Il gigantesco C-74A Globemaster I a Caselle

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Cinquantanni fa, esattamente il 24 settembre 1970, all’aeroporto avvenne un grave incidente in cui due operai intenti a demolire un aereo, persero la vita a seguito dell’esplosione di un velivolo abbandonato.

L’aereo era un possente quadrimotore americano, ultimo sopravvissuto del più grande aereo da trasporto realizzato alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, la cui storia è sicuramente particolare, e ancora più particolare è la storia dell’esemplare che era presente sul nostro aeroporto.

Breve storia dell’aereo C-74

Trasportare sui grossi e possenti aerei militari odierni carichi ingombranti e pesanti, oggigiorno non crea più i problemi che 75 anni or sono giornalmente si presentavano, in special modo quando bisognava affrontare nel più breve tempo possibile lunghe tratte come le trasvolate oceaniche per raggiungere i luoghi operativi, in modo particolare durante la Seconda Guerra Mondiale.

I velivoli non erano di grossa taglia e assai meno capienti, inoltre il loro raggio d’azione era molto limitato richiedendo diversi scali primi di raggiungere gli obiettivi assegnati.

Specialmente da parte americana, venivano per lo più usati i quadrimotori Douglas C-54 Skymaster e i più piccoli C-47 Skytrain, affiancati dai Lockheed C-69 Constellation, questi ultimi più adatti per il trasporto delle truppe.

Con lungimiranza, già nel gennaio 1942, la Douglas di Santa Monica, California, propose all’USAAF (United States Army Air Forces) il progetto D-415A, per un velivolo in grado di trasportare su lunghe tratte una moltitudine di materiali bellici come ad esempio, carri armati leggeri, obici, bulldozer e truppe aviotrasportate completamente equipaggiate.

Fu così che il 20 giugno 1942, venne assegnato un ordine dal Dipartimento della Difesa, per 50 velivoli più uno per le prove statiche, con la designazione C-74A Globemaster I.

A quei tempi la Douglas di Long Beach, era impegnatissima nella produzione di altri tipi militari come il versatile bimotore A-26, e dovette per forza di cose rimandare la produzione del grosso quadrimotore il cui primo esemplare uscì di fabbrica solamente nel luglio 1945, effettuando il primo volo il 5 settembre, quando ormai il conflitto mondiale era terminato. La consegna al MATS (Military Air Transport Service) dei velivoli avvenne un mese dopo. Dato il forte ritardo l’ordine venne ridotto nel gennaio 1946 a soli 14 esemplari.

All’epoca il C-74A, era il più grosso aereo costruito (escludendo gli idrovolanti), con un peso totale di 78.018 kg, e poteva trasportare 125 soldati con i relativi equipaggiamenti, 115 barellati e relativo personale medico, oppure 21.840 kg su tratte di 5.472 km.

La caratteristica dei rimi esemplari era quella di avere i posti di pilotaggio separati meglio conosciuti come “bug-eyes”, come fossero due occhi tanto da ricordare quelli delle rane poi, in seguito, questa soluzione venne modificata con una cabina tradizionale, migliorando assai la comodità dei piloti, nonostante la visibilità fosse ancora limitata a 260°.

Altra particolarità del velivolo era quella di avere oltre al grosso portellone di carico anteriore, la possibilità di far scendere come un ascensore la parte centrale del ventre della fusoliera (4×2,20 m) che consentiva si poter issare a bordo i grossi carichi ingombranti senza dover ricorrere ad attrezzature esterne e poteva essere separata dal velivolo in caso di particolari necessità come dover paracadutare materiali o paracadutisti.

Questa soluzione fu utilissima quando si dovevano imbarcare animali vivi, mucche, ovini, suini, come avvenuto anche all’aeroporto di Caselle (vedi descrizione nel capitolo a parte).

Il C-74A, era un velivolo quadrimotore di costruzione convenzionale ad ala bassa, propulso dai radiali Pratt & Whitney R-4360-27 Wasp Major, con una lunghezza di m 37,83, una apertura alare di m 52,8 ed una altezza di m 13,33.

La Douglas affermava che con il pieno di carburante il velivolo era in grado di circumnavigare la Terra con soli tre rifornimenti, ad una velocità di oltre 400 km/h, per l’epoca una conquista mozzafiato.

Terminate le prove di volo sperimentali, dove per problemi di sovraccarico strutturali si riscontrò l’unico incidente serio in tutta la vita operativa del velivolo. Infatti il secondo esemplare precipitò per il distacco di una delle ali, fortunatamente senza procurare vittime in quanto l’equipaggio si salvò lanciandosi con il paracadute.

La Douglas alla fine del 1945 studiò anche l’eventuale possibilità di adattare il C-74A come velivolo civule lungo raggio ed oltre 100 passeggeri, designato DC-7, e la Pan American World Airways (Pan Am) ne ordinò 26 esemplari ma nel 1947 l’ordine fu cancellato. Non bisogna confondere questa versione con i futuri DC-7 civili che ottennero un buon successo di vendita in tutto il mondo, con 338 esemplari costruiti nelle diverse versioni (DC-7, -B e -C).

Intanto nel 1947 la forza aerea fu scorporata dall’Army Air Force e prese la denominazione di United States Air Force semplicemente conosciuta come USAF, ed i primi C-74A vennero assegnati alla Atlantic Division del MATS

L’aereo venne impiegato nel famoso “Ponte aereo di Berlino” dal giugno 1948 al maggio 1949, anche se in effetti il ruolo dell’aereo non ebbe grande impatto nelle massicce operazioni di rifornimento alla ex capitale tedesca, invasa dalle truppe sovietiche. Questo perché le infrastrutture degli aeroporti cittadini, quello centrale di Tempelhof e quello di Tegel, non erano in gradi di gestire un velivolo così pesante, ed i rifornimenti erano gestiti principalmente con aerei di minori dimensioni.

In seguito, il 25 ottobre 1949, gli aerei vennero trasferiti alla Continental Division che li impiegò nel giugno 1950 nella guerra tra la Corea del Nord e quella del Sud, conflitto che cessò il 27 luglio 1953.

Nel frattempo crescendo le esigenze dell’USAF di iavere aerei sempre più capienti, dal C-74A nacque il suo successore, il Douglas C-124 Globemaster II, un possente aereo a due ponti, il cui primo prototipo fu ricavato modificando il quinto C-74; questo velivolo ebbe un grande successo, e venne prodotto in 448 esemplari.

I C-124 hanno frequentato diverse volte anche il nostro aeroporto ed in modo particolare per trasportare i primi Fiat G.91, destinati alle prove di valutazione da parte dell’US Army, prove che si conclusero senza ordini da parte americana.

Con il termine del conflitto coreano, venne a mancare l’esigenza di rifornimenti massicci nell’aerea del Pacifico, ed i Globemaster I gradatamente furono radiati dal servizio ritornando negli Stati Uniti, mentre alcuni esemplari continueranno ad essere impiegati nella zona del Canale di Panama per contrastare operazioni illecite, come il contrabbando delle armi e della droga.

Gli ultimi C-74A vennero ritirati dal servizio attivo del MATS alla fine degli anni cinquanta, destinandoli alla demolizione.

Quattro di essi evitarono la mannaia e furono acquistati da società civili tra cui la Aeronaves of Panama che li impiegò all’inizio degli anni sessanta anche su due aeroporti italiani: Caselle e Malpensa, dove terminarono il loro venerato servizio.

La Aeronaves of Panama, nascita e tramonto

Nella primavera del 1959, iniziò così la nuova vita commerciale del grosso quadrimotore americano.

Prelevato dagli immensi depositi militari di aerei dismessi dalle forze armate statunitensi, il primo C-74A, serial 42-65408, fu immatricolato con marche civili americane N8199H (poi HP-367 di Panama), e preso in carico dalla Acro Gynamics che, con lo spelling si avvicinava alla società Akros Dynamics, e tempo dopo fu affiancato da altri due Globmaster I, con un quarto acquistato per il solo uso di fonte di parti di ricambio.

Il nuovo proprietario propose la vendita dell’aereo ad un operatore cubano, ma le autorità americane dell’US border, mangiata la foglia che qualcosa di poco chiaro si stava delineando dalla vendita, confiscarono all’aeroporto di Miami, in Florida tutti gli aerei, prima che potessero raggiungere clandestinamente l’isola da poco governata da Fidel Castro.

Nel 1962, tutti e quattro i velivoli vennero acquistati dalla Air Systems Incorporated e trasferiti all’aeroporto di Long Beach (dove erano stati a suo tempo costruiti), per essere ricondizionati.

Nel frattempo, la società riuscì a stipulare un contratto per trasportare dalla Danimarca all’Iran, un grosso quantitativo di bovini, che erano stati ordinati dallo Shah di Persia Mohammad Reza Pahlavi.

Per raggirare le ferree regole americane in fatto di velivoli con matricola civile statunitense, tre velivoli furono registrati a Panama con le matricole HP-367, HP-379, HP-385, mentre quello adibito come pezzi di ricambio rimase “americano”.

Il nuovo operatore fu la Aeronaves de Panama SA che, in realtà era una holding della Air Systems.

Due di essi (HP-367 e 379), furono quelli che effettuarono diversi voli anche dal nostro aeroporto di Caselle, caricando spesse volte anche animali di vario tipo in special modo bovini grazie al particolare montacarichi ventrale.

L’esemplare HP-379 fu il primo ad arrivare in Europa, all’aeroporto di Copenhagen, nel dicembre 1962, iniziando le attività commerciali un mese dopo, usando codici di volo degli Emirati Arabi Uniti (UAE), sempre per aggirare l’eventuale stop ai voli da parte americana; seguirono gli altri due nel marzo 1963, e nella parte anteriore dei velivoli venne riportata la scritta “Héracles”

All’inizio la base manutentiva fu quella dell’aeroporto danese, che però ebbe vita breve in quanto in seguito venne deciso di basare gli aerei sugli aeroporti di Torino Caselle e Milano Malpensa.

Non fu solo l’Iran ad accogliere i quadrimotori, ma la Aeronaves de Panama, stipulando ulteriori contratti, effettuò parecchie rotazioni attraverso l’Europa ed anche da Caselle caricando tra l’altro centinaia di bovini grazie alla sua capiente fusoliera ed alla facilità di carico.

Malauguratamente l’esemplare matricola HP-385, il 9 ottobre 1963, precipitò subito dopo il decollo dall’aeroporto di Marsiglia Marignane, con a bordo un carico destinato al Cairo, in Egitto, e purtroppo con la perdita dei sei membri dell’equipaggio; questo fu l’unico incidente con la perdita di vite umane.

Purtroppo l’incidente causò la perdita della licenza cargo da parte del governo Danese, impedendo di fatto il prosieguo delle operazioni da parte della compagnia aerea, sospensione dovuta anche al mancato saldo manutentivo in aggiunta delle spese aeroportuali in generale.

Fu così che entrambi i velivoli sopravvissuti vennero confiscati, uno da parte della Sagat di Caselle (HP-379) e l’altro dalla SEA di Malpensa (HP-367).

Presi alle strette lo staff della Air System, prossima al fallimento, con una scusa ed un rapido stratagemma, si involarono con il DC-7B della SATT (Società Aero Trasporti Torino) con destinazione Londra, dove si rifugiarono e di loro vennero perse le tracce.

Da quel momento più nessun Globemaster I solcò le vie del cielo ma uno di essi, l’esemplare fermo a Caselle, ebbe un momento di notorietà quando fu impiegato per le riprese del famoso film inglese “The Italian Job”.

L’aereo nel film “Un colpo all’italiana”

In una Torino dell’agosto 1968, deserta per la chiusura estiva delle grandi industrie, venne girato uno dei più famosi film che fece epoca, ed ancora oggi una pietra miliare della cinematografia dal titolo: “The Italian Job” tradotto inizialmente “Un colpo all’italiana”, pellicola ancora oggi proiettata nelle sale più famose ma anche sul piccolo schermo.

Nel film il tutto si svolse a seguito di una spettacolare rapina ad un convoglio portavalori nel centro di Torino, a cui fece seguito la rocambolesca fuga dei rapinatori su tre Austin Mini Cooper 5 inglesi che, misero a ferro e fuoco il capoluogo piemontese, con scene spericolate da mozzafiato. Il tutto naturalmente con il beneplacido delle istituzioni cittadine e della allora famosa Fiat.

Fu proprio l’avvocato Giovanni Agnelli che propose di sostituire le Mini con le sue Fiat 500 ma, il finanziatore del film Lord Harlem (ex ambasciatore inglese a Washimgton e fondatore della casa di produzione Htv, e grande amico dell’avvocato) declinò la proposta.

Il film, una mega produzione inglese, prodotto da Michael Deeley e come regista Peter Collins, aveva come protagonista Michael Caine, che interpretava il capo di una banda inglese Charlie Crocker, travestito come i suoi compagni da tifoso anglosassone per la partita di calcio Italia-Inghilterra. Tra gli interpreti anche due famosi attori italiani, Raf Vallone e Rossano Brazzi, affiancati da un bravo Benny Hill.

Ma per ché fu scelta la città di Torino e non altre località? Perché la città sabauda era tra le prime città al mondo che disponeva di un sistema semaforico computerizzato e la sceneggiatura prevedeva proprio che i gangsters mettano fuori uso il «computer» e gli impianti televisivi che regolano il traffico, per provocare un gigantesco ingorgo stradale, paralizzando così la città in modo da permettere alla banda di fuggire.

Durante le riprese la città subalpina fu protagonista di avvenimenti e scene incredibili attirando una moltitudine di spettatori che difficilmente rivedranno ancora qualcosa di simile anche perché oggigiorno non sarebbe più possibile.

Le tre Mini Cooper, vennero subito inseguite dalla forse di polizia, con scene girate sulla diga in cemento sul fiume Po nei pressi della Gran Madre, agli inseguimenti sui tetti degli stabilimenti Fiat come quelli del Lingotto e di Mirafiori, dove una Mini doveva saltare da un tetto all’altro senza precipitare. Scena che venne eseguita alla perfezione grazie alla bravura dello stuntman francese Remy Julienne.

Venne addirittura rilasciato il permesso di scendere con le auto, dallo scalone juvariano di Palazzo Madama, purché fosse rivestito da pannelli raffiguranti il finto marmo.

L’impresa narrata nel film consisteva nell’impadronirsi d’un furgone blindato con 4 milioni di dollari oro, arrivati a Torino dalla Cina per il pagamento di una grossa fornitura ad un’importantissima azienda automobilistica.

Naturalmente queste scene dell’arrivo della cospicua somma vennero girate proprio sui piazzali dell’aeroporto di Caselle dove venne utilizzato l’imponente aereo, ormai inutilizzato, C-74A Globemaster I e ridipinto nei colori di una fantomatica compagnia aerea cinese; nelle scene si vedeva attorniato da una moltitudine di mezzi della Polizia e di altre istituzioni, a difesa dell’oro. Unico attore presente, per ora, è Raf Vallone, ripreso a bordo di una Dino-Fiat nera colla quale seguiva a distanza il piccolo, ma sorvegliatissimo, convoglio dei valori.

Incidente nella demolizione

Parcheggiato in seguito per molti anni nel sedime aeroportuale, l’11 giugno 1970 ebbe un principio d’incendio, subito domato, e poi venne spostato verso il Malanghero, ancora con la sua livrea Cinese, che con il passare del tempo perse il suo vivace colore rosso..

Alla fine del luglio dello stesso anno, un’impresa di demolizioni milanese acquistò l’aereo ormai abbandonato e privo di ogni strumentazione per recuperarne la carcassa.

Tre operai della ditta cominciarono così la demolizione staccando per prima cosa dalla fusoliera i pianali di coda, per poi passare a tagliare a pezzi le ali per ricuperare i quattro motori a turboelica. Il 24 settembre, mentre gli operai per fare il lavoro si servivano della fiamma ossidrica alimentata da alcune bombole a gas, avvenne una esplosione in uno dei serbatoi alari con la perdita di due vite umane.

Nella cronaca del tempo così raccontò uno degli operai sopravvissuti: “ Mi trovavo dall’altra parte del velivolo, stavo segando la fusoliera, mentre il Vittone lavorava sotto l’ala sinistra e il Iacono era seduto a cavalcioni del motore. Entrambi avevano il cannello acceso, lì sentivo cantare. Poi c’è stata una violenta esplosione. Non mi sono reso subito conto di quanto poteva essere accaduto. Ho pensato che si fosse staccata un’ala e sono corso a vedere. Ho ancora davanti agli occhi l’orribile spettacolo: il Vittone era a terra, ardeva come una torcia, l’altro mio compagno era a venti metri di distanza ed era anche lui morto.”

Termina così la carriera dell’ultimo Globemaste I, che ricordano un aereo militare americano che, anche se per poco, è stato uno dei più grossi aerei da trasporto costruiti. Purtroppo nessun esemplare è sopravvissuto e visibitabile in qualche museo.

Un appello ai lettori: se qualcuno ha ulteriori notizie più dettagliate delle operazioni effettuate dai Globemaster e dalla Aeronaves de Panama a Caselle, preghiamo di contattare la redazione del giornale, ringraziando in anticipo.










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