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venerdì, Aprile 19, 2024

    Il retroterra culturale da cui prese vita la dittatura

    “Fiume non fu l’anticamera della Marcia su Roma, bensì un’utopia libertaria ed orgogliosamente patriottica realizzata, ma Mussolini ne apprese che le istituzioni liberali si sarebbero potute sfidare e vincere con la violenza; alla stessa maniera il futuro Duce fece propri i motti del Vate ed i simboli degli Arditi”. (G. B. Guerri).
    Gli Arditi furono un reparto d’assalto di fanteria, nati nel luglio del 1917 e sciolti all’inizio del 1919 per il timore di derive incerte. Armati d’audacia, «il pugnale, la bomba ed il cuor» (uno dei motti), con una propria divisa (la giubba nera e il “fez”), un proprio grido di battaglia: «A noi!» e il teschio col pugnale fra i denti come simbolo, nel primo dopoguerra furono contesi tra i futuristi, Mario Carli e Marinetti inventarono il “futurarditismo” perché l’Ardito incarnava perfettamente l’idea futurista, i più seguirono d’Annunzio, molti il fascismo, taluni altre vie.

    Mussolini sintetizzò perfettamente il nazionalismo col sindacalismo rivoluzionario, dando vita ad un’entità politica nuova.
    Al di là della convergenza interventista per la guerra, c’era un segmento filosofico comune ai nazionalisti, i futuristi e i sindacalisti rivoluzionari che durava dalla fine del primo decennio del Novecento: l’antiparlamentarismo. Per ragioni di natura diversa i nazionalisti e i futuristi credevano che l’intelligenza dovesse dominare le pretese del numero. Una vera e propria aristocrazia politica per i nazionalisti, una artistica per i futuristi: consiglio d’artisti e tecnici geniali contro l’egualitarismo totale del socialismo e del comunismo. Per i sindacalisti rivoluzionari, costola sovversiva del partito socialista, il parlamento era d’abolire perché rappresentava solamente gli interessi della borghesia e dei partiti e la soluzione stava nel sindacato e nell’autodeterminazione economico-lavorativa e politica.
    A ciò s’aggiunga un fondamentale antisocialismo e più contingentati anticlericalismo e repubblicanesimo antimonarchico.
    Il programma politico della fondazione dei Fasci italiani di combattimento, datata: 23 marzo 1919, piazza Sansepolcro, Milano, fu la commistione tra la “società nuova”, processo storico dell’evoluzionismo marxista, con l’anelito e lo spasimo della guida spirituale: l’“uomo nuovo” nietzschiano, gravido d’ebbrezza ludica e libertaria e di forza vaticinante del profeta (cfr. M. B. Guardi); il mito della nazione con la rigenerazione sociale; individualismo e merito più collettivismo patriottico.
    Il programma politico della fondazione dei Fasci italiani di combattimento, datata: 23 marzo 1919, piazza Sansepolcro, Milano, fu la commistione tra la “società nuova”, processo storico dell’evoluzionismo marxista, con l’anelito e lo spasimo della guida spirituale: l’“uomo nuovo” nietzschiano, gravido d’ebbrezza ludica e libertaria e di forza vaticinante del profeta (cfr. M. B. Guardi); il mito della Nazione con la rigenerazione sociale; individualismo e merito più collettivismo patriottico. Le elezioni politiche del 16 novembre 1919 furono una disfatta per i Fasci di combattimento: 4657 voti su circa 270000 a disposizione ed alcun seggio in parlamento. L’anno nuovo vide la rottura definitiva tra Marinetti ed il fascismo come l’allontanamento dalla politica. Il periodico «Roma Futurista» tornò all’arte, alla poesia, alla letteratura. Mussolini, dopo le politiche del novembre ’19, s’accorse che necessitava degli industriali per la conquista del potere, alla stessa stregua gli stessi quantomeno preferivano lui per scongiurare il bolscevismo. Dal 1920 il futuro Duce cominciò la discesa verso la conquista del potere, ma non senza tornanti a gomito. Nell’estate del 1921 una costola d’anarchici e repubblicani, staccatasi dall’Anai (Associazione Nazionale Arditi d’Italia) romana, fondò gli Arditi del Popolo: formazione uguale e contraria all’arditismo fascista che impensierì non poco l’avanzata littoria. Ad esempio gli asprissimi scontri di Viterbo del luglio del ’21, che per la prima volta misero in condizione di resa i fascisti, e le più celebri barricate di Parma dell’agosto 1922, malgrado già traditi sul finire dell’estate del 1921 da socialisti e comunisti per fisime paradigmatiche e dogmatico-partitiche. Nonostante gli Arditi del Popolo però, la differenza e la frattura tra il fascismo urbano e quello agrario – raccogliente i latifondisti ed i nuovi medio-piccoli proprietari terrieri che ricoveravano nello squadrismo, più che nell’ideologia fascista, la speranza di sconfiggere il proletariato – generò il reale grattacapo per Mussolini e la dirigenza del movimento sino alla fondazione del partito, durante il III congresso nazionale che si tenne a Roma nelle giornate dal 7 all’11 novembre del 1921. Atto che grazie alla furbizia politica del futuro Duce, lenì la lesione tra le due componenti spianando la strada romana al Partito Nazionale Fascista
    stesso avvenne per tutta, o quasi, la corposa componente della sinistra rivoluzionaria interventista, pressoché sindacalisti interventisti, che lasciò il posto al conservatorismo. Mussolini, dopo le politiche del novembre ’19, s’accorse che necessitava degli industriali per la conquista del potere, alla stessa stregua gli stessi quantomeno preferivano lui per scongiurare il bolscevismo. Marinetti accettò finalmente che le pregiudiziali anticlericali e antimonarchiche, Mussolini, sin dal ’18, e poi il fascismo non le avevano mai prese in considerazione.
    Dal 1920 il futuro Duce cominciò la discesa verso la conquista del potere, ma non senza tornanti a gomito.
    Nell’estate del 1921 una costola d’anarchici e repubblicani, staccatasi dall’Anai (Associazione Nazionale Arditi d’Italia) romana, fondò gli Arditi del Popolo (N. Maiale): formazione uguale e contraria all’arditismo fascista che impensierì non poco l’avanzata littoria. Ad esempio gli asprissimi scontri di Viterbo del luglio del ’21, che per la prima volta misero in condizione di resa sulla città i fascisti, e le più celebri barricate di Parma dell’agosto 1922, malgrado già traditi sul finire dell’estate del 1921 da socialisti e comunisti per fisime paradigmatiche e dogmatico-partitiche. Gli uni ripudiavano la violenza politica, gli altri non accettavano di sostenere combattenti non iscritti al partito e non di fede comunista.
    Nonostante gli Arditi del Popolo però, la differenza e la frattura tra il fascismo urbano – ideologicamente omogeneo e per il quale valeva profondamente la relazione: “reduce-traditore” ed il socialismo internazionalista rappresentava la negazione della Patria – e quello agrario – raccogliente i latifondisti ed i nuovi medio-piccoli proprietari terrieri, ex combattenti, che ricoveravano nello squadrismo, più che nell’ideologia fascista, la speranza di sconfiggere il proletariato – generò il reale grattacapo per Mussolini e la dirigenza del movimento sino alla fondazione del partito, durante il III congresso nazionale che si tenne a Roma nelle giornate dal 7 all’11 novembre del 1921. Atto che grazie alla furbizia politica del futuro Duce, lenì la lesione tra le due componenti spianando la strada romana al Partito Nazionale Fascista.

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