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mercoledì, Dicembre 4, 2024

    Ricordando i Blind Alley

    Sono stati la band torinese più influente degli anni Ottanta

     

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    “Nella grigia Torino dei primi anni ’80, il punk non era riuscito a proporre alcun nome di rilievo, il post punk cercava una personalità tra l’elettronico e il dark, l’hardcore e la neopsichedelia erano ancora di là da venire. Però c’erano i Blind Alley, a ricordare a tutti cosa fosse un gruppo rock”. Così viene presentata dall’editrice Ondeitaliane l’antologia 1980-83, pubblicata una decina di anni fa, che raccoglie tutto il materiale inedito del leggendario gruppo torinese dei primissimi anni Ottanta. Una pubblicazione per veri appassionati: 500 copie numerate a mano, esclusivamente su vinile.
    I Blind Alley erano un trio classico basso-chitarra-batteria, come gli inglesi Jam di Paul Weller, forse la principale fonte ispiratrice, anche per la comune matrice mod. Fulcro dei Blind Alley era Gigi Restagno, un talento autentico, straordinario compositore, dj amatissimo di Radio Flash, di cui fu anche direttore artistico; ma anche un dandy subalpino, un’icona per molti, protagonista del nightclubbing di quegli anni.
    Gigi scomparve prematuramente nel 1997 e da allora viene ricordato da amici e musicisti nel “Memorial Gigi Restagno”, che si svolge ogni anno in un locale diverso. Poco prima della morte Gigi registrò la sua unica canzone in italiano, Coriandoli a Natale, una meravigliosa ballata per voce e chitarra acustica; quasi un testamento, un po’ come la Redemption Song di Bob Marley. Per molti anni il brano fu conosciuto solo da pochi amici, poi ci pensarono i Subsonica a diffonderlo, nel 2006, includendone un remake nell’album Terrestre live e varie altre disfunzioni; brano per il quale venne anche realizzato un videoclip diretto dal filmmaker torinese Luca Pastore. Ma la versione originale di Restagno, che può essere ascoltata su youtube all’indirizzo
    https://www.youtube.com/watch?v=twe9UG2fKy4 ha quel qualcosa in più che la rende unica e inimitabile. Nel 2014 è stato dedicato a Gigi Restagno “The beautiful loser. Una vita apparentemente normale” , film documentario diretto da Diego Amodio, che offre un interessante spaccato della realtà culturale e musicale torinese di quei primi anni Ottanta.
    Batterista dei Blind Alley era Marco Ciari, figlio del partigiano e pedagogista Bruno, a cui è dedicata la scuola elementare di Via Taneschie a Ciriè. Batterista potente e trascinatore, militò anche in altre storiche formazioni cittadine, come Franti e Party Kids e poi, nel decennio successivo, con i primi Fratelli di Soledad. Alla chitarra Luca Bertoglio, che negli anni seguenti abbandonò Torino per trasferirsi in Australia.
    Avevano un solo disco all’attivo, i Blind Alley: il 45 giri Whistle March/I was dreaming, registrato nel 1983, poco prima dello scioglimento, per la Shirak Records; un lavoro che rende solo in minima parte il grande impatto sonoro che caratterizzava la band dal vivo. Come è accaduto altre volte nella storia della discografia, fu soprattutto la canzone del lato B ad avere successo: I was dreaming è un vero gioiello, un inno beat che la band eseguiva sempre alla fine dei concerti, fra l’esaltazione generale. Sempre nell’83 i Blind Alley furono invitati a suonare come spalla dei Simple Minds, ma, a quanto si dice, uno dei componenti della band era in quei giorni irreperibile e l’opportunità sfumò, insieme all’occasione che avrebbe forse dato una svolta diversissima alla loro storia artistica.
    È difficile oggi raccontare cosa hanno rappresentato i Blind Alley per la musica e più in generale per il movimento giovanile piemontese. In quegli anni ancora lontanissimi da internet e dalla musica digitale, per i gruppi era difficilissimo far conoscere le proprie canzoni: in pochissimi erano riusciti a realizzare un vinile e nella maggior parte dei casi si trattava di un 45 giri, registrato in fretta e furia, perché il costo degli studi di registrazione era proibitivo. Poco conosciuti al di fuori della regione, i Blind Alley erano un punto di riferimento nel capoluogo subalpino. Ogni loro concerto, fosse nei locali come il Metro, il Big o il Tuxedo oppure nei festival all’aperto, come lo storico “Rock contro il Nucleare” al Valentino nel 1983, era sempre un evento, che raccoglieva un pubblico vastissimo e variegato che conosceva a memoria le loro canzoni: dai mods di Piazza Statuto, ai ragazzi del movimento studentesco, ai tanti “semplici” appassionati di musica.
    “A distanza di anni la missione è stata compiuta, in un modo o nell’altro”, ha scritto Marco Ciari. “A Gigi viene riconosciuto quello per cui si era tanto dato da fare: uno scrittore di belle canzoni. Per il resto oggi tutto è cambiato, ma Gigi non lo sa e forse questo è un bene.”

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    Luigi Bairo
    Luigi Bairo
    Autore, giornalista e musicista. Ha pubblicato libri dedicati alla “cultura della bicicletta”, resoconti di viaggio, testi di argomento pedagogico, di narrativa per ragazzi e di storia locale. Ha scritto di musica per il settimanale Il Risveglio ed è autore per la rivista Canavèis.

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