La torrefazione del caffè, una storia anche torinese

La storia di Caffè Alberto

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Una rete diffusa di drogherie e torrefazioni rinvenibili soprattutto in prossimità dei mercati rionali, assieme alla presenza di caffè storici e ad altre peculiarità, ha fatto sì che a Torino si radicasse una tradizione sia sulla produzione che sul consumo del caffè di alta qualità. La macchina del caffè espresso fu inventata dal signor Angelo Moriondo verso gli ultimi vent’anni dell’Ottocento, precisamente nel 1884. L’uomo in questione era il proprietario del Grand Hotel Ligure, situato a Torino proprio davanti alla stazione Porta Nuova. Dopo che egli ebbe contrassegnato l’invenzione con un brevetto, se un torinese desiderava sorseggiare un buon caffè espresso non aveva molta scelta: doveva prendere parte al buffet dell’Hotel Ligure oppure recarsi al chiosco in Piazza Carlo Felice, naturalmente sempre di proprietà del signor Moriondo. Prima del 1884 il caffè veniva fatto per infusione, con un principio simile a quello che ancor’oggi si ritrova nella preparazione del tè: si faceva bollire l’acqua, vi si immetteva all’interno del caffè macinato, dopo di che si lasciava decantare la polvere e il caffè poteva essere servito. Già prima della seconda guerra mondiale, a Torino, esisteva più di un’azienda che si occupava della produzione di macchine del caffè espresso e vi erano due marche rinomate ed eccellenti: una era la Vittoria Arduino e l’altra l’Augusta Taurinorum, la quale si contraddistingueva per la presenza di un bellissimo toro rampante sulla sommità della cupola.

La macchina torrefattrice

Questa interessante storia ce la narra con un orgoglio tutto torinese Corrado Alberto mentre, in una giornata autunnale, ci accompagna a visitare la sua torrefazione sita a Mappano in Strada Goretta. Durante il giro del laboratorio ci fa strada un aroma intenso di caffè, aroma che Corrado associa affettivamente al ricordo dell’odore che suo papà Alfredo si portava addosso quando tornava a casa dal lavoro.  Alfredo Alberto, classe 1925, arrivava per formazione da un settore completamente diverso, quello tessile, ma aveva sempre avuto in famiglia esempi legati al commercio, come la nonna. In un tempo precedente la seconda guerra mondiale la nonna era proprietaria di una drogheria a Torino, nella quale vendeva anche generi coloniali; attività che dovette purtroppo interrompere all’inizio del conflitto. Come perito tessile il padre di Corrado si era però impiegato in un’azienda del territorio, che era il “Cotonificio Valle Susa” e già intorno ai ventinove anni di età aveva raggiunto un’ottima posizione lavorativa. Un giorno lesse su un giornale un’inserzione commerciale riguardante la vendita di un’agenzia di “Casa d’origine”: si trattava di un’azienda che vendeva caffè crudo, spezie e cacao. Questa agenzia era vecchia di tre generazioni, quindi si portava dietro una lunga esperienza. Il padre rispose all’inserzione e decise pertanto di acquistare l’attività all’inizio degli Anni Sessanta. Vendeva caffè crudo alle torrefazioni, che all’epoca erano per lo più drogherie che lavoravano nel proprio circondario. Le drogherie, nel frattempo, dato che iniziavano gradualmente a trasformarsi nei primi supermercati, smettevano di svolgere l’attività di tostatura e a questo punto Alfredo Alberto, per continuare a servire alcuni clienti, decise di non vendere più la materia prima allo stato grezzo e iniziò a tostare il caffè. E fu così che ebbe inizio, nel 1961, l’attività di torrefazione.

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I miscelatori

Come ci spiega Corrado Alberto, negli anni alcuni macchinari hanno subito delle trasformazioni, mentre altri hanno continuato a essere utilizzati. Un macchinario al quale lui e il suo socio Valerio Anzola sono rimasti molto legati è la macchina torrefattrice. Si tratta di una macchina molto tradizionale, in ghisa e refrattario che, fornendo una distribuzione del calore molto omogenea, fa sì che il caffè venga tostato correttamente e che possieda quindi standard di qualità elevati. Essa tosta per convezione, il che vuol dire che il bruciatore scalda l’aria, questa entra, attraversa il caffè e lo tosta. Nella torrefazione Caffè Alberto ciascuna varietà viene tostata separatamente, così che ogni singola origine possa esprimersi al massimo delle sue potenzialità. La miscela interviene in un momento successivo.

Caffè verde da tostare

Il caffè crudo non ha profumo (l’odore è simile a quello di un legume secco) ma questo viene fuori dalla tostatura che, grazie a un processo chimico, fa sì che i precursori degli aromi diventino aromi. La straordinaria aromaticità del caffè che ognuno di noi conserva nel proprio immaginario olfattivo, in realtà, non è esattamente quella che si sprigiona quando lo tostiamo, perché questa cottura sviluppa un odore acre, di combustione. Ci vuole qualche giorno perché questo profumo di combustione svanisca e prenda posto l’aroma del caffè. Il profumo di caffè impresso nella memoria collettiva è legato al momento in cui lo si macina, dato che quando spacchiamo il chicco di caffè l’anidride carbonica ad alta pressione contenuta al suo interno esce, sprigionando l’aroma.

Due tipologie di caffè “presidio Slow Food” Alberto e Anzola, mostrando sensibilità sull’argomento dell’impatto ambientale, cercano nel loro piccolo di adottare una serie di comportamenti virtuosi. Stanno infatti facendo il possibile per mettere a punto una capsula per il sistema Nespresso compostabile e compatibile; i caffè che vendono sul loro sito, inoltre, sono impacchettati dentro sacchetti biodegradabili e biocompostabili. I due stanno infine tentando di instaurare una collaborazione con una rete di vivai per riciclare i sacchi di iuta dentro ai quali arrivano i carichi di caffè. Caffè Alberto tratta due prodotti presidio Slow Food: un caffè sudamericano proveniente dalle terre alte di Huehuetenango (Guatemala), e uno della foresta di Harenna, in Etiopia, al quale Alberto è particolarmente affezionato. Tra i caffè dell’Etiopia questo si distingue perché non viene coltivato in piantagione, ma raccolto allo stato spontaneo nelle foreste di Harenna e di Bale. Sono foreste nelle quali le piante di caffè crescono spontanee e la raccolta viene fatta andando giornalmente – nel periodo della maturazione delle drupe – nella foresta. Ha ancora un valore ulteriore perché lo si può quasi ricondurre al caffè originario, quindi a quello che la leggenda vuole essere stato il primo caffè scoperto per caso da un pastore; leggenda che al termine del giro, prima di congedarci, Corrado Alberto ci narra: “C’era una volta un pastore che pascolava delle capre. Egli si preoccupò quando vide che queste capre in certi momenti iniziavano a essere sovreccitate e correvano in maniera superiore rispetto al solito. Come per tutte le cose che un tempo non trovavano spiegazione nella scienza, vide una giustificazione al comportamento delle bestie nella magia o nell’intervento di forze oscure e maligne. Si recò così da un monaco che abitava nei paraggi e questi, osservando le capre, capì che il loro comportamento in realtà era dovuto ad alcune bacche che mangiavano e non a interventi di altra natura: si trattava infatti delle piante di caffè. Il monaco iniziò quindi a utilizzare le bacche crude e le foglie per preparare degli infusi e questi infusi aiutavano le persone a non addormentarsi durante le veglie di preghiera. Dopo di che la leggenda narra che un incendio bruciò un bosco nel quale si trovavano numerose piante di caffè e l’aroma che venne sprigionato in seguito all’incendio fu tale che, da quel momento in poi, si iniziò a tostare il caffè”.

Le Ragazze del Servizio Civile, Arianna e Maria Teresa

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