Il mondo di Khaby

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Tentiamo di alleggerire. Se prendessi spunto dalla cronaca, avrei un travaso di bile, quindi andiamo sul morbido.
Un po’ come quando ascoltiamo musica mentre percorriamo la A14: certo può essere interessante un concerto di Luciano Berio o Alban Berg, ma sicuramente alla barriera di Rondissone cercheremmo una scure sotto al sedile; Benji e Fede, la Bertè, i Pinguini Tattici Nucleari, aiuterebbero ad arrivare più consapevoli al casello di Pineto.
Partiamo: ultimamente mi sono messo a curiosare sul nuovo fenomeno del web che sta spopolando fino ad offuscare l’ormai consacrata regina Chiara Ferragni.
Lui è un ragazzo di Chivasso, simpatico, semplice, e risponde al nome di Khaby Lame. È seguito da milioni di follower su Tik Tok, forse anche Instagram: una intera popolazione superiore come quantità a quella italiana, o tedesca e francese; sono brevi filmati caratterizzati dalla sottile ironia di questo silenzioso ragazzo, che prendono in giro e irridono personaggi che si complicano la vita rendendo difficile ciò che in realtà sarebbe semplicissimo.
Credo dovrebbero osservarlo i nostri amministratori, in particolar modo coloro che creano mostri come piazza Baldissera, o rovinano l’anagrafe con passaggi assurdi, e, perché no, anche a coloro che si sono inventati il ginepraio dello SPID.
Ecco, mi auguro che il buon Khaby possa allietarci anche deridendo questi signori.
Leggo che una volta perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid, si è reinventato un qualcosa che prima non c’era, o almeno non così come la propone lui: brevi filmati, muti, ironici, con quella punta di acidità che non guasta quando si tratta di dileggiare alcuni fenomeni del web.
Il nostro simpaticissimo amico si guadagna da vivere (piuttosto bene) prendendo spunto da mille situazioni che spopolano online, ed è diventato un fenomeno planetario, praticamente conosciuto e apprezzato ovunque sul globo, anche da personaggi della caratura del creatore di Facebook, e non solo: le sue brevissime e tranquille collaborazioni sono accompagnate anche da alcuni campioni dello sport.
Riassumendo: giovanissimo, capace di una idea nuova, che fa della satira e della semplicità le sue armi migliori per conquistare sempre più vaste platee.
Detto questo, mi viene da pensare il perché tutto questo possa accadere.
Certo è una forma di spettacolo, di intrattenimento, ma perché è diventato una calamita per chi naviga su Tik Tok  e non solo?
Mi tornano alla mente le perline colorate offerte ai cosiddetti indigeni, tanto per fare amicizia: chincaglieria colorata in cambio di tutto il resto. E noi uguali: non ci sono le perline colorate ma ugualmente un qualcosa di una banalità disarmante che attira, coinvolge, rimbalza ovunque, passa di bocca in bocca, o meglio da schermo a schermo e da lì diventa immenso.
Un tempo erano i blogger, forse non si parlava ancora di follower, che raccontavano esperienze, consigliavano, davano indicazioni, poi sono arrivati gli influencer, personaggi che in rete influenzano appunto, ed hanno un peso notevolissimo sulle scelte di molti: dai un prodotto a Chiara Ferragni e quello costerà moltissimo, ma andrà a ruba.
Già questo non riesco a spiegarmelo: non mi capacito esistano persone che abbiano così tanta necessità di una sorta di guida. Sono milioni!
Ma con Khaby il discorso cambia ancora: non suggerisce, non cerca di influenzare né tanto meno consiglia; semplicemente offre la propria cristallina irrisione.
Tutto qui.
Forse per questo richiama l’attenzione, perché la semplicità paga, in tutti i sensi.
È il web ragazzi, è tutto qui!

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Luciano Simonetti
Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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