Open Art House – Ivrea
Appena entrato all’Open Art House di Ivrea (Via San Gaudenzio 10/b), il visitatore congettura di essere al centro di una scenografia architettonica piacevolmente configurata come fosse un’abitazione (comprensiva di cucina, salotto e soppalco-studio) sulle cui pareti sono collocati dipinti mentre sculture compaiono fra gli arredi. Monica Cremaschi, fondatrice della Galleria, e il consorte Leonardo Porcelli accolgono invece gli appassionati d’arte negli stessi ambienti in cui vivono e dove quotidianamente apprezzano le opere che li circondano.
Nata dapprima in un monolocale di Milano nel 2002, la Galleria OAH in seguito diventa eporediese e dal 2019 ospita il Premio Art Rise, interessante opportunità per giovani creativi; con la recente mostra “20×20” inoltre si sono voluti festeggiare i vent’anni di attività della Galleria, attraverso un’eterogenea scelta di artisti.
Giacomo Montanaro, utilizzando acidi su carta fotografica, traccia sagome umane in pose dinamiche dalle intense cromie; quattro fotografie appartenenti al progetto “Fear it” di Dayana Fergemberger evidenziano invece i parallelismi fra la condizione di timore e chiusura vissuta durante il “lockdown” e l’alienazione dello spirito soffocato dalla superficialità.
Alessandro Lando dipinge -olio su tavola- un’opera iperrealista in cui un pannello circolare ruota grazie a un sensore di presenza: l’artista suggerisce così un “memento mori” in cui un farmaco, accostato a un teschio, appare duplicemente salutare e venefico.
Francesca Tagè in “Only Human” sottolinea l’alto valore che può celarsi dietro l’umile condizione umana mentre Luca Zurzolo per mezzo della scultura rappresenta il difficile rapporto dell’uomo con se stesso, la natura e il tempo.
Francesca Dondoglio connette, con velature che si compenetrano, blu e rosso, cromie dense di significati simbolici; Caterina presenta invece “Born Again”, un trittico di sculture in gesso dalle ridotte dimensioni, stilisticamente differenti ma unite dal tema della nascita, sia fisica oppure spirituale.
Luciano Caggianello con vena umoristica scopre analogie tra forme naturali ed elementi meccanici; al contrario Valeria Fondi preferisce linguaggio drammatico ed elaborazione fotografica per esprimere la fame interiore di trascendenza.
Tania Marino crea un “Nudo femminile” psicologico, utilizzando macchie d’inchiostro e frasi tratte da un flusso di intimi pensieri; Giulia Balducci offre inoltre un’inedita e tenera visione di “Papà Lupo”, in disaccordo con la tradizionale feroce immagine del predatore e, parimenti, Claus piega fili metallici per evocare una protettiva paternità.
Silvia Papa si concentra sull’idea del movimento e paragona l’azione di alcuni performer a fortuite decorazioni di superfici murarie. Sembra altresì muoversi la materia trasparente, lavorata a imitazione dell’acqua, che avvolge le impronte impresse da uomini di tre generazioni successive, posti a confronto in un video correlato alle sculture (Amina Barosi).
Matteo Mo nelle fotografie si rifà ai personaggi biblici, seppur interpretati in chiave contemporanea, mentre Louise Abbiati concretizza concetti quale la Speranza attraverso scatti fotografici simili a dipinti; Cinzia Marmifero quindi traduce la “Meraviglia” in una scultura di cartapesta in cui s’intravede un braccio teso verso il cielo.
Fra le opere compare infine un ritratto femminile firmato dal compianto filosofo-pittore Eugenio Guarini.
Una Galleria dunque che contribuisce in modo originale alla vita culturale del Canavese: una vetrina per talenti da scoprire.
Tiziano Rossetto