“Adda passà a nuttata”, così titolava in copertina il primo numero del 2021 de “Il Foglio”, periodico di informazione e cultura pubblicato dalla Pro Loco di Palma Campania. Chiara l’allusione all’esperienza del Covid, e ricca di saggezza napoletana il commento che ne faceva il giornale, riprendendo la celebre battuta con cui si chiude Napoli Milionaria di Eduardo De Filippo.
E noi da quel numero del giornale riprendiamo, per il tema natalizio, un interessante articolo di Giulia Nappi, giornalista e guida turistica, collaboratrice de “Il Foglio”. Ringraziamo sia lei che Antonio Ferrara, presidente della Pro Loco editrice del giornale, che abbiamo avuto il piacere di avere ospite qui a Caselle per il recente convegno GEPLI di inizio aprile.
IL QUARTO RE
È una figura del presepe napoletano ma non trova posto nella scena della natività di Cristo: è Artaban, il quarto Magio.
Oro, incenso, mirra…e una candida perla. Secondo una tradizione poco conosciuta, Gaspare, Baldassarre e Melchiorre non furono i soli sapienti d’Oriente che, seguendo la stella cometa, si misero in viaggio per onorare il bambino Gesù.
La fonte ufficiale dell’affascinante vicenda dei Magi è il Vangelo di Matteo, l’unico dei quattro riconosciuti che narra di questi personaggi (la cui identità storica è ancora imprecisa) capaci di scrutare i movimenti del cielo e di interpretarli. Racconta Matteo che i Magi notarono la stella e intuirono quale grande segno fosse, tanto che subito si diressero a Gerusalemme. Come il viaggio andò a finire, lo ricordiamo tutti: giunti da Erode in cerca del “re dei Giudei”, furono mandati a Betlemme dove arrivarono in tempo per donare oro, incenso e mirra a Gesù prima che la santa famiglia fosse costretta alla fuga, intimati da un angelo apparso in sogno a Giuseppe.
È tutto scritto dall’evangelista che non specifica, però, il numero di questi misteriosi viaggiatori, identificati come tre persone, con nomi, provenienze e caratteri distinti solo attraverso le narrazioni riportate da alcuni vangeli apocrifi, in genere più tardi rispetto a quello di Matteo. E molto ha fatto la tradizione cristiana medioevale, che ha probabilmente accostato simboli e allegorie a questa storia, certo rendendola più interessante e fiabesca: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, il bianco, il mulatto e il moro, tre fisionomia riconducibili ai tre continenti conosciuti in antico – Europa, Asia ed Africa; il vecchio, l’adulto, il giovane, a rappresentare le età dell’uomo e tutti gli uomini, nelle loro mani l’oro, l’incenso e la mirra, doni per la nascita, il cammino profetico, la morte di Gesù. Figure entrate nel mito eppure esistite davvero, le loro spoglie sono tuttora oggetto di culto e pare siano state riconosciute e venerate già da Sant’Elena che avviò la costruzione di una chiesa in loro onore a Costantinopoli; da lì, qualche secolo dopo, le reliquie furono portate a Milano dove tuttora si custodiscono, nella chiesa di Sant’Eustorgio.
Ma se il viaggio dalla Persia – presunta patria di origine dei Magi – a Betlemme non fosse andato a buon fine per qualcuno? Se ci fossero stati altri, anche solo uno, oltre i Magi che compirono il viaggio? Uno in viaggio da solo, per scelta o, ancora più probabile, per forza.
È quanto immagina uno scrittore americano di origini olandesi vissuto tra il 1852 e il 1933, Henry Van Dyke, pastore della chiesa presbiteriana e prolifico scrittore che nel 1896 pubblicò un racconto “L’altro re Magio”. C’era un quarto re, secondo Van Dyke, il suo nome era Artaban. Anche lui voleva incontrare il “re dei giudei” e decise di compiere il viaggio…solo che era un po’ ritardatario. Oppure, come narra Van Dyke, destinato ad un incontro con Cristo più significativo. Nel libro inizialmente Artaban insegue Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, mancando all’appuntamento di Gerusalemme ma fa altri tre incontri. Il primo è con un moribondo, un ebreo; pietoso Artaban si ferma ad assisterlo e lo guarisce somministrandogli delle erbe medicinali. Sarà l’ebreo a rivelare al quarto re la giusta direzione per l’incontro con Gesù, la piccola Betlemme. Per compiere il viaggio in solitaria, Artaban è costretto a vendere una parte del piccolo tesoro destinato al bambino Gesù, uno zaffiro. Giunto a Betlemme trova solo paura e disordine, lì fa un secondo incontro, una mamma che non sa come salvare il suo bambino dalla strage di Erode e che lo informa che la santa famiglia è fuggita lontana, si dice in Egitto. Artaban non resta con le mani in mano e non esita ad offrire un rubino al soldato che stava per strappare il figlio dalla madre disperata. Cambia la rotta per il Magio che attraversa il deserto in cerca di Gesù e impiega mesi, anni in questa ricerca senza mai trovarlo. Passati 33 anni, il quarto re giunge a Gerusalemme e trova una città in tumulto. Si sta per compiere un’esecuzione, c’è gente che scappa impaurita e tra questi una giovane rimasta orfana, preda di una banda di uomini. Artaban non ha che una perla nella bisaccia, l’ultima delle tre pietre che voleva donare a Gesù, che in quel momento forse era già morto. Ancora una volta, rinuncia al suo progetto e con la perla riscatta la sventurata donna. È in quel momento che Artaban capisce di aver già incontrato Gesù, tutte e tre le volte che gli era sembrato di allontanarsi da lui. Non solo lo capisce ma lo ascolta dalla voce stessa di Dio, che gli si rivela alla fine del racconto.
Pura fantasia o leggenda, cosa ha ispirato Van Dyke non è noto ma la storia del quarto re non è solo un episodio letterario. Sono diverse nel mondo le testimonianze che accolgono e rielaborano questa tradizione, la più vicina a noi è quella del presepe. Dinanzi alla mangiatoia di Betlemme, tra pastori e pecorelle, è il posto dei Magi, che i più rigorosi espongono solo alla vigilia dell’Epifania. Nel presepe napoletano, capolavoro dell’arte e della creatività della Napoli del Settecento che rinnova la tradizione cominciata da San Francesco d’Assisi, oltre ai tre Magi di Matteo, c’è un corteo di musici, servitori, cammelli ed elefanti. Più indietro, lontano, in una scena a parte ambientata nel deserto – proprio come vuole la storia – c’è Artaban, il quarto re. È a piedi, vestito riccamente come gli altri magi ma solo, tra le sue mani tiene una perla, simbolo di quell’incontro con Cristo tanto cercato e così speciale.
Giulia Nappi