Per OM, ovvero Sergio Omedè, è stato pubblicato un bellissimo volume ( Tipolitoeuropa, Cuneo ) legato anche alla mostra organizzata dalla Fondazione Peano di Cuneo. Curatore Ivana Mulatero che amplia il proprio orizzonte riprendendo testi di M. T. Barolo e che avvia il discorso, lungo e appassionato, dall’anno 1984 citando un’umanità stralunata, analizzando il mondo borghese in chiave grottesca e giungendo infine alla metafora per il volo del pensiero.
Quindi l’accenno a figure che “perdono o acquisiscono altre identità, altre forme“.
Le ultime pagine della raffinata pubblicazione sono state dedicate da Clizia Orlando alla Biografia di Sergio partendo dall’infanzia dello scultore che trascorre ore – e giorni – nella bottega di Ercole l’intagliatore, che vive in un mondo di adulti e realizza anche un presepio fatto di segatura, senza le costose statuine, ma con le dune e un grande deserto.
Dopo aver conosciuto il paesaggio della Puglia e vissuto “l’intensità del barocco meridionale riflesso nelle facciate di palazzi e di chiese”, Sergio frequenta l’Accademia Albertina sotto la guida di Sandro Cherchi, studiando altresì le sculture africana, inca, atzeca, per presentarsi alla prima Personale commentata da Renzo Guasco.
Si susseguono così mostre, inviti a importanti rassegne, committenze dalle opere per Castagneto Carducci ( Cantina Gala, 2002 ), per Savigliano ( monumento all’Emigrante ), Asti ( la Rotonda evocante un racconto antico, “De Historia” ), Barbaresco.
Giunge il momento di progettare un nuovo atelier: ecco il riadattamento della casa natale nel cui spazio esterno trovano felice collocazione le sculture in vetroresina.
La pubblicazione si apre con opere di carattere figurativo quali L’uomo nel tombino, il Ritratto del Falegname, Sottile 15, Nera; successivamente la figura scompare e si trasforma con la commossa Morte del figlio – laica Pietà – La gamba destra ( legno giocato sulle cromìe dei neri e degli ocra ), il Nido ( 1998 ) con un volto pseudo-futurista dimezzato e coronato dal nido.
Argo 1 e 2 e la Morte di Ulisse sono opere a metà modellate e a metà assemblaggio polimaterico, colorate ed emergenti da un mondo bilanciato fra il fantastico e il surreale.
Si volta pagina con Gulliver, immagine deforme con un omino che fuoriesce dalle carni, scultura che ci pare di poter paragonare al Dottor X e un suo paziente; quindi Quercia per Martin, dalla doppia, sovrapposta testa e Nascita dello zio, preceduta dal disegno preparatorio condotto con segno continuo e lieve.
Cade nel 2020 l’ampia mostra accolta nella Sala Ipogea della Fondazione Peano, che già abbiamo avuto modo di citare e che accoglie la sezione lignea, bassorilievi e cartoni.
La pubblicazione è dunque da considerarsi omaggio a uno scultore impegnato, talvolta schivo per temperamento, che lavora con convinzione, senza risparmiare la fatica e che crede in un proprio mondo gelosamente custodito.