Respiro. È quello che manca.
E non è solo quello che non ha potuto avere per otto lunghi, interminabili minuti il povero George Floyd, ucciso da un ginocchio assassino e dalla protervia sdoganata e complice del peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano finora partorito. No, è a livello globale che manca il respiro, un respiro.
Ciò che cova sotto la cenere non può che preoccupare.
I ceti già penalizzati dalla turboeconomia – basata sulla fuffa e non sul prodotto – e dalla globalizzazione, che negli ultimi decenni han fatto strame della politica sociale, ora sono i più vessati dalle conseguenze della pandemia e stanno per andare incontro alla più grave crisi economica che il mondo da secoli abbia conosciuto. E come premoniva Vincenzo Cuoco nella sfortunata rivoluzione napoletana del 1799, il popolo non si muove per raziocinio ma per bisogno e fame. E quasi ci siamo.
Qui dovrebbe intervenire il respiro ampio della politica. Ma la nostra è asfittica. Se occorre prendere un esterno e creare l’ennesima Commissione per approntare un piano di rilancio del Paese, significa che abbiamo un sistema mediocre e malato, incapace di produrre quattro-idee-quattro che vadano oltre le solite formulette da recitare da mane a sera in tv e sui social. Con tutto il rispetto per Colao e la nuova Commissione, ma possibile che nessuno del governo abbia pensato di attuare prima qualcuna delle centinaia di proposte venute dalla Commissione stessa, come la necessità di snellire l’incedere burocratico di questa nostra povera nazione o migliorare i collegamenti tra Nord e Sud?
Ci voleva la pandemia per tornare a parlare di scuola e di sanità? E come, poi…
Dopo decenni in cui gli insegnanti e tutto il comparto scuola sono stati vissuti da tanta politica come mangiapane a tradimento, come quelli dei tre mesi di vacanza e poca voglia di lavorare, ora sono assurti a nuovo irrinunciabile ruolo. Sproloquiando qua e là, si è tornati a rispolverare la funzione pedagogica della scuola, dopo averla massacrata come simbolo di un inutile passatismo. Siamo tornati persino a riparlare di bambini e del loro sviluppo, facendoli riemergere da una realtà che da troppo li confinava tra un irrinunciabile corso di nacchere moderne, un seminario sull’acqua idraulica e una conferenza sul provare ad essere genitori oggi. Fossi studente, mi sentirei preso in giro: ma non è che la vera verità sta nel fatto che tante ( troppe?) famiglie attuali hanno realizzato di non sapere come fare a sbrogliare la matassa della prole e che solo ora si siano accorti di che peso abbia ciò che han sempre delegato, sine cura, alla scuola?
Nel momento di massimo bisogno ci si è resi conto che a forza di tagliare sulla sanità, avevamo preso a segare anche il ramo su cui eravamo seduti a nostra insaputa. Adesso quelli che erano picchiati e minacciati nei pronto soccorso di ogni dove sono diventati i nostri eroi, ma fino a quando?
Spiace smentire, ma la speranza che il convivere lottando col morbo ci avrebbe reso migliori è vana.
Se ad ogni azione corrisponde una reazione, c’è già chi ha virato a suo uso e consumo questo spezzone di storia inatteso e assassino. La storia non può ripetersi? Non ne sarei così sicuro. Con nuovi fascismi stiamo già convivendo e stentiamo ad accorgercene, la pressione sul collo procede in accelerazione costante e stentiamo ad accorgercene: abbiamo ancora fiato, ma per quanto ?
Il silenzio delle idee ci sta riportando di nuovo verso il buio della ragione. Senza respiro.
Elis Calegari