C’è una storia che pochissimi conoscono, ma che lega con un filo invisibile Torino con l’Etiopia e con il rastafarianesimo giamaicano. È una storia che ha come protagonista una bellissima principessa etiope di nome Romane Worq. Era la figlia primogenita del Negus Hailè Selassiè, il Re dei Re, il Ras Tafari per i neri della Giamaica, che videro in lui il Messia liberatore che avrebbe riportato i figli degli schiavi nella loro Madre Africa. Era sposata con Merid Bayanè, comandante della resistenza etiope in prima linea contro i fascisti italiani che avevano occupato il suo paese con un’invasione feroce, che utilizzò in modo massiccio gas chimici e fucilazioni di massa. Poco prima della caduta di Addis Abeba, il Negus scelse l’esilio volontario in Inghilterra con buona parte della famiglia reale, ma la principessa decise di restare a combattere a fianco del marito. Nel 1937 Merid Bayanè venne catturato dagli italiani e fucilato e la principessa, che l’aveva seguito in battaglia, fu catturata, ferita al capo e ad una gamba mentre imbracciava ancora il fucile e sarebbe stata anche lei passata alle armi, se non fosse intervenuto un capitano italiano che le salvò la vita. Per ordine di Mussolini fu deportata insieme ai quattro figli maschi nel carcere dell’Asinara, dove Gideon, il più piccolo, morì ad appena due anni di età. Qualche tempo dopo, un sacerdote che era vissuto in Etiopia venne in visita al carcere e riconosciuta la principessa fece in modo che potesse abbandonare l’Asinara e raggiungere Torino. Qui venne accudita dalle suore missionarie della Consolata fino al 1940, quando morì ad appena 27 anni per tubercolosi. Fu sepolta in forma anonima e nel massimo riserbo in un loculo senza nome in un’area poco visibile del Cimitero Monumentale di Torino, nel sotterraneo della sesta ampliazione. La lapide portava semplicemente la scritta “A una mamma”. Nel 1944 morì anche il figlio Chetacceu, che venne sepolto accanto alla madre.
La prima volta che venni in contatto con questa storia fu negli anni Novanta, da un capitolo del libro “Torino, altre case raccontano”, di Renzo Rossotti, che tuttavia, basandosi su quanto aveva scritto la stampa cittadina nel 1970, in occasione della visita del Negus a Torino, riportava una versione completamente inesatta della storia. Per questo cominciai a sentire una sorta di debito morale verso la principessa del Melograno d’Oro (questo il significato del suo nome in lingua etiope). Per ricordare questa donna straordinaria caduta nell’oblio, ma anche per riflettere su uno dei momenti più bui della storia italiana, è nato il Romane Worq Days, una rete di eventi artistici e culturali autonomi, ma tutti quanti finalizzati a rendere omaggio alla principessa in occasione dell’ottantesimo anniversario della morte. Il programma è ricchissimo e comprende, oltre ad un mini album musicale, mostre virtuali, visite guidate al Cimitero Monumentale, performances e una mostra con alcuni dei più importanti pittori torinesi contemporanei. Tutti i dettagli sulla pagina facebook Romane Worq Days.