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lunedì, Settembre 9, 2024

    Pietro

    In memoria di Pietruzzu Anastasi

     

    VenticinqueGocce2WebIl 28 Maggio 1972 avevo 13 anni: ricordo che implorai mio padre di portarmi allo stadio, il Comunale tutto in cemento, quello che nei derby ne conteneva veramente settantamila. Il mio genitore non ne voleva sapere, quindi dovetti insistere non poco per trascinarlo in curva per l’ultima di campionato. Papà non si sarebbe mai sognato di spendere (allora) 5.000 lire per entrare lì dentro e farsi fagocitare dalla tifoseria: avrebbe preferito la sua copertina domenicale, chiudendo fuori le urla della folla, dalle quali, noi giovincelli, cercavamo di capire se ci fosse stato un gol, un’azione mancata o altro.

    Nell’ultimo quarto d’ora, quando i cancelli aprivano, si entrava gratis.

    Ma quella domenica no, volevo esserci dall’inizio: era l’ultima di campionato e la Juventus ospitava il Vicenza, e dovevo essere lì dentro  per festeggiare il 14° scudetto. E vedere Pietro!

    “Dai papà, portami, per favore!” Fu così che andammo, e a furia di spintoni arrivammo alla biglietteria, prendemmo i biglietti ed entrammo, in curva Maratona, storicamente granata, ma quel giorno era bianconera come l’opposta Filadelfia.

    Il colpo d’occhio del Comunale bianconero, senza tribune se non quella centrale, ed ancora col vecchio impianto luci, era spettacolare, e quando quelle undici maglie bianconere entrarono, cercai subito (da lontano, perché c’era la pista di atletica!) la maglia col numero 9: Pietro Anastasi. Un grande, sotto ogni punto di vista, a far coppia con quel Bettega che a metà campionato abbandonò per questioni di salute.

    Lo stadio che chiamava “Pietro-Pietro..” è qualcosa che mai dimenticherò. Altre volte lo avevo visto giocare, segnare, e dio sa quanto fosse unico il sorriso di quel ragazzo del Sud, appena riusciva a metterla in rete, un vero e proprio simbolo per tutti coloro che lasciato il Meridione venivano a faticare alla FIAT.

    Provavo grande emozione andare al mattino, con gli amici, a vedere gli allenamenti al campo Combi di via Filadelfia: aspettavo all’uscita col taccuino e la penna in mano per chiedere gli autografi: Causio, Cuccureddu, Spinosi, Marchetti (una roccia), il tarchiato e biondissimo tedesco Helmut Haller, e poi lui,  Pietro Anastasi, basettoni, barba incolta e sopracciglia foltissime, sorridente! Osservare quel monumento scarabocchiare velocemente il suo nome sul mio taccuino e restituirmelo fu gioia pura.

    Piccola nota: nessun taglio di capelli da lobotomizzato, nessun tatuaggio: Boniperti non avrebbe gradito.

    Quella domenica Pietro non segnò, ma ci provò eccome; segnarono Haller e Spinosi e fu l’apoteosi, l’invasione. Tutti grandi e indimenticabili quei campioni, ma tra loro il catanese Anastasi, un centravanti puro, emergeva sempre, e quale stile nelle interviste: grande tra gli avversari, modesto, umile e misurato di fronte al microfono di Beppe Barletti, cronista sobrio e gentile.

    Ho un ricordo indelebile di quando nel 1976 rimasi senza parole nel leggere dello scambio Anastasi/ Boninsegna: il mio idolo se ne stava andando, lasciava quella maglia, quei colori con i quali avevo praticamente tappezzato il salotto buono di casa! Non ci credevo. Io no, ma Boniperti sì, e non contento si prese anche Benetti dal Milan: ciò che fecero è storia.

    Anastasi, Pietruzzu, ci ha lasciati, soffrendo. Lascia però ricordi unici nel nostro calcio esasperato e malato.

    Sono andato a cercare tra gli scaffali di casa il libro disco “Juventus primo amore”, rigorosamente in bianco e nero, ed ho aperto le pagine che lo ritraggono mentre lotta in campo, o composto nella foto ufficiale della formazione: il fatto è che quando se ne va un ragazzo così (lo immagino ancora sorridente e giovane) si porta appresso una valanga di ricordi. Ora, senza stucchevoli nostalgie, posso dire che si torna a quel tempo, istintivamente. Pietro non c’è più, e con lui la maglia quella a righe, quella vera,… il Combi per gli allenamenti,… il bandierone cucito da mia mamma e tanto ancora.

    Il taccuino con gli autografi, penserà qualcuno…

    Quello non c’è più: mamma pensava fosse un notes inutile, io ero cresciuto, e lo buttò. Addio autografo di Anastasi.

    La ferita non si è mai rimarginata.

    1 commento

    1. Bei ricordi…ma soprattutto apprezzo la foto: un goal di Pietro nella rete dell’Inter…mi pare, con un annichilito Vieri…ex Toro…
      Devo dire scelta con cura chirurgica…😅

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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