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venerdì, Aprile 19, 2024

    Bruno Picat Re ci ha lasciato

    È stato una delle nostre massime espressioni calcistiche

     

    È una mattina amarissima. Mente e dita sono sconnesse. Continuo a guardare fuori senza un perché, quasi cercassi di sfuggire a questo compito che sa di fiele.

    Devo scrivere di Bruno Picat Re, di come un mio amico fraterno non ci sia più. Le lacrime incespicano sulle parole e le parole non vogliono saperne di fluire come vorrei.
    Certo, a Bruno avevo e avevamo dovuto cominciare a rinunciare da tempo. Proprio qualche giorno fa un articolo del Corriere della Sera titolava: “ Bobby Charlton affetto da demenza senile, la malattia degli ex campioni inglesi: torna l’allarme sui colpi di testa”. Ecco, anche Bruno era afflitto da una sindrome frontale molto, molto probabilmente correlata alla sua attività di calciatore e di eccellente colpitore di testa: da anni ormai viveva in un altrove, fatto di ombre e privo ricordi. Lontano, sempre più lontano, incapace persino di riconoscere la più parte degli affetti cari. Poi, in ultimo, ci ha pensato il Covid a falciarlo, con un’entrata assassina.
    Per quei pochi che non sapessero chi è stato Bruno Picat Re diciamo che è stato uno dei figli eletti del “Pra dla Fera”. Il calcio per Bruno è sempre stato tutto. La gioia d’un gol?, meglio d’un regalo di Natale, fin da quando giocava al “Prato della Fiera” in quelle partite che nel periodo estivo duravano ininterrottamente dalle 9 del mattino alle 9 di sera. Ezio Quaranta lo portò al Cenisia, ma fu nelle giovanili del Toro che Bruno esplose come attaccante di razza. Avesse giocato in un’altra epoca sarebbe stato valutato tanti milioni di euro: il gol nel sangue, due piedi buoni e un colpo di testa eccellente, con una capacità non comune anche di svariare.
    Dovunque sia stato, Giovanni Bruno Picat Re – e sì, Giovanni era il suo primo nome e nel mondo del calcio e a sud del Po, così veniva chiamato – è ricordato, oltre che per il suo talento, per la generosità e per il fatto che la sua figurina “Panini” era una di quelle che non si trovavan mai.

    Col Cenisia Bruno stette poco perché il Toro lo volle e lì cominciò la sua notevole storia calcistica.
    Forte com’era, spesso lo mettevano a giocare come attaccante puro nelle categorie dei più grandi e ci vollero davvero poche stagioni per vederlo approdare in quella formazione che oggi è chiamata “Primavera”. In settimana era tra gli sparring del Torino del “paron” Rocco, di Gigi Meroni e il sogno stava per diventare realtà.
    Nell’anno in cui Bruno andò militare, per “farsi le ossa”, lo mandarono a Canelli e poi, nel campionato successivo, venne il primo ingaggio professionistico: mandato in prestito al Matera, in serie C, dove si mise in luce come grande realizzatore. In quella città dove appena arrivato aveva proferito “io qui non ci sto un giorno di più”, finì col rimanere e affezionarsi a quella gente che poi tanto diversa da lui proprio non era; quell’anno trovò anche Monica, quella donna meravigliosa che di lì a poco divenne l’amore e poi sua moglie, cardine della sua vita, e che gli dette due splendidi figli, Samanta e Sirio.


    Intanto però la carriera aveva preso a galoppare e se ne accorse il Livorno, che allora era in B e aveva nei ranghi giocatori come Martini e Badiani, che di lì a qualche anno avrebbero vinto lo scudetto con la Lazio di Maestrelli: Bruno dovette fare le valigie per migrare verso il calcio grande.
    Esordio in Coppa Italia contro il Pisa… Tra livornesi e pisani c’è qualcosa di più d’un odio atavico, per cui provate a immaginare che cosa successe a Giovanni Bruno Picat Re quando segnò il gol della vittoria sugli odiati rivali: santo e idolo subito. Fu un anno eccellente, soprattutto nella prima parte, quando ancora poco pesavano i viaggi che sistematicamente faceva per tornare a Matera la domenica sera. Non importava in quale città d’Italia si trovasse: lui doveva tornare da Monica.
    Di partita in partita la valutazione di Picat Re prese a lievitare, tanto da essere seconda solo a quella di Giacomo Libera, attaccante che finì all’Inter. Qualche società di A prese a interessarsi a lui, ma fu il Novara di Carlo Parola ad aggiudicarsi l’asta e a trasformare Bruno in quella che qualche anno fa avremmo definito “seconda punta”.

    Gli azzurri erano una formazione ambiziosa con un mastino come Udovicich in difesa e gente come Zaccarelli a centrocampo. Fu un anno notevole: Bruno segnava e faceva segnare, il sogno continuava. Segnò pure all’Olimpico contro la Lazio di Chinaglia e stette per un bel po’ a rimirare uno dei primi tabelloni luminosi che riportava “ marcatore – Picat Re”.
    In estate si fecero sotto decise Palermo e Napoli che giocavano in A, ma fu il Catania dell’estroso presidente Massimino a prendere Bruno: Massimino voleva tornare immediatamente in serie A aveva nei ranghi ex nazionali come Romano Fogli e tanti altri di caratura, e Picat Re era un’ennesima ciliegina. Purtroppo le cose non andarono come sperato e la A, dove Bruno avrebbe meritato di approdare, rimase una chimera: troppo intelligente, disincantato e troppo poco “leccaculo” con dirigenti e allenatori per arrivare in serie A? Probabilmente sì.

    Arrivò poi alla corte di Scoglio a Messina e poi a Lecce, dove ebbe la più grande delusione della sua vita: si fratturò un braccio a inizio stagione, cambiarono allenatore e lui finì nel dimenticatoio. Maturò anche l’idea di mollare tutto, ma il Matera si rifece sotto e Bruno tornò “ a casa”.
    Per capire quanto sia stato grande Bruno, bastava girare per le strade di Matera: anche a carriera finita impiegava almeno un paio d’ore a percorrere il corso, visto quanti lo fermavano anche solo per un saluto e per ricordare quella volta che… Poteva benissimo lasciare auto incustodita, chiavi nel cruscotto, autoradio in vista e nessuno, proprio nessuno si sarebbe azzardato a toccare qualcosa. Ricordo una volta che mi portò allo stadio. Si giocava un Matera – Bari. Riservato, schivo com’era, dopo aver pagato il biglietto, andammo a sistemarci defilati in curva, confusi in mezzo alla gente. Ad un certo appunto lo speaker annunciò che e da qualche parte nello stadio era presente “ il nostro capitano, Picat Re!” e si levò un applauso da pelle d’oca.
    Del resto Bruno aveva regalato più d’un sogno alla città lucana: era arrivato giovanissimo, aveva sposato una ragazza della città, c’era tornato per continuare la carriera da giocatore maturo, risultando ancor oggi il più prolifico attaccante della storia dei biancazzurri materani.
    Con la fascia al braccio da capitano, Bruno fu tra gli artefici della galoppata vincente che il Matera, in un campionato memorabile, fece per raggiungere una vetta mai e mai più toccata: la promozione in serie B. Per capire, andatevi a vedere su Youtube la giornata trionfale a Lucca col Matera vittorioso per 4 a 0 e Bruno segnare implacabilmente l’ultima rete, per capire cosa abbia voluto dire quell’evento per il riscatto della “ Città dei Sassi”.
    Ci fu ancora un campionato, ma avaro: una rete d’astuzia segnata al Verona, un match memorabile giocato a Genova contro la Sampdoria, dove Picat trovò modo di rifulgere persino nell’inusitato ruolo di “libero”, ma poi il primo tempo della sua vita così si chiuse, come sta scritto nel libro che Bruno voleva ultimare, prima che la sindrome frontale prendesse a ghermirlo e gli impedisse di continuare a scrivere.
    Però parlare di Bruno solo come valente calciatore è riduttivo: per l’uomo che è stato. I valori glieli aveva inculcati suo padre, Luigi: essere sempre poco incline ai compromessi, avere un’idea chiara su tutto; piedi ben piantati per terra, mai far pesare chi sei e chi sei stato, anche a costo di mostrar troppo riserbo e testardaggine.
    Il vento buono che ci ha accompagnato per quarant’anni a poco a poco ha cominciato spegnersi: qualche leggera amnesia progressivamente sempre più marcata e poi il buio dei pensieri a confonderlo, sino a perderlo.
    Gli ultimi anni sono stati un calvario. Quel corpo forte come una quercia sembrava rimpicciolirsi di pari passo con la sua capacità di ricordare e riconoscere. Era un dolore incommensurabile vederlo ridotto così, anche se ogni tanto qualche lampo di lucidità all’improvviso tornava. Non posso neppure immaginare lo strazio di Monica, il suo amore unico e grande, dei figli nel vederlo allontanarsi sempre di più.
    Strazio acuito nell’ultimo periodo nel non poter neppur stargli accanto, stringerlo e accarezzarlo, almeno ancora una volta.
    Ora Bruno non è più. È una stagione delle nostre vite che irrimediabilmente finisce.
    Il Covid, questo stramaledetto anno sono stati carnefici perfetti, hanno sparigliato in modo definitivo le carte lasciandoci solo lacrime.
    Lo so, è vero che abbiamo avuto la fortuna di avere Bruno accanto, che ora è un refolo buono a portarlo nel cielo che merita, ma è troppo forte il dolore per la sua perdita. Impossibile adesso farsene una ragione, dirgli davvero addio.

     

    Elis, Patrizia, Marco ed Elena si stringono a Monica, Samanta e Sirio in questo momento di atroce dolore e piangono Bruno, amico fraterno: uomo e campione grande, nel campo e nella vita

    2 Commenti

    1. Ho visto giocare Giovanni Picat Re nel Matera; avevo 15 anni quando quel Matera ando’ in serie B, ed ho visto per intero quel campionato allo stadio ‘XXI Settembre’ della mia città.
      Calciatore d’altri tempi, classe e tecnica calcistiche eccelse, giocatore raffinato che diede un enorme contributo a quella stagione esaltante, incredibile e irripetibile con la promozione in B e che formava una prima linea potente e devastante: Picat Re, Sassanelli,Aprile,Morello,Raffaele.
      Quella promozione in serie B restera’ impressa in modo indelebile nella mente di tutti i materani.
      Grazie Giovanni Picat Re per tutte le emozioni bellissime e intense che ci hai regalato.
      Condoglianze alla famiglia

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    Elis Calegari
    Elis Calegari
    Elis Calegari è nato a Caselle Torinese il 24 dicembre del 1952. Ha contribuito a fondare " Cose Nostre", firmandolo sin dal suo primo numero, nel marzo del '72, e, coronando un sogno, diventandone direttore responsabile nel novembre del 2004. Iscritto all' Ordine dei Giornalisti dal 1989, scrive di tennis e sport da sempre. Nel corso della sua carriera giornalistica, dopo essere stato collaboratore di prestigiose testate quali “Match Ball” e “Il Tennis Italiano”, ha creato e diretto “Nuovo Tennis” e “ 0/15 Tennis Magazine”, seguendo per più di un ventennio i più importanti appuntamenti del massimo circuito tennistico mondiale: Wimbledon, Roland Garros, il torneo di Montecarlo, le ATP Finals a Francoforte, svariati match di Coppa Davis, e gli Internazionali d'Italia per molte edizioni. “ Nuovo Tennis” e la collaborazione con altra testate gli hanno offerto la possibilità di intervistare e conoscere in modo esclusivo molti dei più grandi tennisti della storia e parecchi campioni olimpionici azzurri. È tra gli autori di due fortunati libri: “ Un marciapiede per Torino” e “Il Tennis”.

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