Il titolo è provocatorio, ma mai come negli ultimi anni è diventato difficile fare previsioni sul futuro in generale e, più nello specifico, sul futuro del mondo del lavoro.
Negli ultimi mesi si sono sovrapposte un po’ di notizie che hanno generato confusione e incertezza: da una parte, vediamo la tecnologia progredire a velocità incredibile, a volte apparentemente incontrollabile.
Intelligenza artificiale, reti neurali, robot in grado di lavorare in cantiere sono solo alcuni dei titoli comparsi sui giornali online e cartacei degli ultimi tempi.
Dall’altra, le cosiddette big company della tecnologia (Google, Microsoft, Amazon), pur crescendo, hanno avviato alcune politiche di licenziamento per far fronte e resistere ai tempi bui che stanno attraversando.
Sicuramente i tempi sono incerti per tutti: costi folli delle materie prime, energia, scenari socio-economici complicati. È anche vero, però, che le aziende tecnologiche, dopo anni di forte crescita e grandi politiche assuntive, oggi possono ottenere grandi risultati economici anche con meno persone impiegate.
Gli Stati Uniti non sono l’Europa, né tantomeno l’Italia. Ai primi venti di crisi o di opportunità, le aziende tagliano posti di lavoro, sfrondando e alleggerendo i costi per mantenere la posizione sul mercato. Qualcuno potrebbe storcere il naso e pensare che questo approccio spregiudicato non sia civile, né tantomeno umano, ma tant’è.
Il punto è che le stesse aziende, che hanno usato ingegneri e programmatori per costruire le intelligenze artificiali, oggi hanno bisogno di meno personale per far evolvere quegli stessi sistemi.
Ed ecco che se fino a pochi anni fa un magazzino, una fabbrica, il reparto di verniciatura di un’azienda, aveva bisogno di decine e decine di persone per andare avanti, oggi con l’impiego di robot e sistemi automatizzati ne serve pochissimo, ma altamente specializzato.
Gira in questi giorni il video della Boston Dynamics, dove c’è un robot che fa da “bocia” a un operaio su un trabattello. Sposta assi, prende attrezzi, si arrampica, fino a fare parkour e capriole in aria. Ironicamente, negli stessi giorni, Le Iene hanno pubblicato un servizio su quell’imprenditore veneto che, pur essendo disposto a pagare bene gli operai da assumere, non trova personale da mandare nei cantieri stradali. Nel servizio si vede la Iena, un “giovane” di una trentina d’anni, che lavora per un giorno cercando di imparare al meglio ciò che i colleghi più anziani fanno da anni e continueranno a fare fino alla pensione. Uno degli operai a un certo punto giustamente dice: “dove sono i lavoratori nella fascia tra i 20 e i 40 anni?”. Potrei rispondere che forse non ce ne sarà bisogno, visto che automazioni e tecnologia diventeranno sempre più pervasive e sempre più velocemente.
Ma a quel punto, tutti i giovani che oggi studiano e cercano di indovinare una direzione per il futuro, realisticamente, cosa potranno fare se per fare qualsiasi cosa (ingegneri e programmatori compresi), serviranno sempre meno persone?
Forse conviene correre ai ripari e riscoprire, riqualificando e dando nuova dignità, tutti quei mestieri pratici e manuali che negli anni si stanno perdendo, ma che molto probabilmente non potranno essere facilmente soppiantati da robot e algoritmi.