Una foto che parla

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Si sa, una foto può avere la capacità – da sola senza aggiungere altro – di una forza evocativa enorme. Per poter raggiungere con la parola lo stesso risultato non basterebbe un intero saggio.

È il caso della nostra fotografia: è una foto che parla.

È passato ormai tanto da che è stata scattata. Sicuramente molti l’hanno vista e la ricordano.

Rievochiamo brevemente i fatti: negli Usa, nella città di Minneapolis, ‘afroamericano George Floyd è morto per soffocamento. Un poliziotto gli aveva tenuto il ginocchio premuto sul collo. L’atroce agonia  è durata molti minuti. Gli altri poliziotti presenti si sono guardati bene dall’intervenire.

In seguito a questo evento negli USA e nel mondo  sono scoppiate molte manifestazioni contro le forme di razzismo che macchiano e bollano come incivili le nostre edonistiche e opulente società.

La foto si riferisce ad una manifestazione avvenuta in Inghilterra.

Un manifestante suprematista e razzista ( le cose vanno chiamate col loro nome) bianco è rimasto ferito durante una manifestazione.

Un uomo di colore  è intervenuto e lo ha  portato in salvo.

Meglio ascoltare le parole del salvatore, Patrick Hutchinson: “Se gli altri tre poliziotti non fossero rimasti inermi mentre veniva ammazzato, Floyd oggi sarebbe ancora vivo. Per questo non potevo stare a guardare. Quell’uomo dovevo salvarlo. Poteva morire. Questa non è battaglia di bianchi contro neri. Ma di tutti noi contro il razzismo. Ho visto quell’uomo in grossa difficoltà, allora mi sono buttato a terra anch’io e, sotto calci e pugni, ho provato a tirarlo fuori da lì, proteggendolo con il mio corpo. Per fortuna altre persone mi hanno aiutato”.

Guardate bene la foto . Concentratevi sulle espressioni dei due volti.

Questo è tutto. Non ci sarebbe da aggiungere altro.

Tuttavia qualche domanda non possiamo fare a meno di porcela.

A parti invertite come sarebbero andate le cose? Fa paura il colore della pelle o la loro condizione sociale ed economica?

Questo è il punto centrale. Infatti nessuno aggredirebbe con frasi o atteggiamenti da razzisti uomini e donne di colore ricchi e famosi alla Oprah Winfrey o Koulibaly. Per quest’ultimo solo qualche ululato partito da un gruppo di invasati da stadio.

Il nodo vero? Disuguaglianze ed emarginazioni.

Se non verranno risolte la nostra amata Terra non troverà pace.

Vittorio Mosca

 

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Elis Calegari è nato a Caselle Torinese il 24 dicembre del 1952. Ha contribuito a fondare " Cose Nostre", firmandolo sin dal suo primo numero, nel marzo del '72, e, coronando un sogno, diventandone direttore responsabile nel novembre del 2004. Iscritto all' Ordine dei Giornalisti dal 1989, scrive di tennis e sport da sempre. Nel corso della sua carriera giornalistica, dopo essere stato collaboratore di prestigiose testate quali “Match Ball” e “Il Tennis Italiano”, ha creato e diretto “Nuovo Tennis” e “ 0/15 Tennis Magazine”, seguendo per più di un ventennio i più importanti appuntamenti del massimo circuito tennistico mondiale: Wimbledon, Roland Garros, il torneo di Montecarlo, le ATP Finals a Francoforte, svariati match di Coppa Davis, e gli Internazionali d'Italia per molte edizioni. “ Nuovo Tennis” e la collaborazione con altra testate gli hanno offerto la possibilità di intervistare e conoscere in modo esclusivo molti dei più grandi tennisti della storia e parecchi campioni olimpionici azzurri. È tra gli autori di due fortunati libri: “ Un marciapiede per Torino” e “Il Tennis”.

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