“La visibilità divenne nulla, come ciechi i marciatori continuarono a camminare affondando fino al ginocchio, piangendo, ad ogni notte ciascuno credeva di morire di sfinimento sulla neve, qualcuno veramente s’abbatteva e veniva ingoiato dalla mostruosa nemica…”
Caro Direttore, questo un passaggio di “Centomila gavette di ghiaccio”, il famoso libro di Giulio Bedeschi che tratta la ritirata degli Alpini dalla Russia.
Ho riletto questi passaggi quando si è avuta la triste notizia del raggiungimento dei centomila morti di Covid.
Sarà forse per il mio servizio negli Alpini, sarà forse per l’assonanza dei numeri che ho collegato i morti della “campagna Covid 2020-2021” con i morti di quella terribile guerra.
Dei morti di allora mancano ancora oggi molti nomi e molti volti, di quelli di oggi i dati li abbiamo, ma ci accomuna la tristezza, l’amarezza, lo sconcerto di uno scempio così grande, così devastante.
Ancora una volta, caro Direttore, mi sono messo alla tastiera per ragionare, per ragionare su quante parole si dicono prima, durante e dopo fatti del genere, senza mai pensare realmente che dietro a quei numeri, centomila, si celano uomini e donne, giovani e meno giovani, quelle persone che fino al giorno prima noi vedevamo per strada, che salutavamo, che trovavamo al chiosco dell’acqua o a fare spesa. Ed è così che ho pensato di omaggiare la memoria dei tanti “nostri morti”. Già perché, a differenza della prima ondata pandemica, dove di casellesi deceduti forse non ve n’erano, con la seconda, eccome se ne abbiamo contati. Chi di noi casellesi non ne conosce almeno uno? Possiamo dimenticare quando in parrocchia don Claudio celebrava tre, anche quattro funerali al giorno?.
Se si potesse vorrei citare nomi e cognomi di ognuno di loro, vorrei pubblicare una foto. Sì perché immagino i loro sorrisi celati dietro allo scatto. Caselle ha perso una risorsa importantissima: quella del ricordo, della memoria storica del lavoro, la memoria di una generazione del fare e del “muovere le mani”. La generazione che ha contribuito a ricostruire l’Italia dopo lo sfascio della guerra.
Vedo queste nonne e nonni che non ci sono più, con i loro nipotini, me li vedo armeggiare a riparare un giocattolo, ad attenderli chiacchierando davanti alla scuola, ad accompagnarli a casa carichi dei loro zaini.
Me li vedo fornire i migliori consigli ai loro figli, e me li vedo in coda in qualche ufficio o ambulatorio medico, per aiutare la famiglia.
Me li vedo purtroppo, nel loro letto di ospedale soli, senza il conforto di una persona amata vicino: soli. Questa la parte più terribile dell’odissea Covid. Quanta sofferenza!
Abbiamo perso grandi risorse.
Chi di noi leggendo queste mie righe, non vede scorrere nei suoi occhi la realtà di quanto ti sto raccontando…
Tutto ciò per ricordare a tutti noi casellesi, questi tanti concittadini persi in una battaglia contro un nemico subdolo e invisibile.
Verso i defunti il nostro deferente inchino, a tutte le famiglie la nostra vicinanza, morale, umana e cristiana per coloro che credono.
Ma la battaglia la vinceremo. Io resto certo e fiducioso. Non ci dobbiamo fermare e non ci fermeremo. Mai. Come hanno fatto gli Alpini.
Centomila
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Ciao Mauro hai toccato un tasto dolente tanti troppi sono inostrinonni che come dicono gli alpini sono andati avanti spesso senza i loro cari anke al funerale perché in quarantena.Il covid ci ha reso tutti più poveri spiritualmente ci sta lasciando senza memoria.