È Davide Lanzone il 24esimo “Casellese dell’Anno”.
La giuria, piuttosto corposa – visto che a votare sono stati gli appartenenti al direttivo della nostra Pro Loco, il sindaco e la Giunta comunale della Città di Caselle, le autorità parrocchiali, scolastiche e militari, nonché tutti i precedenti “Casellesi dell’Anno”-, così si è espressa.
Il successo ottenuto rende merito alle capacità di Davide Lanzone, perché ha seminato bene nel corso della sua vita privata, professionale e sociale, proprio come vuole il regolamento del nostro ambito premio.
Si dice che il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni e Davide nel corso della esistenza ne ha concretizzati parecchi.
Ci accoglie nella sua casa per questa intervista e insieme al caloroso saluto, ci dice: “ Certo che me l’avete fatta proprio bella eleggendomi “Casellese dell’Anno”…”
E allora eccoci qui, seduti nello studio della sua abitazione, insieme a sua moglie Gisella e all’inseparabile cane Venus Marta. Gli chiediamo di partire da un po’ di passato, o meglio dal suo essere casellese, con i ricordi personali, i genitori, l’infanzia e l’adolescenza per poi passare alla professione, al tempo dedicato al volontariato, e poi ancora all’attività giornalistica, forse il suo lato meno conosciuto.
– Insomma Davide raccontaci un po’ della tua storia. –
“Sì, sono un casellese DOC, qui nato 64 anni or sono, anche se mi sento più un cittadino del mondo”, avendo lavorato in Francia, Inghilterra, in Austria e ultimamente anche a Sanremo, per quattro anni.
Le miei origini appartengono, da parte di mia mamma, Maria Teresa Marsaglia, a Monastero di Lanzo e a Corio, da parte del papà, Vittorio Lanzone. I miei purtroppo sono scomparsi abbastanza giovani.
Mia mamma Maria Teresa era conosciutissima a Caselle, perché aveva un negozio di fiori in Via Torino angolo Via Circonvallazione; papà invece ha sempre lavorato in grandi società di impianti elettrici, con una parentesi relativa a una impresa locale che ha dato anche tanto lavoro ad alcuni casellesi.”
– Che bimbo sei stato?-
“Da ragazzino frequentavo l’oratorio, la parrocchia; insomma, la vita di quel tempo di tutti i ragazzi di paese. Caselle allora aveva già la possibilità di mandare i ragazzi a Pialpetta, alla Baita dell’Amicizia, e quindi io ero uno di loro. Lì ho conosciuto Dario Pidello e molto del mio volontariato successivo è partito proprio da lui.”
– Mi dicevi prima che c’è stata una tappa importante nella tua vita, che ha segnato anche il tuo percorso professionale.-
“Dopo le estati alla Baita di Pialpetta sono andato a compiere il mio dovere di cittadino nella leva militare e mi sono arruolato nel corpo dei paracadutisti, assegnato prima a Pisa e poi a Livorno. Oltre ai lanci, venni impiegato nelle trasmissioni radio fra la base e l’aereo da trasporto dei pará riuscendo ad applicare un’innovativa tecnica di trasmissione, tecnica di trasmissione alla quale avevo contribuito nelle fasi di studio e realizzazione.
In quell’anno, era il 1980, avvennero due tragici fatti in Italia: il vile attentato alla stazione di Bologna, con morti e feriti e il terremoto in Irpinia. L’Esercito mandò per entrambe le sciagure i propri militari di leva: io ero fra loro. Da quelle tristezze e da quelle macerie, iniziò la mia vocazione che mi vide poi volontario come Vigile del Fuoco.”
– E lì un ruolo decisivo l’ebbe nuovamente Dario Pidello, vero?-
“ Infatti. Appena rientrato a casa, mi avvicinai a Dario Pidello, da sempre amico e già allora Vigile del Fuoco Volontario. E così nel settembre 1981 diventai “effettivo” nei ranghi casellesi. Caso volle che allora, essendo ormai solamente cinque i volontari a Caselle, un ordine del giorno prevedesse la chiusura del nostro storico distaccamento, per mancanza di risorse. Non è da me gettare la spugna e cercai di infondere nei cinque colleghi fiducia e speranza. In quegli anni addirittura ci indebitammo personalmente con una banca per un finanziamento per comperare i “cerca persone” ed essere così sempre reperibili.
Feci poi una modifica a quei “cerca persone” che venne successivamente trasferita a molti altri centri volontari. In pratica era come una moderna applicazione che collegava il mio telefono fisso, dove arrivavano le richieste di intervento dalla Centrale di Torino, e i “cerca persone” in dotazione. Avevamo così mandato in pensione la vecchia e cara sirena che si sentiva in tutto il paese e che chiamava a raccolta noi volontari. Questa applicazione in fase di brevetto venne denominata dall’ufficio una “composizione ardita di elementi noti”. Carina come definizione, no?”
– E della tua professione che cosa ci racconti?-
“Dopo il servizio militare, diplomato come perito elettronico, ho iniziato a lavorare per una grande società di impianti elettrici che mi ha portato a girare per l’Italia e lì mi accorsi che era necessaria una marcia in più per poter emergere. Quindi proseguii gli studi al Politecnico di Torino, sospesi per il periodo di leva, e mi laureai in ingegneria elettronica nel 1990.
Da lì parti la vera e propria mia carriera lavorativa e professionale in giro per l’Europa, ovunque ci fosse una galleria da ingegnerizzare. Nel 1995 per tre anni andai a lavorare in Austria per la realizzazione della circonvallazione di Klagenfurt, eseguita maggiormente in galleria.
Così mi specializzai in impiantistica elettrica in galleria, un settore determinante per la sicurezza delle persone che procedono in auto o in treno all’interno di tunnel, dove in molti casi ci sono stati troppi morti per intossicazione da fumi o da sostanze trasportate da veicoli incendiatisi. A questo proposito mi sono occupato della sicurezza nelle gallerie del Monte Bianco, del Frejus e di quelle autostradali in Italia. Metterò sempre tutte le mia energie nel poter stare dietro alle continue innovazioni tecnologiche per migliorare la sicurezza all’interno della gallerie.”
– Com’è il tuo presente? Hai ancora contatti con il mondo dei pompieri? Mi dicevi anche della tua passione giornalistica che non conoscevo…-
“Oggi non sono più Vigile del Fuoco operativo, pur occupandomi sempre dei volontari sul piano amministrativo. Sono invece sempre stato vicino al giornalismo, anche in ambito dei Vigili del Fuoco dove attualmente sono il direttore editoriale della rivista “Vigili del fuoco-Tecnica Antincendio e Protezione Civile”. Sono anche il segretario nazionale onorario della federazione nazionale Vigili del Fuoco Volontari. Di giornalismo me ne occupo anche attraverso la mia passione per le auto. Onorato d’aver partecipato come pilota “regolarista” all’ultima Targa Florio e al contempo essere accreditato come giornalista, avendo come validissima collaboratrice mia moglie Gisella, in qualità di fotografa. Insieme abbiamo redatto articoli sulle principali testate di settore.
Altra mia attuale passione è quella che mi vede tra i Lions. Con molti amici casellesi, fin dal 2000, ho fatto parte del Lions Club Venaria Reale Host, per staccarmi successivamente e rendere autonoma e operativa una nuova cellula, l’attuale Lions Club Caselle Torinese Airport. Come già appena riferito, con altri casellesi ho fondato nel 2019 il Lions Club Caselle Torinese Airport, di cui sono stato il primo presidente.”
– C’è un sogno che vorresti vedere realizzato proprio qui a Caselle?-
“ Il mio sogno? Mi fa vedere Caselle collegata attraverso una galleria dall’aeroporto al nostro centro cittadino, dotato di tapis roulant per condurre le persone. Pensa che ritorno di immagine avremmo, di comodità di servizio, di prestigio per Caselle. Praticamente, le famose infrastrutture delle aree ATA diventerebbero inutili e il nostro centro diventerebbe un polo di aggregazione straordinario.”
– Hai fiducia nei giovani?-
“Molta, moltissima. Se non avessi fiducia nei giovani non avrei creato le mie 21 società lavorative, che nel tempo ho ceduto proprio ai giovani che vi lavoravano compresa l’ultima, il Birrificio Torino, piccola perla della ristorazione dedicata proprio ai giovani, lasciata appunto ai ragazzi che vi operavano.
Analogamente non avrei fondato un nuovo Lions Club dove ho potuto attrarre giovani e giovani donne, altrimenti escluse. Non ti pare?”
– C’è un motto nella tua vita? –
“Il tempo passa e l’atto resta”, è il mio motto, quello che scrivo sulle meridiane che costruisco. Ma sono meridiane interne e non esterne alle case, come siamo abituati a vedere. Uno specchio trasferisce all’interno della stanza la luce solare che va a creare l’ombra, segnando il tempo sulla meridiana.”
– C’è un brano musicale che vorresti appaiare a questo tuo momento?-
“Purtroppo da sempre ho un rapporto conflittuale con la musica e le canzoni, che amo moltissimo, ma non ho la memoria di brani, di titoli, di artisti. Mi ero avvicinato alla musica acquistando un pianoforte, ma…ma non ho mai potuto, né imparare, né affezionarmi. Dovete proprio accontentarvi di chiudere così l’intervista.”
E allora chiudiamo così, attendendo la cerimonia di investitura che si terrà il prossimo 15 dicembre in Sala Cervi, alle 11, quando Davide Maria Lanzone diventerà ufficialmente il 24esimo “Casellese dell’Anno”: il tempo passa, l’atto resta.