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venerdì, Aprile 19, 2024

    Nell’Europa prima di Cristo: il mondo celtico

    Antichissimo popolo le cui origini più remote sono avvolte tuttora nell’oscurità, i Celti non avevano un capo supremo, non formarono mai un impero, non si sentivano parte di un’unica comunità, anzi erano suddivisi in tribù spesso in conflitto tra loro. Non costruirono templi in quanto i loro rituali religiosi venivano celebrati nei boschi e nelle foreste limitrofi ai loro villaggi.  Non usavano la scrittura e le tradizioni venivano tramandate solo per via orale. Gli scrittori classici li dipingevano come spietati guerrieri, privi di strategie militari durante lo svolgimento delle guerre, ma abili nell’uso delle armi e fieri nell’animo. Testimonianza di questa fierezza è la statua che prende il nome di “Galata morente” custodita nei Musei capitolini di Roma, copia romana di un bronzo appartenente al gruppo autocelebrativo eretto da Attalo I sull’acropoli di Pergamo e che rappresenta un soldato celtico ferito a terra, chino ma non sottomesso. L’aggettivo celtico deriva da Keltai, parola greca con la quale gli abitanti di Marsiglia definivano le tribù che si erano diffuse tra il V e il III secolo a.C. dalle isole britanniche fino al Danubio.
    La teoria prevalente sull’origine dei Celti è quella che li considera come una civiltà parallela alla “cultura dei Campi di urne” chiamata così per l’usanza di seppellire i morti raccogliendo le ceneri in urne di argilla dopo averne bruciato i resti. Queste piccole comunità abitarono dal XII secolo a.C. un’area che si colloca tra la Francia orientale e la Germania occidentale stabilendo il centro più importante nel bacino del Danubio. Le loro attività principali erano l’agricoltura, la pastorizia e la lavorazione del bronzo che si traduceva in manufatti di pregio. Si suppone che fossero popolazioni discendenti dalla migrazione avvenuta a più ondate a partire dal III millennio a. C. di tribù indoeuropee provenienti dalle steppe dal sudest dell’attuale Russia.
    Dal IX secolo a.C. dalla civiltà dei Campi di urne si sviluppò la civiltà di Hallstatt, cittadina austriaca a 1000 metri di altitudine ricca di salgemma. Questi Celti commerciavano in tutta Europa, e in particolare nel Mediterraneo, i loro manufatti di ferro e di bronzo: lunghe spade, fibule a doppia spirale, anelli e ciste bronzee. I Celti di Hallstatt si sentivano troppo chiusi nella stretta valle austriaca e perciò decisero di espandersi verso sud entrando in contatto con il mondo greco ed etrusco.
    Il V secolo a. C. coincise con il punto più elevato della civiltà celtica con la fioritura di insediamenti fortificati e tombe a tumulo, passando dalla pratica della cremazione a quella dell’inumazione dei defunti. Questa evoluzione prese il nome di civiltà di La Tène, dal nome della stazione svizzera sulle coste del lago di Neuchâtel. Durante l’epoca lateniana i Celti si espansero in tutta Europa: in Spagna si unirono agli Iberi e divennero i Celtiberi, a oriente attraversarono i Balcani giungendo fino in Asia Minore e a sud oltrepassando le Alpi entrarono in conflitto con la nascente potenza di Roma, arrivando persino a minacciarne l’esistenza. L’esodo delle tribù celtiche fu da una parte determinata dalla pressione proveniente dal Baltico e dal Mare del Nord delle popolazioni germaniche, e dall’altra dall’esigenza di nuove terre coltivabili vista la loro esplosione demografica. I manufatti lateniani testimoniano questo cambiamento nello stile di vita rispetto all’epoca di Hallstatt. I carri passarono dalle quattro ruote cerimoniali alle due, per carri più agili sui campi di battaglia. Le tribù venivano comandate da un’aristocrazia guerriera e l’apice di questa fase bellicosa fu il sacco di Roma del 390 a.C. operato per mano di Brenno a capo di un esercito composto da Boi, Lingoni e Senoni. Occuparono il territorio in cui prima abitavano gli Umbri e gli Etruschi. La maggior parte dei Celti si stabilirono comunque nei confini dell’attuale Lombardia. La “cultura di Golasecca” sviluppata tra il IX e il IV secolo a.C. tra il Canton Ticino e il Po e tra i fiumi Sesia e Serio fu capace di fondare due veri centri proto urbani a Sesto Calende-Golasecca-Castelletto Ticino e vicino a Como e nel V secolo a.C. realizzò un santuario-capitale nell’area in cui verrà fondata Milano in epoca romana. Si dice che il nome Milano derivi da quello della scrofa “semilanuta”, emblema che compariva spesso sulle insegne dei capi celti.
    Il lungo scontro con Roma si concluse con l’assorbimento dei Celti. La Cisalpina cadde nel 223 a.C. con la sconfitta degli Insubri a Casteggio. In Spagna la loro fine fu per mano di Giulio Cesare, così come in Gallia Transalpina con la cattura del loro più noto e valoroso condottiero Vercingetorige dopo il lungo e cruento assedio di Alesia. In Britannia la presenza dei Pitti e dei Caledoni fu confinata a nord del Vallo di Adriano. In Asia Minore i Galati, che si erano organizzati in un regno, divennero provincia romana nll’88 d.C. L’unica terra che rimase immune alle legioni romane fu l’Irlanda, che riuscì a mantenere la lingua, gli usi e i costumi e a diventare la custode della tradizione celtica.
    La lingua celtica viene classificata dagli esperti in due gruppi: uno continentale, estinto, e uno insulare, ancora vivo e diviso in due in base a una particolarità fonica, la trasformazione della labiovelare sorda indoeuropea *kw in “q” (celtico goidelico) o in “p” (celtico brittonico). Del primo gruppo fanno parte l’irlandese, lo scozzese e la lingua dell’isola di Man, del secondo il gallese, il cornovagliese e il bretone. Il celtico parlato nel continente invece di suddivideva in Gallico parlato in Francia, Celtiberico in Spagna, Lusitano in Portogallo, Galato in Turchia e Lepontico parlato nel Nord Italia e nel Canton Ticino.
    I druidi e la loro religione erano i cardini su cui poggiava la società celtica. Erano allo stesso tempo sacerdoti, guaritori, educatori, giudici e astronomi e la loro formazione durava vent’anni durante i quali i giovani imparavano tutto a memoria perché non era ammessa la scrittura. I druidi veneravano il dio della sapienza Lug, il dio-cervo Cernunnos, il dio della tempesta Taranis e il luminoso Belenos. A seguire adoravano anche la Grande madre Luna, l’orsa, la cavalla, la morte, la poesia profetica e la luce.
    I Celti scandivano il trascorrere del tempo in base al moto del sole e della luna con carattere ciclico e con il ritmo della natura. L’anno era suddiviso in 355 o 385 giorni, in 12 mesi e ogni mese iniziava col plenilunio e ogni giorno dal tramonto. Le feste corrispondevano ai solstizi e agli equinozi ed erano talmente radicate da perdurare anche sotto il cristianesimo, con significati differenti, nelle ricorrenza di Ognissanti e dei defunti, Candelora, Calendimaggio e Ferragosto.

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