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lunedì, Ottobre 14, 2024

    L’importanza di un progetto forte

    Il Festival della Valle d’Itria e “Manon Manon Manon”

    Quando si decide di organizzare un palinsesto di iniziative culturali, si possono seguire due strade. Per ragioni di competenza mi concentrerò sul caso delle stagioni musicali, ma un discorso analogo varrebbe per un ciclo di conferenze o una rassegna dedicata alle arti figurative. Dunque, si può semplicemente comporre un calendario di eventi che si succedono, e che si immagina possano catturare, ognuno, l’interesse del pubblico. Poi si spera che, chi è attratto da una o due iniziative, si lasci convincere, per curiosità o per inerzia, a seguire anche le altre. Un tempo funzionava più di oggi, perché erano molte meno le opportunità di coltivare personalmente i propri interessi. Adesso, le sole risorse fornite dal web sono sufficienti a soddisfare, almeno a livello superficiale, la curiosità di ciascuno in ogni ambito culturale, e si sente il bisogno di una motivazione maggiore per uscire di casa. In alternativa, si può pensare un progetto unitario che abbia una ragion d’essere nel suo complesso, e si faccia promotore di un messaggio culturale coerente indirizzato a un preciso target di pubblico. In questo secondo caso, solitamente, si fa presa su una nicchia molto motivata e fedele, disposta anche ad affrontare viaggi e piccoli disagi, ma si fa più fatica a conquistare, anche solo una tantum, lo spettatore generico. La sensazione di un frequentatore dell’ambiente, però, è che le nicchie di specialisti si mantengano nei loro numeri, e forse si espandano lievemente, mentre sia sempre più difficile agganciare il pubblico privo di un interesse peculiare, al di là della logica del “grande evento” (emblematico è il sold out che ha riguardato le costose serate dirette da Riccardo Muti al Lingotto e al Teatro Regio lo scorso inverno, a fronte delle poltrone vuote riscontrate in spettacoli analoghi molto più economici al botteghino).
    Da quindici anni, praticamente tutte le estati, vado a Martina Franca per il Festival della Valle d’Itria, la più importante rassegna estiva italiana dedicata alle rarità del teatro d’opera. Quest’estate se ne è celebrata la cinquantesima edizione, e fin dalle origini i fondatori, Alessandro Caroli e Paolo Grassi, scelsero di consacrare il festival alla riscoperta di titoli rari. La programmazione attirò sin dall’inizio a Martina Franca melomani e critici musicali da tutto il mondo, contribuendo al prestigio della rassegna. Nelle mie prime visite sedevo accanto agli indimenticabili Giovanni Carli Ballola e Giorgio Gualerzi, oggi il parterre della critica è prevalentemente formato da colleghi che scrivono per il web, ma la visibilità del festival è aumentata e nel cortile di Palazzo Ducale siede un pubblico sempre più internazionale. Quest’anno il cartellone prevedeva tre titoli principali, che ripercorrono la storia del teatro d’opera italiano tra Sette e Novecento, “Ariodante” di Handel, “Norma” di Bellini e “Aladino e la lampada magica” di Rota. “Norma” non è certo un titolo raro, ma è stato scelto in memoria dell’edizione martinese del 1977, quando, per la prima volta in tempi moderni, si tornò ad assegnare i ruoli di Norma e Adalgisa a due soprani, secondo l’originaria distribuzione delle voci. Oltre alle rappresentazioni d’opera, è stato presentato il film-documentario di Leo Muscato “L’utopia della Valle”, nel quale i protagonisti viventi (ancora con la partecipazione dell’indimenticato presidente Franco Punzi, scomparso lo scorso anno) raccontano la storia e la politica culturale del festival martinese. A fronte di un progetto così forte, suonano inquietanti le voci di corridoio circolate quest’estate, secondo le quali i nuovi dirigenti della rassegna punterebbero a dare un taglio più popolare alla programmazione ventura: un festival di rarità che perde la propria identità rischia di perdere la propria ragion d’essere.

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    Un progetto forte, pur nella cornice di una stagione ordinaria, è il trittico “Manon Manon Manon” che apre la stagione del Teatro Regio nel mese di ottobre. Sul palcoscenico si alterneranno infatti i titoli che Daniel Auber (1856), Jules Massenet (1884) e Giacomo Puccini (1893) scrissero ispirandosi al romanzo settecentesco francese “Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut” dell’abbé Prévost: tre compositori diversi che affrontarono lo stesso soggetto con sensibilità diversa aderendo a generi diversi (i due titoli francesi sono opéra-comique e prevedono dialoghi parlati alternati alle parti cantate), e che ci permettono di guardare il dramma da diverse angolature. Celebre è la frase che Puccini disse confrontando la propria partitura con quella di Massenet: “Lui la sentirà alla francese, con cipria e minuetti, io all’italiana, con passione disperata”. Per accentuare l’unitarietà del progetto, la regia delle tre opere è affidata a un unico artista, Arnaud Bernard, che intende lavorare con taglio cinematografico. È presto per trarre conclusioni sul successo che questo progetto artistico avrà presso il pubblico: al momento attuale, risultano venduti molti più biglietti nelle date in cui si possono ascoltare le tre opere in giorni consecutivi, indice di un buon successo presso i melomani che vengono da lontano. Forse occorre ancora trovare la chiave per incuriosire i torinesi e convincerli a uscire di casa per lanciarsi alla scoperta di qualcosa di nuovo.

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    Questo mese al botteghino…

    MiTo ‒ Settembre Musica: il festival cittadino organizzato in tandem con Milano si conclude a Torino il 20 settembre: numerosi concerti tutti i giorni a tutte le ore del pomeriggio e della sera. Si segnalano alcuni appuntamenti all’auditorium del Lingotto: il 14 doppio concerto dell’Orchestre de l’Opéra de Lyon, diretta da Daniele Rustioni, che propone alle 19 musiche di Camille Pépin e di Schonberg, alle 21 Daphnis et Chloé di Ravel. Il 19 alle 20 spettacolo incentrato su Puccini, a cura di Toni Servillo, con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali e due voci soliste. Il 20 alle 20 l’OSN RAI e il Coro Maghini sono impegnati in un concerto sulla storia del Toro e dei tifosi granata. Per i programmi completi consultare www.mitosettembremusica.it

    Unione Musicale (https://www.unionemusicale.it/): inaugurazione di stagione il 16 ottobre al Conservatorio con il Quartetto Belcea e la violista Tabea Zimmermann, che interpretano i Quintetti K. 406 e K. 515 di Mozart.
    Filarmonica (https://www.oft.it/it/)
    Accademia Stefano Tempia (https://www.stefanotempia.it/): il 7 ottobre, al Conservatorio, Carmina Burana di Orff.
    Polincontri Classica (http://www.policlassica.polito.it/stagione): primo appuntamento il 7 ottobre alle 18 con il Philharmonisches Ensemble, che presenta l’Ottetto in fa maggiore D 803 di Schubert.
    Educatorio della Provvidenza (https://www.educatoriodellaprovvidenza.it/): il 27 settembre per la stagione di Smart Opera si terrà un concerto dedicato all’operetta francese e viennese.
    Orchestra Rai (http://www.orchestrasinfonica.rai.it/): due concerti fuori abbonamento, diretti da Andrés Orozco-Estrada, celebrano i 30 anni dell’OSN Rai: il 25 settembre musiche di R. Strauss, Stravinskij e Ravel, il 30 settembre due sinfonie di Schumann e Brahms. Inaugurazione della stagione il 17-18 ottobre, sempre con la bacchetta del direttore principale, che propone il Concerto per violino e orchestra op. 61 (solista Nikolaj Szeps-Znaider) e la Sinfonia “Eroica” di Beethoven.
    Concerti Lingotto (https://www.lingottomusica.it/): il 18 ottobre si apre la stagione con la NDR Elbphilharmonie Orchester, diretta da Alan Gilbert, che interpreta il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra di Rachmaninov (al pianoforte Yefim Bronfman) e la Sinfonia n. 4 in fa minore di Cajkovskij.
    Teatro Regio (https://www.teatroregio.torino.it/): partenza “col botto” nel mese di ottobre, per il progetto “Manon Manon Manon” (si veda l’articolo principale). Sul palcoscenico, dall’1 al 29 ottobre, si alternano i titoli di Auber, Massenet e Puccini ispirati al romanzo dell’abbé Prévost.

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