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Una spremuta di…Povertà

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Viviamo in una società che, apparentemente, grazie a una tecnologia sempre più diffusa e performante, ci consente di accedere alle informazioni come mai è accaduto nella storia umana. Internet, quotidiani online, siti specializzati, social ed e-mail ci spalancano quotidianamente le porte del mondo, immergendoci letteralmente in un mare di notizie, fatti, avvenimenti.
Nulla può sfuggire alla nostra attenzione, niente resta ai margini della nostra conoscenza. Eppure…

Eppure non è mai esistito un mondo così articolato in rigidi compartimenti stagni, una società umana a strati impermeabili che quasi non si conoscono, anzi, che si ignorano del tutto.

Non ci credete?

Allora preparatevi a scoprire realtà inimmaginabili.

In questo mondo, infatti, siamo quasi obbligatoriamente abituati a confrontarci con la realtà sociale, economica, ambientale e culturale di cui risultiamo soggetti attivi e con difficoltà riusciamo a cogliere le altre dimensioni sociali che ci fanno da corollario.
Parlando limitatamente dell’Italia per esempio, ci è comunque difficile accettare che possano esistere condizioni umane molto diverse o comunque lontane dalle nostre.

Eppure…

Eppure in Italia, su 14 milioni circa di over 65, ben un milione di questi è ricoverato in una RSA, lontano dalla propria famiglia, e altri due milioni di “diversamente giovani” vivono con una pensione minima di 615 € mensili, sì, seicentoquindici! Anche se per vivere comodamente in Italia, secondo le analisi di Livingcost, bisognerebbe avere un reddito mensile netto di almeno 1.500 euro.

Beh, nulla di poi così grave se si pensa che nel 2023, da dati Istat, le famiglie in povertà assoluta in Italia si attestavano all’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui.
Capite? Circa sei milioni di italiani che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. Pagarsi insomma un tetto per ripararsi e dormire, il cibo e dei vestiti.

Ma se pensate che possano essere ancora una “minoranza”, allora sappiate che esistono anche le famiglie in condizione di povertà relativa, ossia con un reddito inferiore al reddito medio di una singola persona. Ben 2 milioni e mezzo di famiglie, ad oggi, “provano a sopravvivere” con meno di 1200 euro al mese.

Ma anche questo è nulla al confronto delle 100.000 persone, senza tetto e fissa dimora, totalmente nullatenenti, che “vivono” nel nostro Bel Paese. Centomila esseri umani! L’ intera città di Novara!

Ma la povertà non riguarda solo la sussistenza materiale, ma anche la mancanza di risorse – materiali, culturali, di riconoscimento – che consentono la partecipazione alle condizioni di vita comuni. In particolare l’Istruzione.
Così, infatti, possiamo annoverare, oltre alle povertà economiche anche la povertà di istruzione che oggi possiamo identificare con l’analfabetismo funzionale, ossia l’impossibilità per una persona di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità.
Ebbene, l’OCSE stima che in Italia il 46,3% della popolazione tra i 16 e i 65 anni ( la metà! ) non sia in possesso di competenze sufficienti per poter analizzare un testo di cui si ha familiarità, comprenderlo e quindi utilizzarlo per esigenze proprie, e dunque da considerarsi analfabeti funzionali. Un dramma!
La realtà in cui viviamo è ben più complessa e articolata di quello che solo lontanamente possiamo immaginare e ignorarlo o peggio ancora sottovalutarlo non ci renderà immuni dalla più spaventosa pandemia dell’umanità: l’ingiustizia e la disuguaglianza sociale.

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