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giovedì, Gennaio 16, 2025

    L’Opera jocunda compie 500 anni

     

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    Gian Giorgio Allione d’Asti, visse tra il 1460 e il 1521. Di lui abbiamo pochissime notizie.

    Fu drammaturgo, poeta e autore di componimenti in piemontese, in francese e in latino macaronico.

    La sua produzione letteraria è riunita nell’Opera jocunda, stampata dall’astigiano Francesco de Silva nel 1521 e poi ristampata nel 1560; 1601;1628; 1864; 1953.

    L’Opera è composta dalle seguenti parti:

    • Prologo in piemontese
    • 1 Macarronea in latino maccheronico
    • 10 Farse in piemontese
    • 6 Poemi in piemontese
    • 18 Poemi in francese
    • 1 poema in fiammingo

    Il piemontese dell’Opera è molto arcaico rispetto al piemontese di oggi ed è un documento di importanza straordinaria per la storia linguistica del Piemonte.

    La Macarronea non manca di un certo interesse per la presenza, in forma latinizzata, di numerosi vocaboli piemontesi, per lo più ancora vivi, come: arrancare (ranché strappare), asgayrare (sgairé sprecare), baricolis (barìcole occhiali), cabialem (cabial o cavial attrezzi di campagna e bestiame), cavagneto (cavagnet piccolo cestino), celoyra (slòira aratro), copizum (cupiss nuca), groglia (greuja guscio dell’uovo), sacagnando (sacagné scuotere), sbarruare (sbarué spaventare), scrossire (scrussì scricchiolare), soenzum (soens sovente), taconare (taconé rappezzare), travondere (traonde trangugiare), e molti altri.

    Tali vocaboli non sono ricorrenti in epoca antica in zona pedemontana e il loro impiego nella Macarronea reca una pregevole testimonianza.

    Le 10 Farse, in dialetto astigiano, sono il primo esempio di teatro piemontese.

    Tra queste merita ricordare la “Comedia de l’homo e de soi cinque sentimenti”: apologo nel quale si dimostra che tutti i sentimenti (i sensi: occhi, naso, bocca, mani, piedi) che risiedono nell’homo sono egualmente importanti.

    Mentre  l’homo sta ringraziando i suoi sentimenti per le importanti funzioni che essi svolgono, ode una vocina proveniente dal ‘fondo’ che rivendica l’essenzialità anche della sua funzione.

    È il cul che, avendo sentito eugl, nas, buca, man e pe vantarsi con l’homo di ciò che possono fare per lui e rendergli così più gradevole la vita, difende i suoi meriti e avanza le sue pretese. Dopo aver proclamato uno sciopero, assai pericoloso per la sopravvivenza de l’homo, il cul si vede riconosciuta, con tanto di sentenza giuridica, dignità di sentiment.

    L’argomento è esposto nell’ “Introito”:

    “Or, bona gent, l’om fo tantà

    dal cul pr’esse açeptà do numer,

    ma vist ch’i çinq volso presumer

    de rebuterlo pr’un moizon

    e alman de dergle un scopazon,

    o se tiré l’injurià al peg

    per mod c’l’andé, per bel despeg,

    sarrer col us, o sia fenestra,

    derrer, per la qual se va a extra,

    tant c’l’òm fu a privo de s-ciater,

    sì ch’el fu fòrza, al long ander,

    ch’anter lor tug s’umiliasso

    an ver del cul, e gli accordasso

    la soa domanda, e ch’o tornas

    obrígle col dit us da bas.”

     

     

     

     

     

     

     

     

    Traduzione:

    Ora, buona gente, l’uomo fu richiesto
    dal culo di essere accettato nel numero [dei sensi],
    ma visto che i cinque vollero presumere
    di respingerlo come sciocco
    e almeno di dargli uno scapaccione,
    si tirò l’ingiuriato al peggio,
    per modo che andò, per bel dispetto,
    a chiudere quell’uscio, ossia finestra
    dietro, per la quale si va fuori [di casa],
    tanto che l’uomo fu in pericolo di schiattare,
    sicché fu necessario, a lungo andare,
    che fra di loro tutti si umiliassero
    verso il culo, e gli accordassero
    la sua domanda, e che egli tornasse
    ad aprirgli quel detto uscio dabbasso.

    All’inizio della Comedia,  l’homo discute con i sentimenti sui benefici che questi gli portano e su come lui si prenderà cura di loro. Quando è il turno del naso,  l’homo promette che lo proteggerà con un cornetto o con un cappuccio per non fargli prendere freddo, o, meglio, che non sia toccato dalla bisa(venticello freddo) e dalla galaverna (brina).

    “Naas: E my, vostr naas?

    L’hom: Ve fareu haveyr

    Bela corneta o un scapuzin,

    a ciò c’la bis per camin

    o garaverna ne ve tocha.”

     

     

     

     

    Traduzione:

    Naso: E io, il vostro naso?
    L’uomo: Vi farò avere
    un bel cornetto o un cappuccio,
    affinché la bisa per la strada
    o la galaverna non vi tocchi.

    Nel corso del 2021, in occasione del cinquecentenario della prima stampa dell’Opera jocunda, un progetto, realizzato con il contributo della Fondazione CRT e in collaborazione col Centro Studi Piemontesi, prevede l’organizzazione di diversi eventi culturali (rappresentazioni teatrali, incontri,  conferenze, produzione di una nuova edizione dei testi in piemontese) con l’obiettivo di valorizzare e far riscoprire il mondo linguistico e culturale delle opere dell’Allione.

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    Michele Ponte
    Michele Ponte
    Nato a Torino. Lingua madre: Italiano; lingua padre: Piemontese. Mi interesso di letteratura e canzoni popolari del Piemonte. Ho realizzato alcuni Scartari (quaderni) intitolati: Spassgiade tra poesìe, canson e conte piemontèise (Passeggiate tra poesie, canzoni e racconti piemontesi) che sono stati presentati in varie occasioni con esecuzione dal vivo delle canzoni.

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