Il 7 novembre alle ore 21, la nostra biblioteca dedicata a Jella Lepman ha accolto, nella sala del sindaco, Valeria Tron per presentare la sua ultima opera: “Pietra dolce”. Valeria, originaria della Val Germanasca, non si è mai allontanata dalla sua terra. Illustratrice, cantautrice e artigiana del legno, ha esordito nel mondo letterario con il romanzo “L’equilibrio delle lucciole” (Salani 2022), opera candidata al premio “Strega”, finalista ai premi “Benedetto Croce”, “Massarosa” e “Le Pagine della Terra”, e vincitrice dei premi “Femminile plurale” e “Città di Cave”.
In un’atmosfera carica di suggestione, le illustrazioni di Valeria proiettate sulle pareti della sala hanno avvolto i presenti, mentre il responsabile della nostra biblioteca, Paolo Rocco, ha introdotto l’autrice. Tron ha raccontato di come i suoi talenti creativi l’abbiano salvata, aiutandola a trasformare la rabbia in espressione artistica. Con un sorriso, ha risposto alla domanda sull’urgenza di scrivere “Pietra Dolce”, definendolo un romanzo corale e “orizzontale”, dove i personaggi si sostengono reciprocamente, come gli alberi dei boschi della sua Valle. È un’opera di restituzione, il cui nucleo simbolico è la miniera di talco, luogo di lavoro di suo padre, uomo semplice e dotato di grande immaginazione, che da bambina le raccontava numerose storie. La dedica del libro recita: “A mio papà e a tutti i minatori. A chiunque abbia il coraggio di far brillare i sogni, la bellezza e la poesia, con la miccia della pace.”
Il romanzo attraversa un arco temporale che va dal 1940 al 2016. Il primo personaggio che incontriamo è Lisse, nome privo della “U”, una lettera pesante come una gerla, meglio evitarla. Nato in un prato, Lisse non sa chi sia la sua madre biologica, ma le sue madri sono altre, che si svelano man mano nel libro: prima una capra bianca di nome Beretta, poi Ghit, Denise e Mina, che lo avvolgeranno in una maternità collettiva. Troviamo poi Frillo, o meglio Frillobèc, il Sancho Panza di Lisse, un balbuziente non per mancanza di parole, ma perché è scultore; e come quando la sgorbia scivola e deve ripetere il colpo, così le sue parole tornano a riaffiorare. C’è Lumière, che dopo essere stato folgorato fa i miracoli, e sarà lui, insieme all’intero villaggio, a salvare Lisse dal dolore più profondo grazie ai libri. In patois, “libre” significa sia libro sia libertà: e così, nella biblioteca improvvisata chiamata Libre-libre, Lisse torna a sentirsi leggero.
Si affaccia Alma, venuta dall’Argentina con la chitarra in spalla, portando i canti della sua terra, alla ricerca di una promessa e di una restituzione. E incontriamo la miniera, protagonista di questo romanzo e metafora di una “miniera” interiore, quella che ciascuno di noi possiede. Poi i minatori, destinati a diventare letteratura, e un’umanità che, pur fragile e vulnerabile, sceglie di armonizzarsi.
Valeria Tron ha concluso la sua presentazione parlando del coraggio. Etimologicamente legato al cuore, il coraggio è, per lei, un’azione che parte dall’animo e si dirige verso gli altri. “Osserva gli alberi,” dice, “nel loro moto di condivisione perpetua. È sopravvivenza, perché va oltre il singolo, oltre il semplice respirare e crescere. Non credo nelle definizioni da vocabolario. Noi sopravviviamo l’uno per l’altro.”