Chiude anche la libreria della Galleria Subalpina

Torino perde le sue librerie storiche

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Poche settimane fa, insieme ad alcune amiche dell’Unitrè, sono entrata nella splendida Galleria Subalpina di Torino. Salendo tre scalini da Via Cesare Battisti, subito a sinistra dove avevamo intenzione di soffermarci a curiosare nelle antiche vetrine della Libreria, detta dell’ebreo, ci ha sorprese la serranda chiusa. Non è possibile -ci siamo dette- ma un triste ricordo comune aleggiava tra noi. Nel 2015 avevamo assistito impotenti alla chiusura della libreria storica dei fratelli Mimmo e Nando Fogola, sede tra l’altro del nostro corso di Incontri letterari. Sfrattate anche noi come i libri. La tenaglia  dei nuovi contratti dalle cifre altissime aveva reso impossibile mantenere la sede di Piazza Carlo Felice, inaugurata nel 1931. Il nostro biglietto portafortuna per Mimmo Fogola, con la “Gran Pinassa” di Faravelli, era pronto a traghettarlo in un futuro comunque pieno di libri: infatti Mimmo Fogola è tornato all’attività che era dei nonni, gestendo una bancarella. A lui chiedo un commento sulla situazione  sempre più grave delle librerie e sulla chiusura, ormai dichiarata, de “La casa del libro” annunciata su tutti i quotidiani nella cronaca di Torino.

“È  la dura realtà. Sono finite come la libreria della Galleria Subalpina, anche le storiche Druetto, Zanaboni, Campus, Petrini, Lattes. E se hanno tentato di riaprire cambiando sede, come per due volte Druetto e una volta Zanaboni in Piazza Arbarello, non hanno retto e hanno chiuso di nuovo. E quello che è grave  e molto preoccupante è il fatto che la libreria della Subalpina non lavorava solo sul nuovo e sullo scolastico, ma anche su libri usati o fuori catalogo, mercato che resiste ancora: si pensi a “Portici di carta”, a “Libro ritrovato” la 1° domenica del mese. Certo ho saputo che gli affitti anche in Galleria sono diventati impossibili da sostenere. Reggono le librerie che hanno colossi alle spalle e possono lavorare tranquilli, come Feltrinelli, o come Luxemburg che è proprietaria dei muri. Non mi stupirebbe che anche altri commercianti in Galleria dovessero chiudere. Sono passato in via Viotti e vedendo la chiusura totale del lato sinistro, quello porticato, quasi quasi ho rimpianto la presenza dei barboni! Si salvano un po’ le librerie di nicchia, o quelle che sanno creare un legame con il quartiere, in periferia,  ma di librerie per un pubblico più vasto e colto sembra perdersi anche l’ombra! Io sono tornato alla bancarella! ”

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Triste pensare che in piazza Carlo Felice dove c’era la sua bella libreria siano scomparse boiseries, vetrine, insegna storica per lasciar posto a marmi e pannelli rosa, e qualche giorno fa ci fosse una coda incredibile di curiosi per l’apertura di Shein, azienda di fast fashion cinese tra le più amate dalla generazione-Z. Si sono inventati l’outlet veloce, con un affitto stellare per pochi giorni, il tempo per farsi conoscere e poi si prosegue on line! Ma è questo che vuole Torino? Tra l’altro i colossi americani come Blackstone che han fatto man bassa del centro storico torinese ora hanno difficoltà in borsa e rischiano di spremere ulteriormente gli affittuari. “Soldi, soldi , soldi” cantava Betty Curtis e pare che sempre di più servano a comprare beni che con i libri, quelle “cose” di carta, con quei segnini neri, non abbiano  più nulla da spartire. Ho saputo che l’Associazione locali storici italiani ha ottenuto 150 milioni dal Governo per far fronte ai problemi economici che li mettono a rischio chiusura, ma indovinate un po’…le librerie storiche non rientrano nel novero dei locali storici. Caffè, ristoranti, pasticcerie offrono cibo e bevande per gola e muscoli, non… poveri alimenti per cuore e cervello. E ormai è troppo tardi, ma almeno diciamo che non è giusto.

Naz

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