Mi piacerebbe davvero tanto scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che infondesse speranze, che facesse intravedere scenari meno scuri. Che facesse dire ai miei che per una volta sono riuscito a mettere dentro almeno una goccia di ottimismo; ma è davvero complicato.
È come se stessero venendo al pettine tutti i nostri nodi.
Illuminante un colloquio avuto con Filiberto Martinetto, colloquio che mi ha confermato una volta di più che questo nostro scombiccherato Paese sta andando incontro ad una crisi sistemica.
La nostra è una nazione su cui grava un debito pubblico con pochi eguali, che in Europa, pur essendo una delle sette potenze industriali del mondo, non può alzare la voce più di tanto, essendo un condomino discretamente moroso e che nel corso degli ultimi trent’anni ha spesso cercato di risolvere le questioni “ all’italiana”, diciamo con molta creatività. Che serietà può mai suscitare a Bruxelles un’Italia che vara una legge “ Mille proroghe”, un artifizio che dice tanto della nostra voglia di non decidere e di continuare a difendere gli interessi sempre e solo di qualche casta? Se mai ce la faremo ad uscire da una perenne campagna elettorale, da un perenne stato emergenziale, solo scegliendo la via del cambiamento radicale, in tutti i campi, potremmo decidere di sperare.
Martinetto, ad onta degli anni, continua ad avere una visione nitida e a 360° gradi di quanto sta per occorrerci e accadere.
Tra breve, diceva, ci sarà da affrontare il contratto dei metalmeccanici e le richieste sono più che legittime: un’aggiunta di 200 euro puliti in busta paga, perché coi salari attuali non ce la si fa più. Tutto è rincarato smodatamente e con 1200 € monoreddito è impossibile arrivare a fine mese, qualcosa bisogna fare. Ma i 200 € corrispondono in realtà a circa 500 che l’imprenditore deve versare di tasca sua perché non si è mai voluto seriamente affrontare il discorso del “ cuneo fiscale” e del costo nostro del lavoro, e ciò rende irricevibile la proposta di adeguamento. La tassazione, l’aumento legato al comparto energetico, i mostruosi rincari delle materie prime hanno innalzato i costi di produzione portandoli spesso fuori mercato. Reggono il confronto solo gli importatori, i delocalizzatori seriali che pagano tasse e stipendi inferiori in Ungheria o Repubblica Ceka, gli investitori stranieri attraverso i fondi, pronti a mollare il nostro Paese al suo destino se è appetibile quanto un’unghia. Chi produce in Italia è vessato continuamente: provate a leggervi con attenzione a pagina 4 che cos’è l’assurdità del Payback e capirete. Sono più di 5.000 le ditte in Italia che rischiano di chiudere, mettendo in crisi una moltitudine di famiglie e una sanità pubblica già al collasso.
Ma come sempre, questa non è che una delle punte dell’iceberg.
Avendo voluto, scientemente, deliberatamente, proteggere nel corso degli ultimi trent’anni certe categorie, si è finito col non voler mai affrontare seriamente il sistema fiscale, agevolando di fatto evasione e sommerso che se recuperati ci porterebbero di botto a essere una nazione capace di scoppiare di salute. Con una detassazione del costo del lavoro, con un sistema tributario come quello tedesco che consente di scaricare ogni spesa, potremmo reggere botta. Ma così non è. Ci stiamo trascinando verso gravi tensioni sociali. Non vogliamo vedere che, con ragione, torna a bussare forte il “ Quarto stato”. Proroghiamo per non cedere “ cadreghe”. Per non voler affrontare un futuro che è già qui.