Mimmo Iacopino
“Senza titolo”
2024
Metri per sarti e bindella su tela su telaio
40 x 40 cm
Il Museo Archeologico Regionale di Aosta (Piazza Roncas 12) offre quale proposta estiva la mostra “ArteNumero – Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo”, a cura di Angela Madesani. Nel catalogo (Nomos Edizioni), con la prefazione dell’Assessore Jean-Pierre Guichardaz, sono presenti testi critici della curatrice e di Daria Jorioz.
In esposizione si possono ammirare opere che si collocano temporalmente dal 1959 ad oggi, ideate da noti artisti di matrice prevalentemente concettuale. La mostra si sviluppa attraverso differenti sezioni, ognuna caratterizzata da un particolare utilizzo dei numeri da parte dagli autori.
Ugo Nespolo, sin dagli Anni Sessanta, è fra gli artisti che inseriscono cifre con il valore di segno-immagine nelle proprie creazioni; il pittore torinese conferisce al simbolo una connotazione ludica per mezzo di uno stile chiaramente individuabile, finanche nelle opere d’arte tessile quale il tappeto esposto.
Il concetto di misurazione viene sovvertito da Mimmo Iacopino: l’autore intreccia metri a nastro da sarto che perdono la proprietà di essere strumento per divenire pura forma; di Maurizio Nannucci, noto per le installazioni realizzate con lampade al neon, tra cui “All art has been contemporary”, si possono inoltre osservare due “Dattilogramma” del 1965, mentre il simbolo svincolato dall’usuale significato è la base fondante dell’attività creativa di Hanne Darboven.
Luigi Ghirri, fotografo, ritrae un trompe l’oeil di Gino Pellegrini e attribuisce nuove valenze al numero “50”, ivi dipinto.
Le cifre indicano il trascorrere del tempo sia per Elena Modorati, che scandisce e contemporaneamente vela pagine di diario ricche di accadimenti contraddistinti da un evidente “peso” esperienziale, sia per Alighiero Boetti, che definisce regole geometriche e combinatorie nella successione di quantità, lettere e cromie.
Nella sezione dell’esposizione che considera il numero in relazione allo spazio, maggiormente figurative sono le tavole di Cioni Carpi, incentrate sull’indefinibile idea di “infinito”, e altresì le tele di Andrea “Bobo” Marescalchi, rappresentazioni in bianco e nero di pendii montani innevati, contrastanti con un’invariabile disposizione di cifre rosse sovrapposte allo sfondo.
L’aritmetica affascina Mario Merz, il cui “Piccolo caimano” lascia dietro di sé tracce della serie di Fibonacci, e pure Vincenzo Agnetti, assertore dell’assioma “Quando i numeri si elevano a concetti le parole costruiscono i numeri”.
Procedendo nella parte di mostra dedicata alla narrazione, s’incontra un’ipotetica linea lunga 15,81 metri, inscatolata da Piero Manzoni e, in seguito, un valore in dollari dipinto da Edward Kienholz quale protesta contro la società capitalistica americana; quindi Elisabeth Scherffig raffigura il tema del rapporto fra lavoro collettivo e identità del singolo.
La denuncia di Antoni Tàpies tracciata con cifre nere su sfondo rosso riguarda il dramma della dittatura franchista; Pietro Bologna invece dissente in riferimento agli psicofarmaci somministrati ai bambini iperattivi negli Stati Uniti.
Non mancano né un’opera di Joseph Kosuth, né esempi delle creazioni seriali di Peter Dreher e di Roman Opalka.
Daniela Comani redige infine un diario pluriennale in cui a ogni data segue un avvenimento narrato in prima persona e Paolo Pessarelli valorizza ritratti fotografici d’antiquariato unendoli a strutture ricoperte da colonne di numeri tratti da quotidiani finanziari, pubblicazioni che si possono considerare parimenti “fotografie” rappresentative di un istante vissuto dalla società dei consumi.
La mostra, ricca di ulteriori sorprese, presenta dunque un percorso il cui fascino si può maggiormente apprezzare attraverso l’approfondimento dei non ovvi significati delle opere.
Andrea “Bobo” Marescalchi
“Ghiaccio on the rocks”
2008
Inchiostro su tela
120 x 104 cm