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martedì, Ottobre 8, 2024

    Una spremuta di…Saluti!

    Per molti, probabilmente, avranno il sapore di reperti archeologici, ma per qualcuno, diversamente giovane, il loro ricordo sarà l’occasione per un piacevole e nostalgico salto nel passato: i biglietti d’auguri!

    Già, quegli strani supporti cartacei, piccoli o grandi, prestampati, colorati o candidamente intonsi, che si usava compilare e rigorosamente firmare prima di imbustare, francobollare e quindi spedire via posta.

    Biglietti per le feste comandate, per compleanni ed onomastici, per il giorno della mamma e del papà (le feste per i nonni non erano ancora contemplate), per matrimoni e battesimi, per semplici saluti da viaggi e vacanze…

    Mi ricordo ancora quelli “artistici” che la maestra ci aiutava a creare per Natale e Pasqua, con tanto di brillantini da incollare sulle vesti della Madonna o del Bambin Gesù, sui pulcini e le uova infiocchettate.

    Preparare quei rettangoli di carta a cui affidare i nostri saluti era un rito, a modo suo laborioso e creativo, attraverso il quale si gettava un ponte fisico con parenti e amici, vicini o lontani, esprimendo concretamente la volontà di un abbraccio, di un legame profondo e affettivo.

    La scelta del biglietto, la forma, le immagini, la cura delle parole da inserire per i saluti o gli auguri, erano la garanzia del piacere di quel gesto, della sincerità profonda alla base di quel messaggio.

    Prepararlo, spedirlo e riceverlo aveva sempre un suo perché e non era mai banale.

    La conferma del piacere nel ricevere quei biglietti, inoltre, era la loro conservazione. Sì, quegli auguri, quei saluti quasi sempre si impacchettavano, forse nella scatola stessa delle fotografie di famiglia, a ricordo, come le istantanee, di quei giorni, di quegli avvenimenti…, di quelle persone.

    Per non parlare delle cartoline poi. Passavo più tempo a scegliere quella adatta a ogni destinatario perché potesse comunque inviare, con la sua immagine, il messaggio subliminale più adatto, che a scriverle. La compilazione era ovviamente seria e formale per i parenti e i genitori, con frasi e saluti composti, quanto pazza e illustrata quella per gli amici. Si scriveva su ogni centimetro del retro, dall’alto in basso, in diagonale, a puzzle… accompagnando il tutto con i disegnini più improbabili e messaggi in codice.

    Spesso mi sono chiesto quante follie abbiano mai letto i postini, nel corso della loro carriera, imbucando quelle “opere d’arte”.
    Perché questo Amarcord? Perché queste lacrimucce nostalgiche?
    Perché non c’è la faccio più!
    Perché, oggi, ad ogni “dling!” del cellulare ho il terrore di dover sbirciare su Whatsapp e aprire l’ennesimo cappuccino fumante con la solita “Buon risveglio!”, oppure il “Buongiorno!” o la “Buonanotte!” con i cuoricini di un tal anonimo Antonio (???) all’interno di una chat di 200 persone in cui sono stato inserito solo perché avevo aderito ad una visita guidata ad un museo.

    Nulla di grave direte voi, certo, se però non ci fossero gli altri 198 (io no…) che gli/si rispondono con altrettanti “Notticina…”, “Sogni d’oro”, “Buon risveglio, domani!”…, sarebbe più sopportabile.
    Per non parlare poi degli stacanovisti dei ringraziamenti…

    Già, quei folli che a un semplice avviso o ad una comunicazione di servizio sulla solita chat di mille persone rispondono, tempo zero, con “Grazie!” o “Ok!”… Dling! Dling! Dling! Dling!… Mille dling, mille Grazie! Mille Ok!

    Qual era il messaggio di servizio? Semplice… “Si prega di usare la chat solo per comunicazioni interne e di non rispondere alle stesse.” Ovvio, e… grazie!

    A Natale, Capodanno, Pasqua e Ferragosto, poi, è l’apoteosi del trash “copia e incolla”.

    Tra immagini e Gif animate di pastori, stelle comete, fuochi artificiali, pulcini, uova esplodenti in mille coriandoli, conigli saltellanti, fette di anguria e ombrelloni vi è la fiera del “vuoto a perdere”. Auguri e saluti da chiunque sparati a raffica (a Capodanno, tra le 11.59 e le 00.1, è un “Dliiiiiiiiiiiig!” cacofonico…), al punto che se il cellulare è posato sul tavolo c’è il rischio che con le vibrazioni decolli direttamente.

    È una gara insulsa a chi invia il primo messaggio, a chi posta quello animato più cretino o con la canzoncina più straziante. Anche chi, tra i mille della chat, non ha motivo di inserirsi in questo gioco perverso si trova, suo malgrado, obbligato al click di “cortesia”, spesso rinviando il solito coniglio pazzerello o la torta che si illumina in un tristanzuolo Happy Birthday…

    Alcuni anni fa, a Natale, mi misi di buzzo buono a preparare personali biglietti di auguri con i brillantini. Non avevo perso la manualità e il risultato mi rese orgoglioso. Imbustai, francobollai e via. Tra le fauci di una cassetta postale sopravvissuta tra le vie cittadine.

    Fu come combattere contro i mulini a vento: nessuno, ovviamente, contraccambiò e il “dling-dling” imperversò, ancor più accanito, tra vigilia e Santo Stefano.

    Immagino che pure le lettere a Babbo Natale ormai siano state ormai soppiantate da fogli Excel con elenchi di regali, descritti e prezzati, o da prestampati animati con il “Caro Babbo Natale, vorrei…” che scorre, come un karaoke, sulle note di Jingle Bell Rock…

    Non so se sarà il cambiamento climatico, l’inquinamento o una nuova pandemia a decretare la nostra estinzione, ma ho paura che il “dling” del cellulare possa essere la tragica colonna sonora che annuncia il nostro prossimo e ineluttabile destino.

    Saluti e auguri a tutti!

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