Davvero non so che dire in questo autunno del nostro scontento.
E poi: c’è ancora qualcosa che non sia già stato detto?
Faccio mie alcune parole di Anna Maria Brambilla, primario del pronto soccorso del “Sacco” di Milano, pubblicate sul Corriere della Sera qualche giorno fa e che dicono più e meglio di ogni altro dire:
«Questo virus crea un’enorme confusione; sta trasformando il nostro pianeta in una specie di gigantesca Torre di Babele. Gente che non crede che esista, gente che pensa che non verrà sfiorata, gente che evoca complotti di profittatori internazionali. L’unica cosa sicura è che niente tornerà come prima anche quando l’avremo sconfitto, quando avremo vinto questa specie di guerra mondiale. Perché lo è davvero una guerra, anche se molti continuano a non voler vedere».
Siamo attoniti, spaventati dall’idea di non riuscire a reggere il confronto con la seconda ondata di questa maledetta pandemia.
Lo spazio dedicato alle domande è riservabile ad una sola: perché?
E qui ci addentriamo in un campo minato, dove sotto la sabbia sono sepolte tutte le nostre miserie.
Siamo una nazione mediamente insofferente a leggi e norme – figurati quando queste sono restrittive…- in nome del libero arbitrio e della sovrana libertà individuale, portati a cercare accomodamenti, bypass e scorciatoie pur di far quadrare il cerchio e far risultare ciò che vogliamo sentirci dare e dire. Per cui, quando ci sposiamo con emanazioni non lapidarie, che prestano il fianco a possibili interpretazioni, dove il non detto trova spazi, ecco che l’ambiguità ci ammanta. Proprio non riusciamo a farne a meno. Troppo forte la tentazione di continuare a giocare con significante e significato, con interpretazioni mentali egoistiche a svantaggio della collettività.
È che sostanzialmente non abbiamo mai il coraggio di confessarci esattamente come stanno realmente le cose.
E come stanno realmente le cose? Medici e infermieri – sempre sotto organico e con i mezzi al limite… – hanno comunque imparato come affrontare la bestiaccia; le cure e le terapie sono più efficaci, tempestive e quindi la risposta al Covid è decisamente migliore che non a marzo scorso. Per il resto, dopo aver affermato che tutti nel mondo hanno avuto reazioni e comportamenti simili, dopo aver detto che nessun altro governo avrebbe saputo arginare in altro modo l’emergenza, corre l’obbligo di dire che la vera verità è che finora nessuno ha ancora capito fino in fondo come contrastare la pandemia. Ecco perché navighiamo a vista.
Ecco perché il cicaleggiare estivo, quando avremmo dovuto comportarci da sagge formichine, è stato sciagurato.
Mentalmente abbiamo preso a smobilitare, convinti che il peggio ormai fosse alle spalle. Non abbiamo voluto renderci conto che i numeri riprendevano a salire. E i piani approntati sono rimasti carta.
Ed ora siamo qua, con una contrapposizione stolida tra Stato centrale e Regioni, e affiora la totale pochezza di troppa nostra classe politica e dirigente.
E non è il caso di rinfacciare al governo che non dice nulla ma lo dice bene: quali le azioni alternative serie e praticabili, e non quelle dettate da sordidi giochi delle parti, giusto solo per buttare un po’ di benzina sul fuoco?
È la contrapposizione tra non morire di Covid e stroncare l’economia, o salvare l’economia e farsi sopraffare dalla pandemia il pantano da cui non sappiamo uscire. Il rischio è che per vederci garantito un piatto di lenticchie oggi, si spalanchi la porta ad una nuova Caporetto tra brevissimo. Senza avere una linea del Piave dove potersi arroccare. Per provare ancora a resistere un altro po’.