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Comune di Caselle Torinese
giovedì, Gennaio 23, 2025

    La piazza che non doveva esserci

    Le origini di Piazza Matteotti, quella della stazione

     

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    Caselle oggi ha diverse piazze, quasi tutte sono di origine recente, nate più che dalla volontà popolare di ritrovo, dalla volontà dell’amministrazione che, grazie alle norme del piano regolatore, ha cercato di favorire il trasferimento di cubatura dal centro storico alla periferia ovest al fine di allontanare gli abitanti posti sotto la rotta di atterraggio degli aerei.

    Processo lungo e per ora, non essendoci un nuovo centro su cui far ruotare la vita cittadina, si nota solo un graduale impoverimento dell’antico centro storico, con la scomparsa di edifici anche importanti – come il filatoio Motu – e la creazione di varie piazze e piazzette.

    Fino alla metà dell’Ottocento l’unica piazza esistente era l’attuale piazza Boschiassi, nata probabilmente alla fine del ‘500, ritagliando una piccola porzione di terreno davanti all’ingresso del castello.

    Divenuta insufficiente, a metà del Settecento venne ampliata acquistando una parte del giardino del castello, e così rimase fino alla seconda metà del Novecento, quando venne raddoppiata inglobando la restante parte del giardino occidentale del castello.

    Con l’Unità d’Italia venne realizzato il Prato della Fiera e poi, con la realizzazione della ferrovia, la piazza della stazione, oggi dedicata a Giacomo Matteotti.

    La Porta Cerenga

    Posta a ovest all’inizio dell’attuale Via Martiri su Piazza Matteotti, anche detta Porta Stura, era una delle quattro porte nelle antiche mura che circondavano il luogo, e probabilmente venne così detta perché era la porta che accedeva alle strade che portavano alla regione Cerea (attuale Grangiotti). Ma in alcuni documenti antichi era anche citata come Porta Serenga, e questo fa pensare ad un’altra ipotesi sull’origine del toponimo che derivasse dal suo orientamento, cioè verso sera.

    Appena fuori le mura non esisteva alcuna piazza, ma dal Settecento in poi, con l’espansione del paese, vennero realizzate alcune case tanto da formare un piccolissimo borgo fuori le mura.

    All’inizio dell’Ottocento le porte non esistevano più, ma da un disegno dell’epoca di Clemente Rovere, si può ancora vedere come all’imbocco della via fossero ancora presenti i resti dell’arco che formava l’antico ingresso, la bealera ancora scoperta che circondava il luogo e che con la formazione della piazza divenne sotterranea.

    Arriva la ferrovia

    Nell’agosto del 1856 venne costituita la “Società Anonima della strada ferrata centrale del Canavese”, e nella prima assemblea degli azionisti, del 22 settembre 1857, venne presentato il progetto dell’Ing. Gaetano Capuccio, che proponeva di costruire una ferrovia per collegare il Canavese occidentale con la capitale.

    La linea da Torino, attraverso Venaria, avrebbe dovuto arrivare a Caselle, da dove si sarebbe diramata da un lato verso Ciriè e Lanzo, e dall’altro verso Leinì, Volpiano, Rivarolo e Castellamonte.

    Questo progetto prevedeva che la ferrovia, arrivata in prossimità del paese, deviasse verso est parallelamente all’attuale via Prato Fiera, dove era prevista la nuova stazione, proprio dove oggi vi sono le case “ Fanfani”, le prime case popolari casellesi.

    Il progetto era sicuramente molto interessante, e non si può non pensare quanto quest’opera sarebbe stata importante per Caselle, che sarebbe diventato uno snodo fondamentale per gli spostamenti da e per Torino dalle Valli di Lanzo e da e per il territorio di Rivarolo, con ripercussioni economiche non indifferenti per il paese, che sarebbe potuto diventare un punto di riferimento per tutti gli abitanti del Basso Canavese.

    Purtroppo i soliti problemi finanziari fecero accantonare quasi subito tale progetto, a favore di uno molto più modesto e limitato inizialmente al solo tratto Settimo-Rivarolo Canavese.

    Ma il progetto per realizzare una ferrovia con il Ciriacese non venne abbandonato, e così il 13 luglio 1865 venne costituita con atto pubblico la “Società Canavese per la Strada Ferrata da Torino a Ciriè”.

    Come era consuetudine all’epoca, la neo costituita società ferroviaria, prima di intraprendere i lavori, interpellò i singoli comuni attraversati dalla ferrovia, in cerca di finanziamenti, e solo i comuni aderenti avrebbero avuto la loro stazione.

    Il Comune di Caselle, dopo molteplici riunioni, presiedute dal sindaco Luigi Calcagno, e senza che mancassero i pareri contrari, nella delibera del 6 agosto 1865, decise di aderire con un capitale di 50.000 lire, somma che sicuramente venne ritenuta insufficiente dalla società ferroviaria rispetto ai contributi avuti dagli altri comuni (Ciriè 250.000 e San Maurizio 100.000 lire), tanto che in una successiva delibera del 20 agosto venne deciso di aumentare il capitale, impegnando il Comune a concorrere nella costituitasi Società Anonima per la Costruzione di una ferrovia tra Torino e Ciriè di ulteriori duecentoottanta azioni di lire duecentocinquanta cadauna, per un totale di 20.000 lire, che sommati ai precedenti portava il totale a 70.000 lire.

    In questa prima fase la stazione era prevista all’inizio del paese, all’incirca all’inizio dell’attuale via Vernone, collegata direttamente al Prato della Fiera (inaugurato pochi anni prima, nel 1861) dalla preesistente via Circonvallazione.

    Con il parere favorevole del Ministero dei Lavori Pubblici e l’autorizzazione con Regio Decreto del 1° ottobre 1865, venne avviata questa importante opera ferroviaria, per un importo di spesa previsto di £ 2.500.000, diventati alla fine £ 2.700.000.

    Mappa del catasto Rabbini, con in arancione le case demolite per far posto alla nuova stazione

    Nasce la stazione

    Con l’inizio dei lavori gli amministratori casellesi ripensarono non poco al luogo previsto per la costruzione della stazione, tanto che “… ravvisandosi dal Comune di Caselle meno conveniente il sito primitivamente da esso indicato per la stazione della Ferrovia in questo Comune, sia entrato in trattative colla Società Ferroviaria per collocarla in luogo più vantaggioso al pubblico…”.

    Così, con una scrittura privata del 23 dicembre 1867, venne stipulata una convenzione tra il Comune e la società ferroviaria per spostare il luogo della stazione:

    “Per la presente privata scrittura fatta in due originali fra il Comune di Caselle rappresentato dalla sua Giunta in persona delli Signori Luigi Calcagno Sindaco, Avvocato Modesto Boschiassi, Cavaliere Luigi Rabby, Notajo Carlo Converso, e Barone, e Cavaliere Ferdinado Duprè, e la Societa Anonima della Ferrovia da Torino a Ciriè, in persona del suo procuratore generale Causidico Cavaliere Giuseppe Macchiorletti in unione col Signor Cavaliere ingegnere Pietro Piovano, in virtù d’istrumento delli venti quattro Ottobre, rogato Turvano, … Che ravvisatosi di Comune interesse delle due Amministrazioni lo stabilimento dello scalo alla Porta Stura detta anche Cerenga, si intrapresero amichevoli trattative colle proprietarie delle case e siti occupandi dalla Stazione, colle quali si sta appunto per stipulare l’opportuno istromento,…”.

    Fra i vari patti intercorsi nella scrittura suddetta, il Comune e la società ferroviaria stabilirono che le spese d’acquisto delle case e dei siti, che vennero acquistate dalla vedova Graglia e dalle sorelle Droppero, per ricavare il nuovo sito della Stazione di Caselle, fossero a carico comune fra le due amministrazioni.

    Inoltre venne stabilito che il prezzo d’acquisto delle case e dei terreni, fissato in lire 6.200, comprendesse anche il costo per l’ampliamento e raddrizzamento della strada detta Via a Stura (attuale Via Martiri), mediante l’occupazione di parte della casa del sig. Barucco, a condizione però che quest’altra relativa spesa non eccedesse le lire 3.000 tutto compreso; qualora la spesa occorrente fosse stata superiore, le parti avrebbero potuto rinunciare a tale opera e le eventuali indennità che fossero dovute ai fittavoli degli immobili acquistati, sarebbero state divise in parti uguali tra il Comune e la società ferroviaria.

    Il Comune di Caselle pagò quindi, tramite l’esattore mandamentale Giuseppe Bovier, la somma di lire 6.200, la quale per la metà rappresentava il concorso del Comune nelle spese suddette della stazione, e per l’altra metà venne imputata in acconto all’acquisto delle azioni sottoscritte dal Comune stesso e già richieste dalla società, a saldo della quale restarono solo dovute da Caselle lire 3.900.

    Nella scrittura venne anche previsto che gli eventuali materiali ricavati dalla demolizione dei suddetti fabbricati spettassero per la metà al Comune, e che la società ferroviaria avrebbe dovuto rimborsargliene l’equivalente valore nella somma che sarebbe risultata da una apposita perizia fatta dal geometra Gedeone Falletti, e che tale somma sarebbe stata dedotta sulla rimanenza del dovuto per l’acquisto delle azioni.

    Subito dopo la firma della convenzione, vennero stipulati gli atti di vendita dei suddetti stabili alla Società Anonima Canavese per la costruzione della ferrovia Torino Ciriè, comprando da Berta Anna vedova Graglia per £ 3.500, e da Margherita Cucchi e Maria Marchino sorelle Drappero per £ 2.700.

    Subito dopo iniziarono i lavori di costruzione della nuova stazione, che originariamente si presentava dalle forme molto eleganti, con un prospetto simmetrico formato da un corpo centrale a due piani e due ali laterali più basse.

    In seguito, all’inizio del Novecento, con l’aumentare del traffico ferroviario, la stazione, non più sufficiente, venne ampliata verso il lato sud e le due maniche laterali sopraelevate di un piano, portando l’edificio così come lo vediamo oggi, dall’aspetto molto più austero dell’originale.

    La piazza

    Il 18 aprile 1868 iniziò il servizio commerciale della linea, per il solo tratto Torino-Venaria Reale, mentre il 1° dicembre 1868 venne completato anche il secondo tratto giungendo fino a Caselle.

    I terreni e i fabbricati acquistati nel 1867 per far posto alla nuova stazione formarono anche una piccola piazzetta, dalle dimensioni circa la metà dell’attuale, che subito misero in evidenza la mancanza di spazio così come scritto a suo tempo:

    “… si riconobbe come ciò non ostante mancava un sito necessario e conveniente avanti la Stazione per un più comodo accesso, e per il giro delle vetture e veicoli, per cui bisognava tosto procedere anche alla espropriazione di tutti i siti e fabbricati rustici ivi esistenti, formante la parte di ponente della proprietà dei Sig. Barucco, e ciò per un tratto di venticinque metri dall’estremo limite della facciata della Stazione”.

    Planimetria dell’ampliamento della piazza del 1869 con i fabbricati da demolire e il canale sotterraneo

     

     

    Così il 7 novembre 1869 venne stipulato l’atto di esproprio con il Sig. Barucco per la somma di lire 1.406 per l’acquisizione dell’area necessaria a formare la nuova piazza della misura esatta di metri 25 dal fronte della stazione così come è ancora oggi.

    Per chiudere la rimanente proprietà del sig. Barucco, venne realizzato sul limite dell’espropriazione un muro di cinta dell’altezza di metri tre e mezzo fuori terra, dello spessore di centimetri cinquanta da rimanere comune fra i signori Barucco, il Comune e la Società ferroviaria, con facoltà ai signori Barucco di aprirvi porte e finestre regolari con prospetto sulla nuova piazza della stazione.

    In seguito proprio su questo muro venne realizzato un nuovo albergo-ristorante che ancora oggi presenta le caratteristiche tipologiche originarie.

    Il contenzioso con la ferrovia

    La piazza ormai era nata, ma la proprietà promiscua della stessa, non tardò a creare problemi tra il Comune e la società ferroviaria, che a sua volta si era ridenominata in Società Anonima Canavese Concessionaria della Ferrovia Torino Ciriè.

    Il 25 aprile 1871 il Sindaco di Caselle, Sig. Commendatore e Generale Luigi Guibert del fu Carlo Prospero, presentò alla società ferroviaria la nota delle spese sostenute dall’Amministrazione Comunale, che per la parte comune faceva ascendere a lire 13.039,85; detraendo quanto il Comune doveva ancora alla società ferroviaria per le quote societarie, e aggiungendo il valore della metà dei materiali di demolizione dei fabbricati acquistati e utilizzati dalla ferrovia, restò una rimanenza di lire 446,42 a carico della ferrovia.

    Avuta questa comunicazione la Società Canavese, invocando i patti del 23 dicembre 1867, oppose che il suo concorso nelle spese non potesse eccedere le lire 3.000, e che la stessa non era tenuta ad altre opere sull’area del piazzale perché destinato ad uso pubblico; si dichiarò però pronta a trattare per definire e regolarizzare i rispettivi rapporti.

    Tanto l’Amministrazione Comunale come la ferroviaria delegarono così una commissione con pieni poteri per trattare e concludere un accordo che si definì con un atto di transazione stipulato il 24 ottobre 1871.

    In questo atto le parti transarono ogni controversia e i rispettivi debiti, e definirono anche che:

    1° – Il fabbricato e sito annesso, posto a giorno sera della stazione ferroviaria, rimane e si dichiara continuare essere in piena proprietà e disponibilità della Società Anonima Canavese.

    2° – Tutta l’area del Piazzale avanti la stazione, e della via d’accesso, rimangono e si dichiarano proprietà comunale ad uso pubblico, ed il Comune si obbliga di provvedere alla loro sistemazione e manutenzione, secondo tale destinazione.

    In seguito tra le due parti venne ancora stipulata una permuta il 30 dicembre 1897, in cui il Comune di Caselle, in persona del suo Sindaco Sig. Converso Cav. Gioanni, cedette alla Società Anonima Canavese per la Strada Ferrata Torino-Ciriè-Lanzo (ora arrivava anche a Lanzo) una porzione della vecchia strada di Circonvallazione occupata dalla Ferrovia per una superficie di metri 1.730 per l’uso della ferrovia e del piazzale della stazione di Caselle come risultava dal piano originale.

    In cambio la società ferroviaria cedette al comune tutta una serie di terreni residuali lungo la ferrovia in territorio di Caselle creatisi a seguito della costruzione della strada ferrata.

    In questo atto venne anche precisato che il suolo di tutti i passaggi a livello delle strade comunali attraversate dalla ferrovia erano di assoluta proprietà del Comune, però gravati di servitù pubblica a favore della ferrovia Torino-Ciriè-Lanzo.

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