Caselle sul filo di seta

La crisi del prezioso filato serico alla fine del XVIII secolo

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In precedenti articoli, avevo posto l’attenzione sull’importanza dell’industria serica per per l’economia casellese, che vide all’inizio del secolo XVIII la nascita di alcuni filatoi e filature, per lo più dalla conversione di antiche cartiere ormai diroccate.
Grazie alla politica riformatrice sabauda, i setifici aumentarono nel corso del secolo e, come abbiamo visto nel precedente articolo, portarono verso la fine del secolo il loro massimo sviluppo sul territorio casellese.
Infatti, in una relazione del 1777, dell’intendente Sicco, a Caselle risultavano ben 7 filatoi e 4 filature, attività che occupavano in tutto ben 996 persone: un bel numero, tenendo conto che Caselle all’epoca contava circa 2.700 abitanti.
Come già evidenziato, tutti i macchinari utilizzati erano messi in moto da ruote idrauliche e nel periodo invernale normalmente erano ferme per la mancanza di acqua nelle bealere, ma il problema più grande restava la disponibilità della materia prima, ossia i bozzoli dei bachi da seta, il cui allevamento dipendeva molto dagli andamenti stagionali.
Dopo decenni in cui l’attività serica era diventata il settore trainante dell’economia piemontese, alla fine del Settecento si assistette così a un lento declino iniziato con un periodo di grande gelo che determinò il deterioramento delle foglie del gelso, causando un drastico crollo della produzione e del raccolto in tutto il Piemonte.
I mancati raccolti dal 1787 al 1792, quando il gelo distrusse le foglie dei gelsi, provocando la quasi totale mancanza di bozzoli, creò gravi disagi e la chiusura di molte setifici.
Già nel 1786 l’Ufficio dell’Intendenza generale avviò un’indagine sul settore, richiedendo a tutti i Comuni interessati notizie dettagliate sulla situazione dei setifici in attività.
Dalle tabelle riassuntive di questa relazione, in parte ancora conservata nell’Archivio di Stato di Torino, si può ben capire quale fosse la situazione critica del settore in quegli anni.
In tutto il Piemonte all’epoca risultavano 272 filatoi che occupavano 16.097 operai, dei quali – per l’anno corrente – 9.373 avevano ancora lavoro, mentre 6.724 erano già disoccupati.
Ma la relazione fa notare che il calo continuo del lavoro avrebbe portato ad avere da 900 a 1.000 disoccupati in più, tanto che si prevedevano – per il gennaio successivo – 15.097 operai assolutamente privi di occupazione nei filatoi: praticamente un calo del 90% della produzione.
L’Intendente faceva però notare che il numero degli operai impiegati nei filatoi era sicuramente assai maggiore, in quanto le dichiarazioni dei proprietari erano inferiori a causa delle imposte: “Dopo di che temendosi che la conseguenza possa aver riguardo la consegna del Sale, l’hanno nella massima parte data di molto inferiore, lo che si comprova in specie da che nella Comunità della Venaria Reale si sono consegnati li due filatoj tenuti dalla Compagnia Reale per soli 110 operaj, quando di fatto ve ne sono 240, come pure dal riflettere, che essendosi indi interrogate le Amministrazioni rispetto a fondi di opere pie, penetratosi che questi siano destinati per soccorrere gl’impiegati in filatoj, alcune di esse non più temendo, la consegna riguardi il Sale, non curando quanto detto prima, hanno quasi dupplicato il numero degli Operaj descritti nella prima loro risposta, da che pare potersi dedurre, che le persone impiegate ne Filatoj rilevino di fatto a circa 25 mila, lo che sarebbe pure il sentimento di parecchi dè più Esperti Negozianti tenenti Filatojo”.
Inoltre, sempre l’Intendente, faceva presente che: “Siccome per lo più un lavorante mantiene la sua famiglia col guadagno, che rispettivamente fanno nel filatojo, le famiglie di queste possono almeno considerarsi, fatta una comune, in modo che due lavoranti compongono con le loro famiglie cinque persone, con che avessimo 62.500 persone fra le impiegate, e le mantenute dall’utile, che si ricava dalla manifattura ne’ Filatoj”.
In pratica, a causa di questa crisi, in tutto il Piemonte si presumeva che almeno 62.500 persone avrebbero perso il proprio reddito, con problemi non indifferenti sull’economia.
Per quanto riguarda la Provincia di Torino ( che ricordiamo all’epoca non comprendeva il territorio di Susa, Pinerolo e Ivrea in quanto province autonome) risultavano 56 filatoi ubicati in dieci comuni, che impiegavano 3.179 operai di cui 1.702 erano già disoccupati, altri 800 lo sarebbero stati presto, e che “per il prossimo gennaio solo 677 possono sperare di avere lavoro quasi sino al raccolto”.
Per cercare di risolvere il problema dei disoccupati l’Intendente nella sua relazione proponeva alle Amministrazioni Pubbliche d’impiegare gli uomini per la riparazione delle strade, e in particolare per Venaria, o realizzare qualche opera di difesa alle sponde del torrente Ceronda.
In merito a questo problema sono interessanti le risposte del 18 settembre 1787 inviate dal Comune di Caselle, che permettono di capire quale fosse la situazione dei lavoratori.
Intanto il Comune escluse a priori il riadattamento delle pubbliche strade, perché: “Il quale è di ben poca considerazione per ritrovarsi nella maggior parte recentemente formate e tenute in buon stato, non è la Comunità alla portata d’intraprendere alcun pubblico lavoro, come nemmeno di stabilire alcuna manifattura onde occupare le persone de’ due sessi già dedite al lavoro de’ filatoj, che ne sono rimaste, o sono per rimanerne prive e che non hanno altrove il mezzo per procacciare a se stesse ed alle proprie famiglie la sussistenza”.
Quindi la Comunità non riteneva il caso di occupare ad alcun lavoro pubblico gli operai già rimasti disoccupati e quelli che presto rimarranno “oziosi” anche per non “convenirli di applicarli ad alcun lavoro manuale, come inabili a simili lavori, ed inclinati piuttosto, in simili casi, alla mendicità”.
Si faceva però presente che con la cessazione del lavoro, gli operai sarebbero stati costretti a disperdersi per cercare un altro lavoro: “Ne succederà che alla sopravenienza del lavoro in altra annata mancheranno alli filatoi li lavoranti, onde si crede opportuno il procurare il mezzo di tenere li presentanei lavoranti occupati nel loro mestiere, almeno in buona parte coll’introduzione dall’estero delle sete mancanti”.
Nelle varie lettere in risposta ai quesiti a seguito della Circolare dell’Ufficio d’Intendenza del 6 agosto, 10 agosto e 29 agosto 1787 scritte dal Comune di Caselle si può vedere qui di seguito la situazione dettagliata del tempo dei vari filatoi.
I pratica si rileva che in quell’anno nel nostro paese solo più due filatoi erano in attività: quello del Conte Fontanella, che comunque rilevava un calo dell’attività di tre quinti, e l’altro quello di Bernardino Biffignandi che occupava 45 persone, ma che nel gennaio successivo avrebbe probabilmente cessato l’attività per mancanza di seta grezza.

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Filatoi chiusi
“Si trovavano in questo territorio sei filatoi chiusi in quell’anno, che lavoravano 116 libbre di seta al giorno tra tutti e sei, ed in cui rimasero 309 persone senza lavoro già prima occupate in detti sei edifici.
Si trovavano per altro altri due filatoi ancora in esercizio, cioè uno della portata di libbre 16 di seta lavorata cadun giorno, nel quale però si presumeva verosimilmente di dare occupazione ai suoi operai per tutto il mese di febbraio prossimo.
Ed altro della portata di libbre 60 di seta lavorata al giorno, che però aveva già subito una diminuzione del lavoro per tre quinti restando soltanto occupati altri due quinti dei lavoranti, ai quali col mese di gennaio prossimo sarebbe anche cessato il lavoro per la mancanza della seta, sicchè in tal tempo entrambi detti filatoi verranno a rimaner senza lavoro 220 persone”.
I sei filatoi chiusi nel 1787 erano i seguenti:
n° 1 – Il filatoio del Sig. Francesco Maria Teppati, tenuto in affitto dal Sig. Giò Batta Carrera, della portata di libbre da sedici a venti di seta lavorata al giorno in cui erano solitamente occupate n° 45 persone circa, e ora rimaste senza lavoro.
n° 2 – Quello della Sig.ra Cattarina Lazzaro, tenuto in affitto dal Sig. Angelo Trombetta, della portata di libbre 35 a 40 cadun giorno, ed in esso venivano occupate n° 90 persone.
n° 3 – Quello della Sig.ra Cattarina vedova Massa, tenuto in affitto da Sig. Sivestro e Brachetti negozianti in Torino, della portata di libbre da sedici a venti di seta lavorata al giorno, in cui sono rimaste senza lavoro n° 45 persone (una nota dice che aveva ripreso l’attività, ma che sarebbe durato per soli due mesi, poi sarebbe tornato inattivo).
n° 4 – Quello del Sig. Domenico Gianelli della portata di libbre da otto a dieci di seta lavorata al giorno, in cui venivano in esso occupate n° 20 persone circa.
n° 5 – Quello del Sig. Carlo Scotto della portata come il precedente, in cui rimasero senza lavoro circa n° 20 persone.
n° 6 – Quello dei creditori del Sig. fratelli Millo a seguito del suo fallimento, tenuto in affitto dal Sig. Luigi Vinaj, della portata di libbre 45 a 50 di seta lavorata al giorno, in cui venivano prima occupate 97 persone.
Filatoi in attività
n° 1 – Quello del Sig. Conte Fontanella di Baldissero, tenuto in affitto dal Sig. Giovanni Pietro Spansotti, della portata di libbre 60 di seta lavorata al giorno, in cui restavano occupate n° 150 persone, ma in cui per altro restava già diminuito il lavoro di tre quinti, e per tale diminuzione restarono “oziosi già presentemente n° 90 persone, ed alle altre ancor occupate verrà verosimilmente anche a cessare il lavoro nel mese di gennaio prossimo sicchè in tal tempo rimarranno oziose gli altri due quinti di detti lavoranti”.
n° 2 – Quello del Sig. Bernardino Biffignandi della portata di libbre 16 di seta lavorata al giorno in cui vengono occupate n° 45 persone, e “verosimilmente per difetto di seta verrà a cessare nel mese di gennaio prossimo a dette persone il lavoro”.
In una lettera del settembre 1787 il Comune comunica ulteriori aggiornamenti sull’attività dei filatoi e dell’occupazione dei lavoratori, lettera che riportiamo qui di seguito.

“Resposte in evaquazione de’ quesiti contenuti in lettera dell’uff. dell’intendenza in data de 18 settembre 1787
Li lavoranti già occupati nei filato situati in questo territorio per la totale cessazione del lavoro sono sprovvisti di soccorso dal canto de’ Capi Mastri , Affittavoli, o Proprietarj de filatoj, e non sono altrimenti in grado di applicarsi a nuovo genere di lavoro, come inabili, ed anche allieni dall’attendere a lavori d’altro genere, sicché vengono a mancare del mezzo per il loro sostentamento e delle rispettive familie.
Il numero verosimile di tali lavoranti ascende come infra, cioè:
Nel filatojo del Sig. Teppati tenuto in affitto dal S. Carera attualmente chiuso sono rimasti senza lavoro persone 45 c.a dell’uno e dell’altro sesso.
In quello della S.ra Cattarina Lazaro Scotto tenuto in affitto dal S. Angelo Trombetta parimenti chiuso, persone 100 c.a
In quello della S.ra Catterina vedova Massa tenuto in affitto da S. Silvestro e Brachetti dopo esser stato chiuso per mesi 2 c.a sono ripigliati il lavoro quale durerà per mesi due circa sichè da qui ad un mese verrà anche in esso a cessare il lavoro, ed a rimaner oziosi 45 circa persone dell’uno e dell’altro sesso.
In quello del S. Domenico Gianelli sono rimaste oziose n° 20 c.a persone perché attualmente chiuso.
In quello del S. Carlo Scotto parimenti chiuso rimangono oziose n° 12 c.a persone.
In quello della massa de creditori de s. fratelli Millo tenuto in affitto dal S. Luigi Vinaj attualmente chiuso vengono a rimaner oziose n° 130 c.a persone.
In quello del S. Conte Fontanella di Baldissero tenuto in affitto dal S. Spansotti venivano occupate 150 persone, alla mettà di queste è già cessato il lavoro, ed all’altra mettà verrà a cessare il lavoro nel mese Gennaio prossimo.
In quello del S. Bernardino Biffignardi si ritrova ancor di presente in esercizio, e vengono in esso occupate 45 circa persone ed a queste verrà verosimilmente da qui a quattro mesi circa anche a mancare il lavoro, e rimarranno conseguentemente da persone oziose.
Comune fatta venivano per l’avanti impiegati ne’ filatoj i lavorieri a medesimi destinati sino alla nuova raccolta delle Gallette e tutto al più è occorso in qualche anno a detti lavorieri di rimanere senza lavoro pend.ti giorni 15 antecedenti alla nuova racolta, ed in detto tempo si procacciavano il vitto con le anticipate sovvenzioni che gli venivano fatte dagli affittavoli o proprietarj, in vista di nuovamente destinarli al lavoro nella ricorrenza della stessa racolta, ed ottenere il rimborso de’ loro esposti”.

L’occupazione francese
Ma il periodo successivo, che andò dal 1798 al 1814, fu addirittura disastroso per l’industria serica piemontese, a causa dell’occupazione francese che provocava continui passaggi di truppe e soprattutto la scarsità di mano d’opera maschile che causò l’abbandono di molte coltivazioni, tra cui quella del gelso.
Inoltre i francesi avevano tutto l’interesse ad affossare l’industria serica sabauda per favorire la loro, che in effetti in breve tempo, sul mercato di Lione, prese il sopravvento sul mercato dei filati lavorati che fino ad allora era quasi un monopolio goduto dal Piemonte.
Il governo francese cercò invece di sviluppare in Piemonte la produzione di seta grezza per poterla esportare in Francia, dove le industrie necessitavano sempre più di grandi quantità di materia prima.
Un ulteriore danno fu provocato dal blocco continentale voluto da Napoleone Bonaparte che fece perdere definitivamente lo sbocco commerciale con l’Inghilterra. Conosciuto anche con il nome di Decreto di Berlino, emanato il 21 Novembre 1806, esso sanciva il divieto di attracco in qualsiasi porto dei paesi soggetti al dominio francese delle navi inglesi, decreto venuto in risposta al blocco dei porti francesi operato dalla Gran Bretagna.
Prossimamente vedremo in dettaglio questo periodo, che portò i filatoi ad una ulteriore crisi causando una serie di chiusure, fallimenti. Tutte gli edifici, ormai chiusi o indebitati verranno tutti venduti, e grazie alle nuove leggi sabaude, con la Restaurazione, poterono rinascere grazie all’apporto di nuovi capitali dei nuovi proprietari.

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