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mercoledì, Dicembre 4, 2024

    La cappella dell’Ospedale di Santo Spirito

    Un giorno nel Baulino Vecchio ritornerà ai Casellesi ancora più bella

    Lo storico edificio dell’ex Baulino

    Il Baulino Vecchio che si trova davanti al prato della fiera fu chiuso nel 2008 e da lì destinato dall’Amministrazione comunale a diventare il nuovo Municipio di Caselle. Pare che presto inizieranno i lavori.
    Ecco allora che per i Casellesi che non conoscono la Cappella dell’Ospedale di Santo Spirito, poi Baulino, che ora si trova ammassata nell’edificio – ma è stato assicurato che a suo tempo riprenderà  la sua funzione – ne presento qui la storia  tratta da un mia pubblicazione del 2000 scritta  in occasione della festa per i quattro secoli dell’ospedale.
    Detto fra noi, senza polemica: l’attuale Municipio di piazza Europa è un edificio storico ex convento   del Seicento, sito  in una splendida  posizione nel cuore della città, con davanti in una piccola altura un bello  spiazzo di giardino  con tanto di monumento e lapidi ai caduti. Tutto, tutto qui parla di Casa Comunale, fin dal 1848!
    Ma ecco la storia  della Cappella dell’ex Ospedale Baulino.

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    L’interno della Cappella con le sue colonne
    Magari  ne dovevamo parlare prima della Cappella, anche perché è stata inaugurata nel 1783,  unitamente alla costruzione ospedaliera. Non potendo il progettista,  l’arch. Morari,  dare una  solenne forma esterna, com’era nei suoi intenti ma che avrebbe comportato un non indifferente aumento di costo,   lasciò un saggio della grande arte del Juvarra nell’interno della Cappella, formando un vero gioiello di proporzioni  con la pianta quadrata, sormontata da eleganti arcate che poggiano su otto colonne, un tempo adorne di stucchi. Più che una Cappella è una piccola chiesa.

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    Le vetrate
    Al centro degli archi laterali si aprono sette finestroni chiusi da eleganti vetrate artistiche, opera della Jorger di Torino, piuttosto recenti perché risalgono al 1947,  raffiguranti i simboli dell’Eucarestia: il grano, la vite, il calice con l’ostia, il pellicano, i pani e i pesci e i ritratti dei Santi fondatori dell’Ordine a cui appartengono le religiose  che prestavano la  loro opera presso  l’ospedale, vale a dire San Vincenzo de Paoli e Santa Luisa di Marillac.  Queste belle vetrate diffondono i loro colori nell’interno, specie nelle ore del pomeriggio, quando il sole colpisce con la sua forte luce, creando una suggestiva atmosfera.

     L’interno
    La dedicazione della Cappella è rivolta allo Spirito Santo, che è poi la testimonianza del borgo Santo Spirito dove si trovava il vecchio ospedale. Il portale principale dà su via Torino, di fronte al Prato della Fiera, ed ad esso si accede salendo una doppia gradinata. Un’ampia bussola protegge l’interno dalle correnti fredde e ai suoi lati, sopra i caloriferi,  si trovano due armadi a muro che coprono quelli che una volta erano due finestroni.  Un particolare curioso distingueva  la Cappella: era dotata di un doppio altare maggiore che nella parte verso l’esterno  serviva per le funzioni funebri dell’annesso cimitero, detto della Gerbola, mentre la parte interna dell’altare era usata per celebrare la S.Messa per i malati e per il personale dell’ospedale.
    Una volta era sopra l’altare maggiore, ora è sulla parete di sinistra, la grande pala  del pittore A. Nicola, datata  1937, raffigurante la Beata Vergine con gli  apostoli riuniti nel cenacolo nel giorno della Pentecoste.
    Tutto l’interno, anche dopo i vari rifacimenti, è ancora armonico  e nel suo piccolo questo  è  certamente un  bel posto per pregare. Era il posto preferito da San Vincenza che dopo aver usato il suo giorno per lenire le sofferenze dei più poveri, dei più fragili,   qui poteva parlare a tu per tu con Dio.  Viene facile pensare che qui   Suor Vincenza, una delle figure più amate dal Casellesi, si raccoglieva in preghiera   e  adornava di fiori freschi ogni giorno la “sua” chiesa.

    La campana
    Al centro dell’edificio del Baulino svetta la campana.
    Una volta, sopra le arcate, c’era un’antica campana di circa 400 kg. Richiamava i fedeli alle funzioni che si celebravano nella chiesetta dell’ospedale.  Non si sa perché  questa campana fu distrutta e non più rifusa.
    Ma negli  importanti  lavori di rifacimento e di allargamento dell’ospedale fatti dalla  famiglia Bona per rendere ancor più completa la costruzione, nei rifacimenti della facciata,  collocò  il 28 settembre del 1936 una nuova campana, la quale porta questa dedica:” Anno Domini 1936 – O Bona Jesù Protege Populum Tuum – Sancta Maria O.P.N. –   ( Mazzola  Roberto fece -.Vercelli).
    Da tempo la campana  non suona più, anche perché non c’è più  chi la “curava”. Infatti molti  ricorderanno la caratteristica figura  di Stefano Aimo, che tutti chiamavano “Stefanin” il quale con puntualità e passione tirava le  corde della campana al momento giusto.
    Il cappellano
    L’ospedale aveva anche un suo cappellano, il quale aveva dei precisi doveri verso l’istituzione  ospedaliera dalla quale dipendeva. Nel regolamento interno del 1879, per esempio, si precisa  che ” Al Cappellano dello Spedale  è affidata la cura Spirituale degli Infermi, dovrà costantemente abitare nell’alloggio che l’Amministrazione gli concede  onde essere in grado, massimo notte tempo,  di prestare i suoi soccorsi a chi ne abbisognasse ed assistendo gli ammalati gravi  o   pericolosi  porgendo loro i Conforti della Nostra Santa Religione sino agli ultimi momenti di vita. Sarà pure sua cura di fare eseguire ai poveri infermi deceduti, alla Chiesa dell’ospedale, dovute  esequie”.

    Lasciti e obblighi
    Alla Cappella molte persone legarono il loro nome con offerte e lasciti; uno dei più antichi è certamente quello di Vittoria Cerutti vedova Massa morta nel 1788 che legava la somma di lire 10.000 con l’obbligo della celebrazione – in perpetuo –   di una messa quotidiana, appunto nella Cappella dell’Ospedale.  Ma non c’era solo questa messa da celebrare, perché esiste un documento  ascrivibile alla metà dell’800 nel quale si elencano gli “Obblighi Perpetui dell’ospedale di Caselle – Sintetizzando  troviamo:  dal  1846 una messa ebdomadaria (ogni 15 giorni) per Paolo Quadro, in tutto 32;  trenta messe annue in carico   dei signori Sobrero, come da testamento del 1774; una messa cantata con tomba il 6 novembre in suffragio del marchese d’Ormea, dal 1769;  il 2 ottobre  di ciascun anno una messa per don Domenico Bugella; alla fine un numero illimitato di messe  in favore della Compagnia del Suffragio e Cintura  avendo questa lasciato tutto il suo reddito all’Ospedale;   e tante  altre  ancora per altri  suffragi..
    Dunque,   ìl Cappellano  aveva il  suo da fare  per far fronte a tutti questi impegni, che ai nostri giorni ormai sono quasi tutti decaduti, cappellano compreso.  Una volta  la messa veniva celebrata alla domenica, al  mattino presto.
    Sotto , verso il giardino si trovava una piccola  camera mortuaria.
    Restano le mura, ancora intrise del profumo dell’incenso, a parlarci  di riti lontanissimi e quasi magici,   delle pene e delle gioie delle persone,   e delle  tante  preghiere che da  questo posto “speciale” sicuramente salivano  più velocemente verso il cielo. Là, ad accoglierle in prima fila dal 1978,  c’era e ci sarà sempre Suor Vincenza”.

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    Gianni Rigodanza
    Gianni Rigodanza
    Gianni Rigodanza è un giornalista e scrittore. Maestro del lavoro, Casellese dell’Anno, premio regionale di giornalismo; tra i fondatori, redattore e direttore di Cose Nostre per 32 anni. Finalista del 3°concorso letterario Marello. Autore di diversi libri di storia locale. Ha scritto per il Risveglio, Oltre e Canavèis.

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