L’epatite C è una patologia infettiva del fegato causata da un virus a RNA (HCV) che di solito non provoca alcun sintomo o si presenta con sintomi del tutto aspecifici. Il 20% dei pazienti affetti guarisce, mentre nell’80% dei casi l’infezione acuta può cronicizzare diventando una patologia di lunga durata che può condurre anche alla cirrosi (20-30% dei casi) e al tumore del fegato, l’epatocarcimoma (1-4%).
L’OMS stima che nel mondo vi siano circa 58 milioni di persone affette da epatite C e ogni anno vi sono 1,5 milioni di nuovi casi. In Italia circa 300 mila persone hanno il virus, ma non lo sanno ancora
L’infezione sii trasmette attraverso il contatto di ferite con sangue infetto, tramite scambio di siringhe contaminate, attraverso rapporti sessuali non protetti o dalla madre al figlio durante la gravidanza o il parto. L’esordio della malattia è insidioso e si presenta con assenza di appetito, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero (pelle di colore giallo). Una diagnosi precoce e il successivo trattamento in fase iniziale impediscono una progressione della malattia, è di conseguenza permette di evitare le complicanze (cirrosi e tumore al fegato). Dal 2014 abbiamo a disposizione dei nuovi farmaci antivirali orali ad azione diretta (Direct Antiviral Agents – DAA) per la terapia dell’epatite C. Questi rappresentano un’arma estremamente efficace nel debellare definitivamente l’infezione da HCV. Se diagnosticata in tempo quindi tale infezione si può curare e guarire. Purtroppo però siamo davanti a un paradosso: abbiamo una cura che ne consente la guarigione, ma molte persone non sanno di avere il virus e chi lo sa spesso non conosce l’esistenza di queste nuove terapie. Inoltre in questi ultimi 2 anni di pandemia, vi è stata una riduzione degli accessi ai vari programmi di prevenzione, diagnosi precoce e screening. È doveroso tornare a puntare sulla prevenzione cercando di far emergere il sommerso mediante campagne di sensibilizzazione della popolazione. La Regione Piemonte ha aderito alla campagna nazionale di screening volontario e gratuito per prevenire e controllare il virus dell’Epatite C. Il programma si rivolge a tutti i cittadini residenti in Piemonte nati tra il 1969 e il 1989. Grazie a tale screening si potranno identificare i soggetti positivi così da fornire loro le terapie necessarie per evitare l’evoluzione in cirrosi e carcinoma epatico e impedire il contagio di altre persone. Il test si può eseguire prenotando l’esame presso un centro prelievi della nostra ASL, senza necessità di ricetta medica.
Se negli ultimi anni la medicina ha fatto passi da gigante per consentire la guarigione dei pazienti affetti da epatite C, in futuro avremo anche la possibilità di prevenire tale infezione grazie ai vaccini.
Condivido infine la testimonianza di chi ha scoperto e di avere l’epatite C e ha voluto raccontare la sua esperienza:
“Col passare del tempo sentivo poco a poco una stanchezza inspiegabile che prima di allora non ho mai avuto. Nel 2007 feci le analisi del sangue le ho ripetute nel 2008.In quest’ultimo anno il dottore di base notò che le transaminasi erano salite alle stelle. Così mi invitò a farmi visitare da uno specialista. E qui fu il mio sbaglio, non seguii il suo consiglio, un po’ perché ero a quell’epoca ignaro di cosa fosse l’epatite c, un po’ perché preso dai vari problemi quotidiani e poi perché stavo bene in salute e non avvertivo ancora qualche problema fisico rilevante. Ebbene…dopo il 2008 pian piano cominciai ad avvertire alcuni sintomi strani che, col passare del tempo, diventavano sempre più insistenti. Avevo quasi spesso dei brevi momenti in cui mi si bloccava il respiro e, anche volendo, mi mancava la forza di parlare. Erano momenti brutti e di paura, duravano una manciata di secondi e poi ridiventava tutto normale. Fu così che nel 2010 questa problematica era diventata sempre più incessante, ragion per cui molto preoccupato decisi di fare un check-up generale e risultò la mia positività al virus. Mi fu proposta, ed iniziai una terapia di 48 settimane. Al controllo della viremia del terzo mese ci fu la svolta, urlai di gioia dentro di me; la dottoressa mi sorrise come se fosse contenta di aver fatto bene il suo lavoro, e mi annunciò la lieta notizia: negativo! Mi sentii rinascere ed, in effetti, quello stato di sofferenza fisica ma anche psichica di prima piano piano stava scomparendo: ciò ha significato che la non più presenza del virus portava di conseguenza un sacco di giovamento e benefici. Crebbe in me così di più la fiducia nella terapia che continuai sempre più fiducioso e convinto. Terminai questo lungo percorso terapeutico il 24 agosto 2011, mi sentii liberato, rinfrancato, certo stanco dopo una lunga e sfibrante battaglia, ma soprattutto contento di essere libero da un virus che avrebbe potuto essere pericoloso e dannoso per la salute.”