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venerdì, Aprile 19, 2024

    Un grido d’allarme per Chernobyl ( e dintorni)

     

    Il 26aprile 1986, si sa, è passato alla storia per l’esplosione del reattore n° 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, e la conseguente tragedia che ha coinvolto migliaia di persone, anche fuori dai confini di quel Paese. Forse non tutti sanno che in quell’area, fino a oltre 50 km dalla tristemente nota centrale, causa la permanenza in terreni contaminati dalle gravi conseguenze del fallout di Chernobyl, molte persone in particolare i bambini, soffrono ancora, nonostante siano passati 34 anni, di disturbi cardiaci, alterazioni tiroidee e diverse altre patologie. Ora, in questo preciso momento si trovano, ad affrontare la pandemia universale del coronavirus, ma inevitabilmente anche gli effetti delle sostanze radioattive potenziate dagli incendi boschivi. Sia in Bielorussia che in Ucraina sta aumentando la preoccupazione per le conseguenze sulla salute soprattutto dei bambini, per un vasto incendio divampato nella zona di esclusione della centrale di Chernobyl, che interessa un’area di foreste grande migliaia di ettari. I fumi della combustione causano disturbi respiratori, e cosa meno nota, l’incendio mobilizza gli elementi radioattivi ancora presenti nel suolo. Questa gente si trova così a dover affrontare un rischio sanitario doppio. Una seconda tragedia che sta aggravando da due settimane gli effetti del Covid 19. Le fiamme hanno anche inevitabilmente causato danni materiali in numerosi villaggi vicini ai focolai dell’incendio. A nord ovest della capitale ucraina Kiev, vicino al confine con la Bielorussia, molte famiglie sono rimaste senza tetto, l’incendio ha reso inservibili i loro orti, e ucciso i loro animali, unica fonte di sostentamento. Secondo una ricerca del “Norvegian Institut For Air Reserve” questi incendi imponenti mobilizzano dal 2 all’8% del Cesio137, liberato dall’incidente del 1986, e le nuvole li espandono ovunque in tutta l’Europa e poi lentamente nel resto del pianeta. Gli elementi radioattivi rilasciati dalla combustione si muovono nell’atmosfera tramite i venti, si spostano per lunghe distanze e si depositano sui terreni. E’ stato appurato che, anche questa volta, sono arrivati anche in Italia. Senza conseguenze (?), assicura il nostro Ispettorato per la sicurezza nucleare. Tutto questo mentre l’epidemia che ci costringe in casa, in quei Paesi è ben più grave di quanto facciano credere le fonti ufficiali. In Bielorussia, i problemi sono aggravati dalla noncuranza del governo di fronte ai contagi: il loro presidente Lukashenko consiglia saune e vodka per prevenire l’infezione. Assolutamente ridicolo! Risulta ben diversa la realtà descritta da fonti indipendenti con le quali è in contatto l’associazione, che conosco bene e sostengo da tempo, “Mondo in Cammino” guidata da Massimo Bonfatti: “Gli ospedali bielorussi sono pieni di malati di polmonite, di cui viene taciuta la vera causa, mentre le principali strutture sanitarie sono state riconvertite per dedicarle al coronavirus e decine di medici e infermieri sono stati contagiati. Nel frattempo, la Cina ha già inviato a Minsk il primo lotto di aiuti e tra breve manderà un gruppo di esperti sanitari. Questi incendi non sono una novità, sono purtroppo frequenti e di origine dolosa. La foresta di esclusione di Chernobyl è quindi una minaccia costante, da 34 anni, per tutta la collettività non solo locale ma mondiale, un fallout infinito. Occorre inoltre evitare un disastro nel disastro: i venti potrebbero spingere gli incendi sulla centrale nucleare. La situazione è pesante nella provincia di Polesie (regione di Kiev) in Ucraina. I fumi liberatesi dagli incendi stanno causando seri problemi respiratori agli anziani e ai bambini, già sotto minaccia da coronavirus. Le persone non hanno strumenti per difendersi e non possono aspettare a lungo gli aiuti. E’ necessario intervenire con beni materiali soprattutto nell’ambito dell’alimentazione perché si sta determinando, a causa del fallout degli incendi (fallout che continuerà per il protrarsi dei fumi dalle torbiere fumanti), una nuova contaminazione dei prodotti alimentari. La Comunità Internazionale, con tutte le sue Istituzioni, come giustamente e doverosamente prende in considerazione la minaccia del coronavirus, dovrebbe da subito preoccuparsi anche della messa in sicurezza dagli incendi della zona di esclusione di Chernobyl.

     

     

     

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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