“Sono malato, non riconosco più i volti delle persone” ha dichiarato recentemente il celebre attore Brad Pitt. “Non riconosco le persone” ha affermato anche la conduttrice tv Enrica Bonaccorti. E ancora lo scrittore Luciano De Crescenzo che anni fa dichiarò: “La sera ceno con qualcuno e il giorno dopo, se l’incontro, non so chi sia: le facce non mi dicono niente, non le riconosco”.
Riconoscere le persone dal loro volto è fondamentale per gli esseri umani: siamo in grado di distinguere e identificare migliaia di visi diversi ai quali associamo un nome, una identità e migliaia di altre informazioni acquisite col tempo. La capacità di riconoscere i volti non è innata però per tutti, o meglio non lo è per 2 – 3 persone su 100. Una percentuale altissima di soggetti che spesso però non sanno di avere tale problema.
Si tratta della prosopoagnosia, cioè l’incapacità di riconoscere le facce delle persone a noi note (familiari, parenti, amici) e, talvolta, anche il proprio volto in foto o allo specchio. Il termine deriva dal greco “prosopon” che significa “faccia” e “agnosia” che vuol dire “non conoscenza”.
La prosopoagnosia può essere acquisita o congenita. La prima è secondaria ad una lesione dell’emisfero cerebrale destro, del lobo occipitale o della circonvoluzione fusiforme, cioè le tre aree cerebrali deputate al riconoscimento delle persone dalle loro facce. Tra le cause principali di queste lesioni ci sono ischemie, emorragie cerebrali, tumori, Parkinson, Alzheimer, encefaliti e traumi cranici. La forma congenita invece è già presente dalla nascita.
Tale incapacità nel riconoscere i volti può comportare spesso depressione, ansia e fobia con gravi ripercussioni in ambito lavorativo e sociale. Per una corretta diagnosi è necessaria una visita neuropsichiatrica durante la quale lo specialista esegue alcuni test diagnostici. Ad oggi non vi sono terapie specifiche, ma si possono applicare delle strategie compensatorie come ad esempio riconoscere una persona dalla voce, dall’andatura o dal taglio di capelli.
Il primo caso celebre di prosopoagnosia fu quello descritto dal neurologo Oliver Sacks nel 1985 nel suo saggio “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”. Nel libro il Dr Sacks descrive alcuni casi di pazienti con lesioni cerebrali di vario tipo che hanno determinato i comportamenti più singolari ed imprevedibili. Il titolo deriva proprio da una incapacità di un suo paziente di riconoscere sua moglie tanto che alla fine di un colloquio con il dottor Sacks il paziente confonde la testa di sua moglie con il suo cappello e l’afferra tentando di mettersela in testa. Lo stesso dr Sacks era affetto da tale patologia, come egli stesso confessò raccontando la propria storia: quando era ancora uno studente di medicina non riconosceva i volti e per compensare tale deficit sviluppò un forte senso dell’olfatto.
Anche la musica ha acceso i riflettori su tale patologia. Il cantante Caparezza ha pubblicato un brano intitolato proprio “Prosopagnosia “, in cui il disturbo delinea il disagio dell’artista di fronte all’incapacità di riconoscersi, nel quale canta: “Non mi riconosco più, prosopagnosia. sto cantando ma il mio volto non è divertito. E dire sono io sputato quello nello specchio. E non aspetto altro che avere un altro aspetto. Si tratta ancora di me ma non è lo stesso”. Anche nell’arte ritroviamo tale deficit in molte opere, tra le quali quelle di Renè Magritte con i suoi celebri volti coperti: da “Gli amanti” a “iI Figlio dell’uomo” e “L’uomo con la bombetta”, tutte opere dove i volti vengono appositamente nascosti, come stimolo di riflessione. Siete curiosi e avete voglia di mettervi alla prova? Un test, scientificamente validato, molto semplice da fare direttamente dal proprio cellulare, veloce e totalmente gratuito lo trovate in questo link: https://v3.testmybrain.org/frontpage/consent.php
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello
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