Inizio col dire che per me il trombone è una meraviglia. Una meraviglia per la semplicità della sua forma a tubo e per l’infinita possibilità di timbri ed espressioni che un bravo musicista riesce a produrre.
Parliamo del trombone tenore in Si bemolle detto “a tiro”; vedremo più avanti anche qualche variante. Costituito da un semplice tubo cilindrico, solo all’estremo si sviluppa in forma conica (la campana). Niente tasti o meccanismi, per impostare l’altezza delle note c’è solo la “coulisse” a forma di U che scorre liberamente avanti e dietro sul tubo principale ed è guidata dallo strumentista con pollice, indice e medio come se tenesse tra le dita una tazzina di caffè. Semplice, no?
No, già non esiste uno strumento musicale semplice, ma l’aspirante trombonista ha una vita durissima. In primo luogo il respiro, fondamentale per tutti gli strumenti a fiato. Facile emettere un barrito da elefante se l’emissione è potente, ma questo suono sorprendente è concesso in pochissimi brani. Facile fare il glissato ossia il passaggio continuo da un tono ad un altro, difficilissimo eseguirlo bene quando prescritto. Facile suonare fortissimo, difficile non svilire il suono nel piano e pianissimo.
Poi l’intonazione, un problema costante degli strumenti a fiato che qui si complica ancora. Il trombone è come un violoncello, non ha tasti. Il trombonista deve abituarsi alla massima precisione nella posizione della coulisse per intonare la nota giusta. Ma inutile misurare con il centimetro, le posizioni devono essere studiate nota per nota, ottava per ottava. Una posizione anche di poco imperfetta non solo stona, magari in modo impercettibile, ma “non suona” ossia genera un timbro povero, opaco.
Non avendo tasti è difficilissimo legare le note senza scivolare ed i passaggi veloci obbligano il braccio destro ad un movimento vorticoso …l’elenco delle difficoltà è lungo.
Ma veniamo alle qualità. Sono infinite. I migliori maestri arrivano a dei virtuosismi inimmaginabili a prima vista per l’umile tubo di cui sopra. E con una panoplia di accessori come sordine, wha wha ed altre diavolerie l’arcobaleno di suoni è inesauribile. Il trombone sa esprimere tutta la varietà dei sentimenti umani, la forza e la tenerezza, l’urlo ed il sussurro, il dramma e la comicità (che strumento suonano i clown?).
Non c’è quasi nessun genere musicale che non esiga l’uso del trombone, dalla musica antica alla classica contemporanea, dal jazz al rock, dal liscio al latino, fino alla banda, ovviamente.
Non c’è banda senza tromboni, altri strumenti sono sostituibili il trombone no. I trombonisti costituiscono l’armatura in acciaio dell’edificio, sono troppo forti per essere umili e fanno impazzire il maestro perché non trovano soddisfazione a suonare piano, m non è colpa loro, fa parte del loro DNA e guai se non ci fossero.
Veniamo alle varianti. Dal punto di vista costruttivo è oggi molto diffuso il tenore-basso con una ritorta in Fa, ossia un giro di canneggio in più che viene aperto da un tasto operato col pollice sinistro (in primo piano nella foto). La ritorta allunga la colonna d’aria e consente di limitare il movimento della coulisse nelle posizioni lunghe guadagnando in velocità. Migliora inoltre l’intonazione di certe note ed aumenta i bassi. Proprio per le parti in toni gravi è inoltre stato sviluppato il trombone basso che ha due ritorte. Poco usato dalle bande tradizionali ha invece un posto fisso nelle orchestre sinfoniche.
Una variante invece consueta nella tradizione delle bande e delle fanfare militari è il trombone a tasti. Senza coulisse, ha tre cilindri o pistoni come le trombe. Presenta due vantaggi; in primo luogo è più agevole da suonare nella marcia in ranghi serrati, dove il movimento della coulisse diventa problematico. Inoltre è più facilmente utilizzabile da strumentisti formati su altri strumenti a cilindri o pistoni. È una variante molto pratica che tuttavia perde un po’ di quella versatilità che fa del trombone a tiro uno strumento assolutamente unico.
Luigi Chilà