Attingo da Papa Francesco. Durante l’omelia della Pentecoste ha usato queste parole, molto forti ma che ben rappresentano, secondo me, il momento che stiamo attraversando.
Questa pandemia si diceva che ci avrebbe resi migliori, più tolleranti, più rispettosi del prossimo e dell’ambiente circostante, più attenti ai nostri doveri, meno rigidi ed esigenti sui nostri diritti, più consapevoli della fragilità che il mondo globale può rappresentare.
Tutti pensieri nobili e consolatori, tipici di periodi di oppressione. Questo faceva ben sperare, ma le varie fasi successive hanno velocemente dimostrato che c’era più utopia che realtà.
Dopo la fase 1 abbiamo affrontato la fase 2, che ci ha permesso di recuperare alcune libertà, rivedere i congiunti, iniziare spostamenti con i mezzi pubblici,
Poi la fase 3, spostamenti più agevoli, possibilità di escursioni in montagna ai laghi, al mare (dove c’è) apertura di bar, ristoranti, negozi, mercati, parrucchieri, la possibilità di rivedere più persone. La fase più agognata, quella del ritorno ad una “normalità” quasi totale.
Ognuno l’ha affrontata in modo personale, i desiderata della fase uno, quando eravamo “agli arresti domiciliari” hanno provocato: rabbia, paura, timori di contagio nel presente ma soprattutto nel futuro quando l’emergenza sarà passata. C’è chi ha ripreso immediatamente lo stile precedente, chi ha mantenuto i suoi timori e il fatto che poter uscire era stimolante ma nello stesso tempo preoccupante. Personalmente ho apprezzato il poter fare una passeggiata, andare in montagna, raggiungere luoghi con cui abbiamo legami e attività, rivedere persone. Allo stesso tempo ho avuto sentimenti contrapposti: paura, timore, nel tornare a fare acquisti che non fossero quelli di prima necessità, sentimenti che ci porteremo dentro per molto tempo, nonostante abbiamo imparato le regole: il distanziamento, l’uso di mascherine e disinfettanti. Il mondo di prima sembra già lontano, quasi un sogno, come è sembrato un incubo quello che abbiamo vissuto, con i notiziari e i numeri sempre in crescendo, le notizie di persone che non ci sono più. Covid o non covid, questo è e sarà sempre un dilemma…irrisolto.
Pensavo o meglio speravo che i problemi economici che ne sarebbero conseguiti avrebbero fatto da motivatore alle coscienze, che gli italiani avrebbero un po’ rivisto la loro scala di valori, e, in caso di necessità si sarebbero adeguati anche a lavori poco nobili, secondo una certa morale, ad esempio raccogliere frutta e ortaggi. Niet, ci limiteremo a lamentarci ad oltranza per il caro prezzi e per la mancanza di prodotti italiani…. Offronsi volontari per dare una rassettata alle nostre città che fin dalle prime uscite hanno dimostrato che questo virus non ha motivato le nostre coscienze dal punto di vista ambientale. Nei nostri marciapiedi e nei nostri parcheggi, oltre agli “oggetti” storici, fanno bella mostra di sé anche i dpi (dispositivi protezione individuale) che unitamente alla grande quantità di stoviglie di plastica monouso utilizzate per affrontare l’emergenza contribuiranno ad aumentare la mole già critica dei rifiuti prodotti.
La situazione socio-economica è molto critica, ci sono problemi di dignità, paure, bisogni. Questo “contagio di morte” da mesi infesta la Terra, c’è bisogno di consolare ed essere consolati, ascoltare ed essere ascoltati.
Dobbiamo sforzarci di rendere reale tutto ciò che per un po’ abbiamo perso e che stiamo lentamente recuperando. In primis ritrovare la libertà alienata, e per farlo dobbiamo riprenderci la speranza, che, anche in virtù di quanto verrà erogato, dovrebbe permettere di recuperare posti di lavoro, ripristinare il sistema sanitario ante Covid… Non sarà facile, nel frattempo si stanno scoprendo altre emergenze azzerate in questi mesi, alcune fatali, purtroppo. La speranza di poterci alzare una mattina, spalancare la finestra, e davanti ad una bella giornata poter dire: “Oggi vado dove voglio”, sembra banale, ma non sarà così facile, ci sono condizionamenti che vanno oltre ogni ragionevole logica. Il percorso verso la guarigione sarà lungo e non necessariamente definitivo, la speranza sicuramente ci potrà essere d’aiuto.
Giuliana Vormola