la storia del luogo a cui appartengono: c’è chi è intento a badare agli animali nella stalla, chi a far la spesa nella drogheria, chi bada ai bambini, chi suona uno strumento o scatta la foto agli sposi, fino a giungere alla Natività, collocata nella piazzetta antistante il Centro Anziani, a voler simbolicamente unire il tempo a venire, quello del bambino Gesù, con quello del passato, di chi ha qualche ruga e capello bianco in più.
    Uno scenario suggestivo e ricco di emozioni che raggiunge il culmine la sera, nel gioco delle luci e delle ombre tra le vie e gli angoli in cui i personaggi sono inseriti. Ma ciò che resta impresso è la storia di una tradizione che affonda le sue radici nel 1980 quando  nella piccola frazione montana  di Marchetto nasce il primo presepe che si evolve, di anno in anno, grazie  al lavoro meticoloso e puntuale di tutta  una comunità  che, attorno a questo progetto, si unisce e si racconta.

    Per realizzare “Il Presepe Gigante” lavorano volontariamente per mesi molte persone, coordinate dall’Amministrazione comunale e dalla Pro Loco.
    C’è chi si occupa della realizzazione e del restauro delle teste in cartapesta e gesso, con particolare attenzione alle espressioni che per tradizione sono rimase molto “naif”, chi costruisce le strutture dei personaggi, molte realizzate utilizzando gli ex telai, chi recupera  i vecchi abiti in paese. Altri preparano gli scenari e gli ambienti ricercando oggetti, utensili e arnesi di un tempo, un gruppo si occupa della comunicazione e del presidio nei giorni dell’apertura. Un paese che ha saputo riscattarsi dalla grave crisi del tessile che ha dilaniato la zona, passando dai 50.000 occupati di un tempo ai 10.000 attuali, lavorando sulla valorizzazione del proprio territorio e che, unendo le forze, pensa al futuro ridando vita al proprio passato. Basta spostarci nelle nostre vallate, risalire la tortuosa strada che da Cantoira, nelle Valli di Lanzo, porta alla frazione di Vrù per ritrovare lo stesso calore umano, lo stesso attaccamento alle proprie radici. Tra le baite di pietra, le fontane e le nicchie naturali di questo luogo dall’atmosfera incantata, sono stati allestiti una quarantina di piccoli presepi accompagnati da poesie e riflessioni sul Natale e sul proprio paese, fino a giungere al celebre presepe meccanico che lascia stupiti per la magia che riesce a creare.
    É stato pensato e realizzato, negli Anni ’60 del secolo scorso, dal paziente lavoro di Francesco Berta, per tutti Cichin ed ora, il figlio Giovanni e la sua famiglia continuano a mantenerlo funzionante, aggiungendo scene e personaggi. Cichin, restò colpito dal presepe dell’Annunziata di Torino e decise di creare un  piccolo presepe in movimento prima per i suoi bambini, poi per il suo borgo. Utilizzò pezzi di recupero e il motore di una lavatrice per creare il movimento, poi ci mise tanta passione. Il tempo, dopo il lavoro nella miniera di talco e l’accudire il bestiame, lo trascorreva a creare le statue di legno, tutte azionate da un motorino che collegava i vari ingranaggi e permetteva ad ognuna 3 movimenti con cadenze regolari: così nacque l’arrotino che aziona la ruota con il piede e ogni tanto si ferma a controllare il filo della lama, il boscaiolo che sale sull’albero e con l’accetta taglia il ramo, l’asinello che nella stalla muove la testa per scaldare il bambinello….un mondo di meraviglie, perfetto nella sua semplicità. Il presepe meccanico è cresciuto negli anni dentro la vecchia scuola elementare, diventata il luogo in cui raccogliere pezzi della storia del luogo. Ed è bello sapere che, se a Vrù abitano stabilmente  solo più due persone, ogni fine settimana la frazione si anima, le baite si aprono, la comunità è presente, a tener salde le tradizioni: a partire dal progetto di Cichin che è diventato quello della sua famiglia e poi quello del suo paese. Come testimoniano alcune poesie che accompagnano i piccoli presepi: “I paesi si salvano con gli occhi. Bisogna prima guardarli come un uomo giovane guarda una donna bellissima. Poi viene il resto: accogliere i turisti, coltivare, allevare, curare gli infermi, educare i bambini al paesaggio. I paesi non li possono salvare quelli conficcati dentro e neppure quelli che stanno lontani. Ci vuole per salvare i paesi un nuovo tipo di abitante, qualcuno che viene e che va : distanza ed intimità “, recita Franco Arminio. Ed  è così che il presepe diventa simbolo di un luogo da amare e proteggere come recita un’altra poesia sempre di Franco Arminio: “Abbiamo bisogno di un luogo, ci vuole una mano, una casa, un sorriso, qualcosa che ci faccia da perimetro. Non basta il mondo, ci vuole un luogo, amare è costruire un luogo, cioè un pezzo di mondo con un Dio dentro.” Buon anno.

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