Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa ricorrenza è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Come si sa, la violenza sulle donne e ragazze non è limitata a luoghi e culture, classi sociali, ma purtroppo è un fenomeno più o meno accentuato, presente ovunque varia solo l’incidenza da Paese a Paese. Si può distinguere in diversi modi: violenza fisica, quando colpisce la vittima con botte, soffocamento, bruciature, e altri atti che possono portare addirittura alla morte la stessa. Violenza psicologica: quando la donna è soggetta a limitazioni di ogni tipo, minacce e ricatti, degrado verbale. Violenza economica: quando si limita l’accesso alle risorse economiche indispensabili e si esclude la persona dal prendere decisioni in autonomia. In ultimo, ma ancor più grave, c’è la violenza sessuale, che comprende la sterilizzazione forzata, pratiche tradizionali dannose come le mutilazioni genitali e ovviamente molestie e qualsiasi tipo di atto sessuale senza il consenso della donna. Le statistiche ci offrono dati tutt’altro che confortanti. Il rapporto di Amnesty International 2023, riporta che in molte parti del mondo le autorità hanno omesso di affrontare la violenza di genere e i suoi esecutori sono restati spesso impuniti. Inoltre non si sono curate le necessità, a lungo termine, delle sopravvissute a questi episodi. Nel 2023, solo in Messico, sono state uccise, in media, 9 donne al giorno. Mentre in Italia, sempre nell’anno scorso, 97 donne sono state uccise da altrettanti uomini, 64 dei quali partner o ex partner. Quindi il più grande rischio di violenza per le donne non viene dall’esterno, ma dagli uomini che conoscono, quasi sempre dai mariti o compagni. Anche questo aspetto è molto simile in tutto il mondo, Purtroppo, anche laddove esistono leggi per contrastare la violenza domestica, esse non vengono applicate. In Italia il codice penale fa riferimento ad una definizione di stupro, basata esclusivamente sull’uso della violenza, della forza e della minaccia di uso della forza. Fino al 1981, abbiamo avuto il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, ossia la normalizzazione e giustificazione della violenza sessuale e del femminicidio. Amnesty, da sempre, chiede ai governi di condannare pubblicamente la violenza domestica, riconoscendo che è un fenomeno grave, che si tratta di violazione dei diritti umani, quindi di un reato perseguibile, non di questione privata. La società civile potrebbe davvero avere un grande potere sulla capacità di evolvere. Amnesty, dal 2020, ha lanciato la campagna contro la violenza sessuale, promuovendo il concetto di consenso con poche e immediate parole: il sesso senza consenso è stupro. Sono state numerose le scuole, amiche dei diritti umani, che hanno partecipato alla campagna, esponendo al loro interno una mostra chiamata: “Com’eri vestita?”. Questa è la domanda più ricorrente rivolta alle donne che hanno subito violenza. La mostra racconta storie vere di abusi, accanto agli abiti in esposizione, che intendono rappresentare, in maniera fedele, l’abbigliamento che la vittima indossava al momento della violenza. Essendo evidente quanto siano comuni gli abiti che queste vittime indossavano, si dimostra che non c’è alcuna correlazione tra l’abito e la violenza subìta. Anche il gruppo Amnesty locale quest’anno ha deciso di partecipare allestendo questa mostra, che sarà esposta alla Ipercoop di Ciriè (piano superiore) da sabato 23 a lunedì 25 novembre, successivamente nell’atrio del salone del Consiglio Comunale di Ciriè, palazzo D’Oria, ingresso da Via Dante, venerdì 29 novembre, dove dalle ore 17 si terrà una conferenza sul tema. L’ingresso è libero e la cittadinanza è caldamente invitata. Questa iniziativa ha impegnato parecchio il nostro gruppo di volontari; l’abbiamo fatto per dare un segnale di vicinanza alle donne, per dire “No” alla violenza contro di esse, per far crescere pari dignità e i pari diritti. Pensiamo sia il modo migliore per rendere omaggio ad una data, quella del 25 novembre, che non può essere solo storia da ricordare, ma anche futuro da costruire. Ogni giorno, purtroppo, apprendiamo anche, che ci sono donne costrette a partorire sotto i bombardamenti, madri disperate dal vedere i propri figli mutilati o addirittura deceduti, bambine rimaste orfane dei genitori; queste persone porteranno per sempre il tragico ricordo di cosa significhino i conflitti armati e la violenza conseguente. Non si può non sapere, tacere, occorre dire assolutamente: “Basta! Basta violenza!”
Basta violenza contro le donne!
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