Si è concluso con un nulla di fatto l’incontro del 4 ottobre di CIT e Amministrazione Comunale con gli inquilini delle case di edilizia popolare di via Grassi e piazza Borsellino. L’incontro doveva servire a presentare le due opzioni messe sul piatto dal Consorzio Intercomunale Torinese (manutenzione straordinaria oppure demolizione e ricostruzione) e raccogliere, tramite votazione, l’orientamento degli inquilini. La presentazione c’è stata, ma il clima surriscaldato generato dalla successiva discussione ha reso impossibile procedere ad una ordinata votazione.
Ripercorriamo la vicenda nelle sue principali tappe.
L’insediamento delle case CIT di Caselle. A inizio anni 80 nasce il Consorzio Intercomunale Torinese (CIT) per dare una risposta all’emergenza abitativa di quel periodo. Anche a Caselle T.se il CIT appalta nel 1985 i lavori per realizzare circa 170 alloggi suddivisi su tre schiere. La ditta vincitrice esegue ma apre un contenzioso economico che impedisce un corretto completamento dei lavori. I difetti di progettazione e di esecuzione (soprattutto per infiltrazioni d’acqua, muffe, infissi scadenti) causano problemi ancora irrisolti.
L’arrivo del Superbonus 110%. Esce il provvedimento governativo per l’efficientamento energetico, con incentivo fiscale al 110% indirizzato a privati e condomini. Il CIT pone all’Agenzia per le Entrate di Torino il quesito se il Consorzio ne possa usufruire per interventi sugli stabili da lui gestiti. La risposta, giunta a dicembre 2020, è negativa. Per poter accedere al Superbonus occorre che gli immobili diventino condominii, dove ci sia almeno un alloggio di proprietà diversa dal CIT. Parte allora l’opzione della vendita degli alloggi, se sono presenti determinati requisiti. Anche a Caselle alcuni inquilini decidono di acquistare, e versano 550 euro per le spese tecniche. Intanto a Torino il CIT provvede a lanciare una gara per individuare il partner a cui affidare gli interventi di efficientamento energetico e consolidamento strutturale consentiti dal Superbonus 110% su 22 suoi immobili in Torino e provincia; ne esce vincitrice un’azienda del gruppo Italgas, con un valore dell’operazione di oltre 57 milioni di euro.
Spunta l’opzione B. A fine luglio, il giorno 27, il CIT riceve una comunicazione dalla Regione Piemonte relativa alla possibilità di usufruire di fondi, stanziati nell’ambito del PNRR, per interventi di demolizione e integrale ricostruzione, con modalità ecosostenibili, su un certo numero di fabbricati di edilizia sociale, da individuare con una certa urgenza. Il CIT si attiva, e individua l’insediamento di Caselle fra i papabili. Viene eseguito uno studio, affidato alla Tecse Engineering, per confrontare gli interventi fattibili col Superbonus (cappottatura e sostituzione infissi, quelli principali), che diventano l’opzione A, con un intervento più radicale di demolizione e ricostruzione, che diventa quindi l’opzione B. Il CIT contatta l’Amministrazione Comunale di Caselle per informarla delle due possibilità, e assieme tengono un primo incontro informativo con i capiscala delle case CIT di Caselle nel mese di settembre. I capiscala esprimono preoccupazione, soprattutto per il trasloco temporaneo richiesto alle famiglie, nel caso di scelta della soluzione B, un’operazione che coinvolgerebbe molti soggetti anziani, fragili o non autosufficienti.
Il Consiglio Comunale a Caselle del 30 settembre. Il tema di cosa fare nelle case CIT, se opzione A o opzione B, introdotto dal sindaco Baracco nello spazio riservato alle comunicazioni, impegna una parte significativa del Consiglio. “Entrambe le soluzioni presentano opportunità e problematicità. Comunque ci atterremo all’orientamento che sarà espresso dagli inquilini, nel corso di un incontro che è già stato fissato per lunedì 4 ottobre” dice Baracco, e l’assessora Grimaldi aggiunge: “Per anni l’accusa che ci arrivava di fronte ai problemi delle case CIT era di non far nulla. Ora con l’opzione B è stata offerta un’ulteriore opportunità. In un percorso di condivisione saranno gli inquilini a scegliere”. Tutti i consiglieri della minoranza esprimono perplessità in particolare sulla durata prospettata per l’esecuzione dei lavori: i 15 mesi prospettati dai tecnici per demolire e ricostruire sarebbero del tutto irrealistici. Le tempistiche per le quali si prospetterebbe la necessità di ospitare altrove le 168 famiglie interessate sarebbero nella realtà molto più lunghe.
L’incontro alle case CIT del 4 ottobre. L’invito all’incontro, indirizzato a tutti gli inquilini e firmato congiuntamente da sindaco Baracco e dalla presidente del CIT Sonia Schellino, è per “la presentazione di un’ipotesi di riqualificazione del complesso residenziale in oggetto”. Aggiunge la lettera d’invito: “La vs partecipazione è molto importante in quanto dall’esito della riunione verranno decise le linee guida per intervenire sulle abitazioni in cui risiedete”. L’incontro è aperto dal sindaco Baracco, che ringrazia i presenti per l’ampia partecipazione. Per il CIT parlano il direttore Paolo Toscano e il vicepresidente Roberto Montà, sindaco di Grugliasco, esponendo i passi che hanno portato allo sviluppo delle due alternative, A o B. Per quanto riguarda la soluzione B, viene aggiunto che ne potrebbe anche essere prevista l’attuazione in tre step successivi di demolizioni/ricostruzioni, con il vantaggio che per ogni step il numero di alloggi temporanei da reperire si ridurrebbe a 60, anziché essere il triplo. Viene quindi passata la parola al tecnico della società TECSE, che si dilunga nel presentare, con slide purtroppo illeggibili data la distanza, i contenuti e i pro e contro delle due alternative. Viene quindi data la parola ai presenti. La maggior parte degli inquilini che riescono ad intervenire esprime perplessità, o assoluta indisponibilità, per la soluzione che comporta il trasferimento temporaneo in altro alloggio. Palpabile la diffidenza verso una proposta con tanti aspetti ancora da chiarire. Fa un intervento anche il consigliere di opposizione Fontana, chiedendo di valutare la possibilità di utilizzare i fondi disponibili non per ricostruire sul posto, ma in altro sito. Gli ribatte subito il sindaco Baracco, negando per questa ipotetica opzione C l’esistenza nel Piano Regolatore di aree idonee per ospitare 170 alloggi. Nel frattempo, la confusione nella sala è aumentata e quando il direttore Toscano prova ad avviare la chiamata dei singoli condomini per esprimere la scelta fra opzione A oppure opzione B, la cosa si rivela impraticabile. L’ing. Toscano dichiara a quel punto che si provvederà a raccogliere l’opinione degli inquilini con altre modalità e chiude l’incontro.