Così titolava La Repubblica nella sua edizione del 4 novembre scorso, aggiungendo: “Pioveva fitto, ormai da più di ventiquattr’ore, quel tiepido sabato sera di trent’anni fa a Torino, quando cominciarono ad arrivare dalla provincia le prime notizie di torrenti in piena, strade allagate, ponti chiusi. Una forte ondata di maltempo, ma in fondo a inizio novembre capita, si pensava nel tardo pomeriggio”.
In occasione del 30° anniversario della grande alluvione del novembre 1994, la Regione Piemonte ha celebrato l’evento con una giornata intitolata “La forza di ricostruire”. La manifestazione si è svolta ad Alba, con l’obiettivo di ricordare quei drammatici giorni, fare il punto sulla prevenzione del dissesto idrogeologico e coinvolgere la cittadinanza sui temi legati alla sicurezza e alla resilienza del territorio.
Durante l’evento sono state ricordate le vittime e ringraziati i sindaci, gli amministratori locali e i numerosi volontari che si impegnarono in prima linea per salvare vite, portare aiuto e consentire ai territori colpiti di rialzarsi nei mesi successivi.
Tra le zone maggiormente interessate dall’alluvione vi furono Asti, Alba, le aree torinesi vicine a Moncalieri e, più vicino a noi, Borgata Francia. Proprio per ricordare quei giorni, domenica 10 novembre l’Amministrazione Comunale ha invitato associazioni e cittadinanza all’inaugurazione della rinnovata pista ciclo-pedonale che collega Borgata Francia al Port dij Gai.
Tuttavia, scorrendo le testate giornalistiche e i telegiornali nazionali e regionali, si nota come le notizie abbiano menzionato solo genericamente i tanti volontari che furono indispensabili in quei momenti. Le cronache non hanno mai citato i volontari del settore sanitario, che furono tra i primi ad accorrere per prestare soccorso e che poi si impegnarono anche a spalare il fango.
A sottolineare questa mancanza è Luciano Dematteis. Le sue parole, pronunciate con la pacatezza di chi ancora oggi è una figura di riferimento nel volontariato sociale, ci offrono lo spunto per raccontare una storia più ampia: quella della nascita della Protezione Civile, una delle eccellenze del Piemonte e di Caselle.
Dematteis ci ricorda che nel 1994 la Protezione Civile era ancora agli inizi, frutto della determinazione di un gruppo di volontari operanti sotto l’egida dell’ANPAS (tra cui la Croce Verde Torino), della Croce Rossa e del Soccorso Alpino. Questo embrione di organizzazione nacque dalla volontà di migliorare il coordinamento degli interventi, un’esigenza che si era resa evidente fin dalle tragedie del Vajont nel 1963 e dell’alluvione di Firenze nel 1966, quando gli interventi d’urgenza erano affidati principalmente all’Esercito Italiano.
L’Esercito, pur fornendo un aiuto indispensabile, si occupava prevalentemente di ordine pubblico e di assistenza alla popolazione, mentre il soccorso sanitario e logistico era affidato alle associazioni di volontariato, che partivano dalle loro città per raggiungere i luoghi colpiti. Fu nel 1981, dopo la tragedia di Alfredino Rampi, che il Presidente Sandro Pertini affidò al senatore Giuseppe Zamberletti il compito di creare una struttura nazionale per il coordinamento dei soccorsi, dando così vita alla Protezione Civile.
Nel 1994, però, questa organizzazione era ancora in fase embrionale. La gestione dei soccorsi durante l’alluvione fu quindi affidata alla Centrale Operativa del 118, con sede a Grugliasco, costituita dai volontari di ANPAS, Croce Rossa e Soccorso Alpino.
“È doveroso rendere onore a coloro che diedero il massimo in quei lontani giorni del 1994 e che oggi rischiano di essere dimenticati dalle cronache degli anniversari”, conclude Dematteis, precisando però che le sue parole non vogliono essere una critica verso le autorità, ma un invito a preservare la memoria storica di chi ha vissuto in prima persona quegli eventi drammatici.
“La grande alluvione che 30 anni fa svelò la fragilità del Piemonte”
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