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Comune di Caselle Torinese
mercoledì, Dicembre 4, 2024

    San Maurizio Canavese, luogo antico e salubre, volto a mezzogiorno

    Così l'Intendente Sicco, nel 1753, definiva il comune a noi vicino

     

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    Con questo mese concludiamo la descrizione dei paesi confinanti con Caselle come vennero visti dall’Intendente Sicco durante la sua ispezione della provincia torinese nel 1753.
    Anche in questa relazione, ricca di puntuali osservazioni e richiami sulla gestione comunale, si vede come il controllo del governo centrale sulle amministrazioni locali attraverso i loro intendenti, pur nella loro autonomia, era molto serrato.
    Lo stato sabaudo era organizzato in province, ognuna delle quali aveva un suo intendente, che tra i suoi compiti aveva anche quello di relazionare regolarmente all’amministrazione centrale il territorio della sua giurisdizione dal punto di vista economico e sociale.
    Come intendente della Provincia di Torino il 17 gennaio 1750 venne nominato Gian Antonio Sicco, conte di Ovrano, che, a seguito delle sue ispezioni in tutti i Comuni, redasse nel 1753 la “Relazione distinta istorica e generale di tutte le Città, Terre, e Luoghi della Provincia di Torino”.
    Come già detto questo documento manoscritto è sicuramente una delle più complete ed approfondite relazioni ufficiali dell’epoca, ricche di dati sulla demografia, sull’economia, sull’ambiente e sulla amministrazione locale sia civile che religiosa, ai cui spesso l’intendente accompagnava le sue osservazioni e richiami alle autorità locali (per approfondimenti, vedi il mio articolo pubblicato su “Cose Nostre” nel novembre 2014).
    Come negli articoli scorsi, per una migliore e più facile lettura, la relazione viene in parte riscritta in forma più moderna, accompagnata tra parentesi da alcune mie annotazioni di chiarimento; purtroppo vista la sua lunghezza non viene riportata integralmente, ma alcune parti sono state riassunte.

    Il paese
    Come sempre l’Intendente inizia la sua relazione con una breve descrizione del luogo, in cui il Sicco si dilunga dando alcune precise indicazioni utili per ricostruire il paese settecentesco dal punto di vista urbanistico: “Distante da Torino sette miglia, questo luogo che ha preso la sua denominazione dal santo titolare, si ritrova situato in pianura e gode d’un clima ragionevolmente salubre per essere esposto nella maggior parte verso levante, e mezzo giorno. Passa per un luogo ben antico, a forma di recinto (la parola recinto intende una forma compatta e ben definita nel suo perimetro, ndr), chiuso da due porte, una verso mattina, e l’altra verso sera, ambedue non più di servizio poste a dirimpetto l’una all’altra. Sopra queste vi sono due antiche torri sebbene poco elevate, nelle quali si trovano, nella prima l’orologio della Comunità, e nell’altra quattro campane anch’esse della medesima, osservandosi sopra ognuna d’esse dipinte, d’una pittura ben antica, lo stemma della Real Casa di Savoia (anche se non più utilizzate per chiudere l’abitato, a metà Settecento esistevano ancora le due torri d’ingresso del paese, poste sull’attuale via centrale che attraversa il paese, una verso Torino, e una verso Ciriè, ndr).
    L’Intendente continua con il notare che si riconosce benissimo, che anticamente detto paese era tutto circondato di muraglie, oggi quasi completamente distrutte. Nella contrada maestra dello stesso luogo esistono ancora i porticati da una parte e dall’altra, per lo più d’un ordinaria antichissima costruzione che minacciano in vari posti rovina, e “dalla situazion loro vien pur angustiata di molto detta contrada” (oggi i portici sono solo su un lato della strada, evidentemente per allargare la strada troppo stretta vennero in seguito demoliti quelli dall’altro lato, ndr).
    Al di fuori d’esse due porte, e subito in successiva attinenza delle stesse, esistono molti caseggiati di qua, e di la delle due strade pubbliche, che formano un borgo per parte, denominato uno il Borgo di S. Rocco (verso Torino), ed l’altro il Borgo di S. Giorgio (verso Ciriè).
    Oltre queste, lontano da detto “Recinto” un mezzo miglio, si trova una Borgata denominata del Malanghero, e altre diverse abitazioni, sebbene disperse, che si denominano le Cassine della Ceretta.

    Capi di casa e qualità d’essi
    Tra il suddetto Recinto, Borghi, Borgata, ed abitanti sopraddetti, compresi anche qualche altro cascinale del territorio, vi sono circa 530 “Capi di Casa” (famiglie), e comparativamente gli uni agli altri, secondo la qualità del paese, se ne possono considerare da 35 a 40 per “comodi” (benestanti), 150 per “meno comodi”, e i restanti più o meno poveri (le restanti 340 famiglie, rappresentanti circa il 64% della popolazione). L’Intendente in merito alla condizione sociale della popolazione, rileva anche che i maggiori proprietari terrieri sono torinesi.

    Chiesa parrocchiale
    L’antica chiesa Parrocchiale, sotto il titolo di S. Maurizio col suo cimitero attinente esiste fuori di detto recinto in distanza di circa trenta trabucchi (circa 100 metri) nella Regione detta di Via Vecchia.
    Parallelamente a quanto successe a Borgaro, anche qui troviamo l’antica chiesa romanica che ad un certo punto nel medioevo, con la realizzazione del ricetto fortificato, si trovò fuori delle mura e gradatamente perse la sua utilità, sostituita da una nuova chiesa realizzata all’interno del nuovo paese, e così il Sicco, nelle frasi successive, descrive l’abbandono della chiesa parrocchiale ufficiale dall’uso quotidiano.
    Non conservasi ordinariamente il “Venerabile” in questo sito parrocchiale, che bensì si conserva di continuo nell’altra chiesa frequentata, che si chiama la Chiesa Nova, e resta situata nel centro d’esso luogo, dove per comodo del pubblico si fanno tutte le funzioni, e resta pur essa chiesa nova dedicata a S. Maurizio titolare del luogo.”

    Confraternite
    Tal chiesa nova si dice che è propria della Comunità e delle due Compagnie ivi erette, cioè una del Corpus Domini, e l’altra di Santa Croce, i cui confratelli vestono l’abito bianco, mentre le consorelle durante le processioni portano l’abito di tela rara cruda.

    Parroco e reddito della Parrocchia
    Il Parroco attuale, col titolo di Pievano, è il Don Giuseppe Bò, patrizio, che è stato nominato dal Marchese Feudatario. Si pretende però che la nomina di detto Parroco per due terzi spetti alla Comunità medesima, ma per altro l’attuale possesso di nominarlo spetta al Feudatario.
    Il reddito di questa Parrochiale si calcola in L. 750 l’anno, di cui lire 300 si ricavano da una Cascina che possiede in parte sul presente territorio, ed in parte sulla Vauda di S. Maurizio (ora San Francesco al Campo, ndr) di trenta giornate del tutto immune da imposte.

    Ecclesiastici
    Il Pievano ha alle sue dipendenze un Vice Curato, a cui somministra “la cibaria”, e corrisponde un’annualità di lire 60, oltre poi quanto il medesimo ricava dalla colletta delle granaglie e vino come spontaneamente gli vengono dati dai Parrocchiani, e attualmente il Vice Curato è Don Giovanni Francesco Vacha di Cuorgnè.
    Il maestro di scuola dalla Comunità eletto e debitamente ammesso dalla Regia Università, è Don Francesco Guidobono di Castelnuovo Bormida.
    Gli altri sacerdoti ecclesiastici del luogo sono: Don Domenico Rudelono, Don Domenico Bò, Don Francesco Bal, Don Giovanni Battista Costa, Don Francesco Chianale, Don Bartolomeo Giorsa, Don Giovanni Martino Borione, oltre a quattro Chierici nativi del luogo.

    Conventi
    Esiste pure sul territorio, in distanza dal Recinto del luogo verso Torino d’un ottavo di miglio, il convento dei Padri Osservanti riformati di S. Francesco quali tengono in attinenza d’esso Convento la loro Chiesa con la facciata rivolta al mattino, qual è dedicata alla Madonna delle Grazie, e per l’ordinario vi risiedono in detto Convento 12 sacerdoti, 8 laici, un terziario, ed un servo (oggi l’antico convento è sede del Presidio Ospedaliero Fatebenefratelli, ndr).
    Nello stesso convento detti Padri tengono una fabbrica di panni per uso di tutti i conversi situati nel Canavese, e viene detta fabbrica sostenuta dai laici, che sono di famiglia nel Convento suddetto (gli stessi Padri nel Comune di Caselle, nella vicina frazione ora denominata Grangiotti, possiedono anche un follone da panni mosso da una ruota idraulica, ndr).

    Cappelle
    Si rapportano qui sotto le seguenti Capelle del luogo:
    – La Capella dedicata allo Spirito Santo contigua inferiormente alla Porta superiore del luogo propria della Comunità.
    – Altra sotto il titolo di S. Rocco situata nel Borgo inferiore, anche propria della Comunità.
    – Altra dedicata alla Vergine Santissima, che si dice la Capella della Strada, posta nella Regione della Strada, ed anche propria della Comunità.
    – Altra sotto il titolo di S. Barnaba, posta alla cascina del Sig. Bertalozone nella Regione del Pieje.
    – Altra sotto il titolo della Madonna di Loreto nella Regione della Ceretta propria, et ad uso degli abitanti alle Cassine della Ceretta.
    – Altra sotto il titolo di S. Bernardo, esistente nella Cascina propria del Sig. mercante torinese Giovanni Battista Moris (oggi scomparsa).
    – Altra sotto il titolo di S. Giacomo, posta nella Regione delle Rivete, qual è propria dei consorti Brunero.
    – Altra sotto il titolo della Madonna del Carmine nella Regione detta “delli Sorti” , propria dei Signori Damiano di Torino (oggi conosciuto come borgata Colombretto).
    – Altra sotto il titolo di S. Michele poco distante dal Borgo inferiore, propria del Sig. mercante da seta Viarana (annessa alla villa Viarana), che è costruita in guisa d’una piccola chiesa a moderno disegno, ed ha la sua facciata verso la strada pubblica.
    – Altra sotto il titolo di Maria Vergine, detta la Madonna del Salice.
    – Altra sotto il titolo di S. Giulio situata nella borgata del Malanghero propria degli abitanti.
    – Altra infine sotto il titolo di Santa Lucia in vicinanza del Malanghero, e propria dei suoi abitanti.

    – Feudo
    Il Feudatario del luogo è il Marchese di Ciriè Alessandro Doria del Maro, come una delle terre del suo Mandamento, che tiene con la solidaria giurisdizione, e titolo Marchionale, venendo questo composto dei luoghi di Ciriè, Vauda di Ciriè (ora San Carlo), Nole, S. Maurizio e Vauda di S. Maurizio avendo per tutti questi luoghi in dipendenza del Regio Editto 9 Maggio 1742, e detto Marchese ha la sua residenza in Torino.

    Abitanti
    Il Giudice di questo Mandamento, residente a Ciriè, è l’Avvocato Giovanni Pietro Traggia torinese, che ha per suo luogotenente in San Maurizio il Notaio Giuseppe Antonio Destefanis che è anche Segretario della Comunità di Vauda di S. Maurizio.
    Segretario del Tribunale per S. Maurizio il Notaio Giovanni Antonio Assalto nativo del luogo.
    Vi abita anche l’Avvocato Amedeo Bò, e vi sono pure residenti tre medici, che sono il Sig. Agostino Rolle nativo, il Sig. Giuseppe Taone di Bollena contado di Nizza, ed il Sig. Giovanni Batta Forneri di Pertusio.
    Si ritrovano poi quattro notai piazzati, cioè li Sig.ri Antonio Maria Reggia, Domenico Bonino, Giovanni Batta Friolo, e Gaspare Andrea Bonino, il primo di Perletto, Provincia d’Alba, e anche Segretario della Comunità, e gli altri tre nativi del luogo.
    Due sono gli speziali piazzati (farmacisti) che si chiamano Pietro Antonio Friolo, e Ludovico Peirani. Cerusico approvato (termine con cui per molti secoli si indicò il chirurgo) è Giovanni Battista Mirano.
    Vi sono due flebotomisti (così detti i medici che eseguivano i salassi), cioè Domenico Ghiglio e Giovanni Battista Assalto nativi.
    Tre misuratori piazzati (geometri), che si chiamano Giovanni Battista Cane, Giuseppe Antonio Bosio e Giuseppe Cavora, tutti nativi.
    Gli abitanti, oltre li souvradetti, attendono ai lavori della campagna, ed solo alcuni fanno commercio in granaglie.

    Mercati, Commercio
    Non si fanno né fiere, né mercati, anche se la Comunità sia legittimamente investita di fare la fiera il 3 e 4 novembre di cadun anno, ed il mercato al giovedì di ogni settimana; poco, o nessun commercio si ritrova sul luogo.

    Mulini e manifatture
    Tre sono i Mulini azionati da cinque ruote idrauliche in tutto, che spettano tutti al predetto Marchese Feudatario.
    Gli edifici idraulici sono tre Piste da Canapa e tre Segherie, che utilizzano l’acqua della Bealera dei Molini.
    Le manifatture consistono in cinque Filature di Cocheti (bozzoli del baco da seta) che tra tutte hanno n° 120 fornelletti (la filatura era l’edificio destinato alla prima lavorazione del filo da seta detta trattura, che partendo dal bozzolo ricavava la matassa del filo grezzo; i macchinari utilizzati erano dei telai in legno che da un lato avevano un arcolaio verticale per l’avvolgimento della seta, e dall’altra parte i cosiddetti “fornelletti”, che erano delle bacinelle piene di acqua, riscaldate dal fuoco sottostante, in cui venivano immersi i bozzoli per facilitare lo scioglimento del collante del bozzolo per lo svolgimento dello stesso).

    Consiglio e amministrazione comunale
    Il Consiglio della Comunità di questo luogo è composto di sette soggetti, cioè d’un Sindaco, e sei Consiglieri.
    A questo punto il Sicco elenca 26 nomi di persone capaci per essere ammessi al Consiglio specificando che i più considerati del luogo erano: Avvocato Amedeo Bò, Domenico Cane, Giovanni Battista Cane, Bernardo Didier, Ludovico Pejrani e Carlo Costa.
    Gli affari della Comunità restano ad oggi competentemente amministrati.

    Casa Comunale e Archivio
    La Comunità ha una casa propria, che per altro non è agibile, perciò la medesima è in trattativa per comprarne una dalla vedova Feroglio, e siccome su tale progetto ci sono delle opposizioni per parte di alcuni dei migliori Registranti (proprietari paganti imposte), si è dato incarico all’ing. Rocha di trasferirsi sul posto per visitare sia la casa attuale della Comunità, che l’altra in trattativa, per dare un suo giudizio ragionato su quale sia la soluzione più vantaggiosa, riservandosi l’Ufficio (quello dell’intendente) di opportunamente provvedersi.
    L’Archivio delle scritture di Comunità consiste in due guardarobe riposte nella Casa Comune preaccennata, entrambe a due portine con doppia serratura e due chiavi differenti caduna, tenute una dal Sindaco pro tempore, e l’altra dal Segretario della Comunità , e sebbene siano queste ripiene di scritture, si ritrovano però in ordine confuso ed irregolare, senza il dovuto Inventario, e senza il Registro delle Ricevute.
    Nelle sue ispezioni l’Intendente riponeva particolare cura nel controllo degli archivi, considerato fondamentale per la corretta gestione e verificava anche che ci fosse sempre la doppia chiave degli armadi, in modo che i documenti potessero essere presi solo alla presenza di almeno due persone. In questo caso avendo ritrovato l’archivio in disordine, il Sicco ha ordinato all’amministrazione di riordinare le scritture, redigere l’inventario e provvede il libro delle Ricevute in cui si registrino i documenti che vengono prelevati e restituiti, il tutto nel modo e forma che prescrivevano le Regie Istruzioni.

    Congregazione di Carità e ospedale
    La congregazione di Carità si sostiene con le solite collette che si fanno di tanto in tanto per il sostentamento dei bisognosi. Nella casa di proprietà ha sede l’ospedale per il ricovero dei poveri ammalati come previsto dagli obblighi inseriti nel lascito del 8 febbraio 1726 del fu Capitano Giuseppe Pastoris (nel suo testamento il Pastoris donò un fabbricato e una rendita proprio per l’istituzione di un ospedale, oggi è sede della Casa di Cura Villa Turina Amione, ndr) .

    – Qualità del territorio
    La maggior parte di questo territorio si trova composto d’un terreno molto sassoso e freddo, come si può osservare dalla grande quantità delle pietre, che si “cavano” e si gettano sulle ripe e sulle strade, onde non può esser che di poco frutto, quale può dirsi per lo più prodotto a forza del letame, benchè nel luogo non si ha tutta quella quantità di bestiame che sarebbe necessario per produrre letame sufficiente alla concimazione dei terreni.
    Nei prati non si raccoglie troppa “fenaglia”, nonostante la maggior parte d’essi godano del beneficio dell’acqua d’irrigazione, perché nei tempi estivi, e di siccità restano le bealere con poca acqua.
    Non potendosi a questo porre rimedio ai contadini non resta altro che far pascolare i loro bestiami una parte dell’anno sopra i beni comuni, che in parte producono qualche bosco ceduo necessario all’uso della popolazione.

    Bealera e torrenti
    Vi sono due bealere proprie della Comunità con concessioni rapportate dai Reali Sovrani, e sono quelle derivanti dal Fiume Stura, e servono le loro acque ad uso dei Mulini, ed edifici sopraddetti, come altresì all’irrigazione dei prati del territorio, senza però alcun ordine, ne regole di distribuzione.
    Dalla parte di mezzo giorno, e sera questo territorio viene per un piccolo tratto intersecato dalla corrente del Fiume Stura, che non tralascia di arrecare soventi corrosioni ai beni comuni ed a quelli dei privati.
    Esiste pure il Torrente Baglione (che confluisce poi nel torrente Banna), che serve da confine coi territori della Vauda di S. Maurizio.

    Strade
    L’Intendente conclude sempre l’ispezione con la visita delle strade pubbliche dando gli oppurtuni ordini per la loro riparazione, ed in particolare per la “contrada maestra” che così descrive: “.. e veduta la contrada maestra del luogo in cattivo stato per esser mancante a più parti di sternito, si è ordinato sul campo il raccomodo colla riforma di detto sternito e la formazione d’una cunetta regolare per il libero corso dell’acqua, che si fa transitar per essa (nella via centrale passava anche l’acqua della bealera), a sicurezza del transito dei passeggeri.

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