La cerimonia di accensione delle luminarie natalizie cittadine, unita all’inaugurazione delle visite al bellissimo presepe meccanico che Filiberto Martinetto ha inteso donare alla città, è stata molto bella e partecipata.
Segno evidente che c’è davvero tanto, tanto bisogno d’un bel po’ di Natale. Quest’anno più che mai.
Non è proprio un caso che l’evocazione dell’atmosfera natalizia sia cominciata quanto mai presto.
C’eravamo appena scollati da Ognissanti che già apparivano vetrine ingioiellate di Babbi e renne, con un’infiorata precocissima di luci a led.
Strano ma fino a un certo punto. È ovvio che c’è dietro una grande spinta commerciale: dicembre, per negozi e prodotti, rappresenta un momento difficilmente ripetibile. Però, mi sa che questa volta è diverso. Questa volta abbiamo anticipato le festività per un altro motivo. E l’abbiamo fatto di puro istinto, senza attendere che apparissero le prime pubblicità di panettoni e pandori. Perché abbiamo maledettamente bisogno d’un’atmosfera calda che rassicuri, che ci conforti. Che crei una bolla nella quale, almeno per un attimo, ci si possa illudere.
Il resto sappiamo bene com’è. All’orrore si risponde con l’orrore e non c’è organizzazione sovranazionale che possa intervenire per far sì che almeno qualcosa cessi. Anzi.
Gli orizzonti di guerra aumentano e non sappiamo che sviluppo ulteriore avranno i conflitti. In Siria è tornata ad azzannare forte la jihad, sfruttando l’impegno russo su più fronti.
Gaza, il Libano e Israele allargano ogni giorno lo spaventoso cratere. L’invasione dell’Ucraina ha fatto per ora più d’un milione di morti, e non è certo finita. Le minacce nucleari di Putin e degli Iraniani hanno lo scopo di creare instabilità, panico e costringerci all’ansia perenne, senza uno scampolo di futuro certo. E non può certo tranquillizzarci la deriva americana: preoccupa più cosa farà Trump o quell’altro fenomeno di Elon Musk? Che la finanza dopo l’elezione di The Donald abbia dato solo segnali positivi come la si deve intendere?
Siamo impotenti verso l’immigrazione illegale, verso la criminalità organizzata, verso piazze di spaccio sempre più diffuse, verso piccole e grandi angherie quotidiane.
Rispondiamo a una politica, che si presenta con la peggior classe della nostra storia, astenendoci dal voto, immaginando possa essere una fuga salutare. E invece ci stiamo incaprettando: incoscienti, quasi contenti d’esserci incaprettati da soli. Siamo arrivati all’assurdo di rimpiangere i fasti del periodo della “Milano da bere”, di quando invidiavamo la vita descritta su“ Capital”, il tempo che Dago definiva “ edonismo reaganiano”.
La musica è molto diversa, ci sono prezzi che crescono e salari immobili. Negli ultimi quindici anni, tra le nove principali economie dell’Unione Europea, solo in Italia e in Spagna il potere d’acquisto è diminuito.
E se poi per buona aggiunta ci aggiungiamo quello che, qui e non solo qui, in questo momento ci sta regalando Stellantis, la frittata è completa.
La Fiat ha dato, ma quanto ha preso da questa città e da questa Italia? E adesso non sa restituire nemmeno un po’ di senso di vergogna, non sente minimamente il debito morale contratto.
Già la morale, elemento totalmente estraneo a questi ingordi finanzieri.
Ecco perché senza le luci di Natale, senza un po’ d’atmosfera rassicurante sarebbe davvero tutto troppo difficile, troppo buio.
Ecco perché ci rifugiamo in un’illusione.
Magari facciamo fatica ad ammetterlo, ma di illuderci abbiamo un maledetto bisogno.
E Natale sia
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