Una spremuta di…Consapevolezza

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Difficile, per chi ha meno di cinquant’anni, ricordare l’unico vero successo musicale di Denny Zager e Rick Evans, “In the Year 2525”, e forse ancor meno pensare alla traduzione italiana cantata da Dalida e Caterina Caselli, “Nel 2023”. Già, proprio così: “Nel Duemilaventitre”!
Una delle canzoni meno ottimistiche fra quante hanno raggiunto la vetta delle classifiche di tutti i tempi: il senso del testo è che ci si chiede se l’umanità sarà ancora al mondo nell’anno ricordato nel titolo (e nel caso lo fosse, se ne varrà la pena…).
Il titolo completo del brano è “In the Year 2525 (Exordium & Terminus)”, ed è stato l’unico successo (ma è stato un grande successo) dei due cantautori nativi del Nebraska; Evans scrisse la canzone nel 1964, i due la registrarono nel 1968, la pubblicarono per una etichetta indipendente – la Truth Records – e poi il brano, che aveva cominciato a girare sulle radio del Texas, fu acquisito e ristampato dalla RCA nel 1969. Entrò nelle classifiche al numero 95 il 21 giugno 1969, e il 12 luglio era al numero uno, superando i successi del momento di Beatles, Elvis Presley e Stevie Wonder: abbastanza simbolicamente, era in testa alle classifiche mentre Neil Armstrong camminava sulla Luna.
La melodia, così mi ricordo, incuteva già di per sé un senso di profondo disagio, prospettando scenari in qualche modo apocalittici… di un mondo, quello del 2023, così inimmaginabile in quel fine anni Sessanta, che cercava disperatamente di materializzarsi nella nostra mente sotto le spoglie di un cocktail impalpabile di speranze e angosce.
In qualche modo le parole stesse, anche se incomprensibili in lingua originale, rimandavano a immagini più preoccupanti che piacevoli.
La traduzione, poi, lasciava pochi dubbi sul nostro futuro, per quei giorni, in verità così lontano.
“Nell’anno 2023
se l’uomo sarà ancora vivo
se la donna potrà sopravvivere
forse si troveranno…
Nell’anno 3023
non avrai bisogno
di dire la verità, o dire bugie
tutto ciò che penserai, farai o dirai
sarà nella pillola che prenderai ogni giorno
Nell’anno 4023
non avrai bisogno dei denti
né degli occhi
non troverai niente da masticare
e nessuno ti guarderà
Nell’anno 5023
le tue braccia penderanno flosce ai fianchi
le tue gambe non avranno nulla da fare
qualche macchina lo farà per te
Nell’anno 6023
non avrai bisogno di un marito
o di una moglie
prenderai tuo figlio
e anche tua figlia
dal fondo di un lungo tubo di vetro
Nell’anno 7023
se verrà Dio, potrebbe farlo allora
forse si guarderà attorno e dirà
“Credo sia tempo per il Giorno del Giudizio”
Nell’anno 8023
Dio scuoterà la sua testa possente
potrà dire “mi piace il luogo
in cui l’uomo è stato”
oppure lo distruggerà e comincerà da capo
Nell’anno 9093
mi chiedo se l’uomo, se esisterà ancora
avrà preso tutto ciò
che questa vecchia terra offre
senza restituire nulla
Ora sono passati 10.000 anni
l’uomo ha pianto un miliardo di lacrime
senza nemmeno saperne la ragione
ora il regno dell’uomo è finito
ma nella notte eterna
il brillio di una stella
così lontano
forse è solo ieri
Nell’anno 2023
se l’uomo sarà ancora vivo
se la donna potrà sopravvivere
forse si troveranno…”.
Già, se l’uomo sarà ancora vivo…
Beh, all’alba del primo gennaio 2023, in effetti circa 8 miliardi di uomini sono ancora vivi, ma forse ci dovremmo chiedere come vivono…
Diciamo che non ci facciamo mancare nulla, spassandocela decisamente bene:
guerre, crisi economica, pandemie, tracollo energetico, povertà diffusa, disparità sociale ai massimi storici, razzismo dilagante, femminicidi, analfabetismo funzionale, inquinamento, surriscaldamento globale…
E vi assicuro che mi sto soffermando solo sulle evidenze più eclatanti.
Capisco che non è bello iniziare un anno con queste considerazioni, ma è ancor più brutto constatare che dopo più di 50 anni siamo riusciti a fare peggio dello scenario profetico di un 45 giri da hit parade. Non so se a qualcuno verrà in mente di scrivere il sequel della canzone, delineando scenari futuristici targati 2073 (fare peggio di oggi c’è sempre tempo), ma una piccola certezza ce l’ho.
Per provare a fare un pochino meglio dobbiamo, una volta per tutte, toglierci le mitiche fette di salame dagli occhi e cavare i tappi dalle orecchie, solo così potremo provare a cogliere l’unica potenzialità in grado di farci uscire da questa spirale autodistruttiva: la consapevolezza.
Quella cosa che, con maestria, spesso mettiamo sotto il tappeto dell’ ipocrisia, del perbenismo e dell’egoismo prêt à porter.
Questo è il link per ascoltare il brano di Zager ed Evans:

Tre minuti, da questo momento, per guardare la realtà con occhi diversi.
Buon 2023…

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