Jonathan Edward Kleis, con in mano il suo fedele banjo, strumento poco
conosciuto e praticato da queste parti, è appena sceso dal palco del Fierabras.
Suoni, ritmi e uno stile canoro nuovi per le nostre orecchie si sono diffusi. Il suono del banjo ha ricordato le colonne sonore dei film western. Nelle canzoni si sono intrecciate melodie tra lo stile dei nativi americani, il Bob Dylan style e musica country. Sono rimasto affascinato. Si percepiva che Jonathan cantava con il cuore: sentiva sue quelle melodie. Del resto la musica è un elemento importante nella cultura di ogni popolo.
A questo punto mi è sorta una domanda ineludibile: in realtà noi, al di là degli stereotipi, cosa conosciamo della vita e cultura di questo grande paese che sono gli USA? Nulla, ovviamente.
Dico a Jonathan: “Tu mi devi raccontare il tuo paese, gli USA, del
popolo, della gente. Prima però dimmi dove sei nato.”
– Sono nato nel Michigan. Dopo il matrimonio ci siamo trasferiti in Ohio, dove sono
nati i nostri primi due figli e dove abbiamo costruito la nostra famiglia. Però il luogo di nascita in USA è relativo perché gli Americani si muovono molto nella vita. Siamo un popolo molto mobile e mischiato. A esempio, mia moglie è nata in California ma è di ascendenza messicana.
Siamo arrivati in Italia in seguito alla sua partecipazione a un campo per ragazzi in
Abruzzo. Si era resa conto che c’era spazio per noi che siamo evangelici, di fede
battista. Io stesso sono un pastore. In seguito la chiesa evangelica torinese ci ha proposto di venire a Caselle per fondare una comunità. Ed eccoci qui. Da vent’anni.-
“Interessante, però ora parla del tuo paese. Gli USA sono il paese più potente al
mondo. Come si vive questa cosa?”
– Gli Statunitensi hanno un forte senso del patriottismo. Le persone comuni
sono molte orgogliose di vivere nel loro stato. Non desiderano vivere in un altro
luogo. Pensano di vivere nel paese più libero e fortunato.
Sanno che c’è un altro mondo fuori dai confini, però pensano che gli USA siano unici.
Sono poco interessati agli altri.
Molti si chiedono se sia giusto che il loro stato si faccia carico delle vicende degli altri popoli. –
“ A volte rilevo una contraddizione: da un lato c’è una forte religiosità, spesso bigotta, contrapposta a una forte componente trasgressiva. Come si concilia ciò?”
– Semplice, non si concilia: si vive in mezzo a ciò. Gli USA nascono proprio come nazione ribelle in nome di Dio. Questo fin dagli inizi.
Anche il comportamento verso i nativi e gli schiavi non veniva considerato cattivo,
questo perché fatto in nome di Dio. Anche la guerra di secessione ha lasciato ferite
non rimarginate. Ognuno dei contendenti pensava di combattere in nome di Dio.
Non solo la spaccatura generata dalla guerra di secessione non si è mai sanata ma, per
certi versi, si è acuita. A questo si sono affiancati altri problemi come le
contrapposizioni trasversali tra i bianchi. Al Sud vediamo ancora bandiere confederali.
L’unione non è mai stata accettata. Un po’ come nel sud Italia.-
“ Perché ci sono tante armi e come questo si concilia con lo stato di diritto?”
– Questo è coerente con la cultura del farsi giustizia da sé. Molti si sentono autorizzati
in ciò. Come si concilia con lo stato di diritto? Anche qui semplice, non si concilia. L’industria delle armi, ovviamente, ne approfitta. –
“ Prima lasciavi intendere che gli USA sono uno stato messianico. Infatti il mito è
“ La casa sulla collina”. La religione è centrale. Il presidente giura sulla Bibbia. Poi c’è il fenomeno dei santoni che riuniscono folle oceaniche. E allora?”
– È davvero un fenomeno vasto e importante. Sono i tele evangelisti,
provenienti maggiormente dal movimento pentecostale o carismatico. Nato nella
forma più genuina che poi si è corrotta. Era motivata anche dal desiderio di tornare
alla chiesa delle origini. Ci sono anche predicatori seri. I fedeli partecipano
sinceramente. Poi ci sono quelli che ne abusano.-
“ Dimmi, se negli USA dovesse scoppiare una rivoluzione quale sarebbe la bandiera
ideale ?”
– Credo che potrebbe venire solo da movimenti nazionalisti incarnati da uno come
Trump. Lui raccoglie il malcontento di molti. Potrebbe essere anche di tipo razzista. –
“Ogni società è ricca di contraddizioni, gli Usa non fanno eccezione. Siete lo
stato liberista per antonomasia, come si concilia questo con un concetto di
uguaglianza?”
– Fermo restando che nessuna società è perfetta, il problema è come ci si rapporta con il sistema. Thomas Jefferson diceva che l’individuo deve competere secondo coscienza e con senso del dovere verso gli altri.
La sua visione era che la proprietà privata è sacrosanta ma limitata, proprio per non
escludere nessuno. Poi le cose sono andate come sappiamo.-
“Negli USA c’è un fenomeno che mi ha sempre affascinato: gli Amish . Ci dici
qualcosa?”
– Io ammiro molto gli Amish perché vivono secondo una visione comunitaria:
ognuno si ritiene servo di tutti gli altri. Ritengono che lo sviluppo tecnologico non per
forza debba essere positivo.
Vivono così anche per rispetto verso la Terra e per conservarne la sua bellezza.
Il concetto di fondo è di prendere e restituire e mai prendere più di quello di cui si ha
bisogno. Sicuramente è un mondo affascinante. Un concetto attualissimo. –
“A proposito della cultura, molti dicono che gli Americani non hanno una cultura:
una balla colossale. Ogni comunità esprime la cultura che la storia concede loro,
grande o piccola che sia. Dove c’è una comunità che vive in modo coeso, lì nasce
una cultura. Ci dici che auspicio formuli.”
– Purtroppo non mi aspetto molto. Né miglioramenti significativi. Ci sono difficoltà
oggettive. Per i giovani oggi è più complicato costruire una vita.
Essendo io un pastore e uomo di fede penso che il nuovo può venire non da soluzioni
umane ma da istanze sovrumane. –
“Ti ringrazio, Jonathan per la tua disponibilità. Ritengo che l’attuale equilibrio
geopolitico abbia bisogno di un paese come gli USA, proprio per ristabilire equilibri
gravemente compromessi. Spero che diano vita a quel processo interno che consenta
loro di superare i limiti che lo destabilizzano e che la loro funzione mondiale non sia
esclusivamente imperialista.
Del resto anche l’Italia ha disperatamente bisogno di fare i conti con se stessa e trovare un’identità nazionale mai costruita.”